Uno dei più grandi magazine online di design è italiano e compie 25 anni. L’intervista

Nato come vetrina per i giovani progettisti, il magazine fondato dalla designer tedesca e dal marito, e collega, Massimo Mini è stato il primo a parlare di design in rete dando ampio spazio alle immagini. Un’avventura lunga un quarto di secolo che oggi ha lasciato il posto a un nuovo progetto green

Se con una macchina del tempo potessimo fare un salto all’indietro indietro di venticinque anni e tornare al 1999, ci troveremmo di fronte a un paesaggio mediatico molto diverso rispetto all’attuale. Non tutte le case erano equipaggiate con un computer, le connessioni a internet erano lente e costose e si parlava del “millennium bug” che avrebbe potuto mettere in crisi in sistemi informatici di tutto il mondo (e che alla fine si sarebbe risolto come una tempesta in un bicchier d’acqua). In Italia, i quotidiani avevano cominciato da poco ad affacciarsi a internet e nella maggior parte dei casi lo facevano ricorrendo a un repurposing selvaggio: riversando in rete, cioè, gli stessi contenuti realizzati per la versione cartacea. È in quel contesto che Birgit Lohmann e Massimo Mini, due designer, hanno lanciato a Milano designboom, il primo magazine digitale al mondo dedicato all’architettura e al design. Nel 2022 la rivista è stata acquisita dal gruppo svizzero NZZ Media Group (uno dei grandi player del settore, già editore di Architonic) e con il nuovo assetto ha appena compiuto un quarto di secolo. Abbiamo fatto una chiacchierata con Birgit Lohmann, che ha ripercorso con Artribune la storia di un medium tuttora apprezzatissimo dagli addetti ai lavori e ci ha parlato del nuovo progetto curatoriale Not Compromised, presentato al pubblico durante l’ultima edizione della design week milanese con una mostra allestita al Liceo Parini.  

Not Compromised - Elephant Museum
Not Compromised – Elephant Museum

Partiamo dall’inizio. Come è nato designboom? 
Sia io che Massimo venivamo dal mondo della progettazione. Io mi sono occupata a lungo dello sviluppo dei prodotti, per esempio ho lavorato al fianco di Vico Magistretti ed Enzo Mari, e poi sono stata direttrice artistica di DePadova. Qui mi sono trovata a ricevere e selezionare moltissimi progetti di giovani designer, ai quali purtroppo potevo dare raramente un riscontro positivo nonostante la qualità delle loro proposte. designboom è nato proprio così, abbiamo deciso di creare un magazine dedicato alla cultura del design in lingua inglese con la speranza che i progetti pubblicati fossero visti da altri produttori e che questi giovani potessero cominciare a lavorare. Inoltre, in quegli anni la data di pubblicazione funzionava un po’ come un brevetto ornamentale che difendeva i diritti dell’autore.  

Il panorama dei media online nel 1999 non era quello che conosciamo oggi. 
C’erano già i siti dei maggiori quotidiani, però pubblicavano soprattutto stralci degli articoli già usciti sulla carta. Il nostro è stato il primo web magazine illustrato – basato, cioè, sull’immagine e non sulla parte testuale – al mondo. Anche il modo di lavorare era molto diverso: andavamo online con un modem lentissimo e costoso e ci volevano otto secondi soltanto perché la pagina venisse caricata, le immagini dovevano essere a misura francobollo… Abbiamo dovuto imparare i linguaggi di programmazione perché non esistevano piattaforme per la pubblicazione, è stato faticoso ma anche affascinante. Adesso è tutto diverso. 

In che modo?  
I produttori e gli stessi designer pubblicano quello che fanno sui loro profili social, il ruolo dei magazine andrebbe rivisto perché non sono più la prima fonte di informazione per i lettori. La massificazione della comunicazione, poi, fa sì che siamo tutti un po’ saturi e il livello di attenzione si è notevolmente abbassato. I tempi si sono accorciati, le novità vengono presentate e poi subito archiviate, non sono più d’attualità ma sono già state consegnate alla storia. 

Not Compromised - Elephant Footprint Seats
Not Compromised – Elephant Footprint Seats

Torniamo alla nascita del magazine. Che cos’è successo dopo? 
Siamo cresciuti velocemente e abbiamo abbandonato gli altri lavori che avevamo perché questa attività occupava tutto il nostro tempo. Siamo arrivati a pubblicare anche dieci articoli al giorno e abbiamo fatto diversi esperimenti, dalle aste ai corsi online, che poi non abbiamo potuto portare avanti perché ci sarebbero volute molte più energie e una struttura diversa. Altri poi lo hanno fatto meglio di noi, e va benissimo così. 

Vi sentivate più giornalisti o più designer? 
Non ci siamo mai visti come giornalisti, quello che volevamo era trasmettere una serie di stimoli ai nostri lettori e tenere insieme una comunità di progettisti. Per questo abbiamo evitato di dare un giudizio critico sui progetti, ma abbiamo cercato più che altro di trovare il loro punto forte e di spiegare perché secondo noi erano interessanti o necessari. Ci è stato molto utile conoscere bene, dall’interno, il mondo del design e il suo funzionamento. 

