“Nel 1970 Roma mi cambiò la vita”. Intervista al grande architetto Steven Holl
Definito “il miglior architetto d’America”, Steven Holl ha tenuto un’affollatissima lecture sul rapporto tra arte e architettura alla Casa dell'Architettura di Roma. E per tutta l'estate, a Civita di Bagnoregio, resta aperta la mostra omaggio ad Astra Zarina curata dalla sua fondazione
Nonostante abbia affermato che Roma sia la sua città del cuore, da un bel po’ Steven Holl (Bremerton, 1947), tra i più celebri e influenti architetti e teorici contemporanei, non tornava a fare una lecture nella Capitale. A fornirgli finalmente l’occasione è stato l’evento Sguardi sulla materia. La verità del fare tra architettura e arte, recentemente organizzato presso l’Acquario Romano / Casa dell’Architettura. Ospite di Diasen – azienda leader nella produzione di soluzioni innovative basate sulla sostenibilità di materiali come il sughero –, Steven Holl è stato protagonista di una conferenza sul rapporto tra arte, architettura e materiali. Moderata da Walter Mariotti, Direttore Editoriale di Domus – rivista di cui Holl è stato guest editor, con Toshiko Mori, nel 2023 –, ha visto la partecipazione di Diego Mingarelli, CEO Diasen, e dell’architetto italo svizzero Mino Caggiula, per due anni collaboratore di Holl a New York.
La lecture su architettura e arte di Steven Holl a Roma
Ripercorrendo alcuni suoi lavori selezionati, frutto di collaborazioni e ibridazioni disciplinari – da Walter De Maria per il Nelson-Atkins Museum of Art (Kansas City, 2007) a Vito Acconci per la galleria Storefront for Art and Architecture (New York, 1993