Quali sono stati i momenti più memorabili di questi anni? 
Anche se il nostro core business era i web abbiamo fatto tante cose offline, per esempio abbiamo inventato la formula del mercato pop-up. Erano i primi mesi del 2005, siamo andati a New York e all’interno della fiera ICFF abbiamo ospitato tanti giovani designer che portavano un progetto ciascuno da mettere in vendita e prezzi simbolici. L’idea era di stimolare la conversazione con il pubblico per fare in modo che avessero un feedback più diretto di quello che avrebbero potuto avere facendo una mostra. Questa formula ha avuto così tanto successo che ne abbiamo fatto una quarantina in diverse città del mondo, da Tokyo a Melbourne e a Copenhagen. Sono stati momenti bellissimi perché vivevamo tutti insieme per tre o quattro giorni e abbiamo avuto modo di scambiarci opinioni ed esperienze. Alcuni di questi ragazzi poi sono diventati famosi, tra gli altri abbiamo avuto Oki Sato di Nendo e Joe Gebbia, il co-fondatore di Airbnb, che quando ha quotato la sua azienda in borsa ci ha regalato alcune quote per ringraziarci.  

Not Compromised - Elephant Museum
Not Compromised – Elephant Museum

Quali sono state, invece, le criticità che avete incontrato o gli aspetti più frustranti del vostro lavoro? 
All’inizio i giornalisti della carta stampata ci vedevano un po’ come degli invasori del loro territorio. Eravamo apprezzati dai progettisti ma per noi era più difficile ottenere un appuntamento, essere accreditati alle conferenze stampa o addirittura avere il permesso per scattare delle foto. Più tardi hanno cominciato a usarci un po’ come un’agenzia di stampa, a leggerci per capire che cosa succedeva di interessante in giro. 

Come mai avete deciso di fare un passo indietro dopo così tanti anni?  
Non abbiamo cercato di vendere, siamo stati “corteggiati” per alcuni anni e alla fine ci siamo convinti che era il momento giusto per cambiare. Non siamo più giovanissimi e, dopo una prima vita professionale passata a fare design ad alti livelli e una seconda a parlarne, ci siamo detti che forse c’era spazio per fare un’altra cosa ancora, con dei ritmi più lenti, e ci stiamo lavorando.  

Il primo capitolo di questa terza vita è il progetto che avete presentato qui a Milano durante l’ultima design week con l’architetto thailandese Boonserm Prenthada. Al centro c’è un materiale, diciamo, particolare.  
Si tratta di una sperimentazione sugli escrementi di elefante che ha già alle spalle due o tre anni di ricerca. Perché proprio gli elefanti? Perché è una specie ombrello, ci permette di parlare del mondo nel suo complesso e di altre specie che dipendono dal benessere d questi animali. Volevamo mostrare che gli escrementi non devono per forza essere bruciati o usati per il riscaldamento come avviene di solito in Asia, con l’emissione di gas tossici che non aiutano certo il pianeta, ma si possono usare per fare cose belle, per costruire mobili, case e addirittura grattacieli. Boonserm Prenthada ha lavorato questo materiale, che non è per nulla scadente ma anzi è stabile e durevole, come se fosse un artista del Rinascimento alle prese con un blocco di marmo, raccontandone la bellezza.  

Not Compromised - Elephant Footprint Seats
Not Compromised – Elephant Footprint Seats

I prodotti che avete presentato sono delle sedute per esterni a strisce colorate, come avete ottenuto quell’effetto cromatico?Con degli ingredienti del tutto naturali, per esempio l’indaco che viene usato in Giappone fin dall’antichità e che quando gli escrementi vengono essiccati assume un colore celestino e con altri pigment ricavati dalle conchiglie. Chiaramente, non si tratta di oggetti che possono entrare in tutte le case ma di pezzi unici. Ci servono altri due o tre cicli di prototipizzazione per arrivare a una forma definitiva e pensiamo di fare una piccola sere in edizione limitata. Il nostro vero obiettivo era spingere oltre la concezione del bello e stimolare i professionisti a valutare l’uso di materiali diversi.  

Che cosa significa il titolo, Not Compromised, cioè “non compromesso”?  
Si riferisce alla qualità. Un progettista nel suo lavoro è portato a correre dietro alle esigenze del cliente, a prendere in considerazione la situazione di vita reale in cui ciò che disegna sarà utilizzato e a scendere a una serie di compromessi. Se si è in grado di essere ciechi a tutto questo e di seguire la propria idea fino in fondo si avrà una probabilità più alta di sviluppare progetti la cui qualità non sia compromessa.  

Che cosa farete in futuro? Pensate di continuare su questa strada? 
Ci piacerebbe portare avanti progetti di questo tipo, sempre legati in qualche modo alla natura. Speriamo di poter contribuire a un cambio di paradigma culturale. Questo lavoro, poi, ha ritmi che troviamo più consoni a noi in questa fase della vita: passare un anno, o più, a sperimentare con un architetto o un designer ci va benissimo.  

Giulia Marani 

not-compromised.com 

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Giulia Marani

Giulia Marani

Giornalista pubblicista, vive a Milano. Scrive per riviste italiane e straniere e si occupa della promozione di progetti editoriali e culturali. Dopo la laurea in Comunicazione alla Statale di Milano si specializza in editoria a Paris X-Nanterre. La passione per…

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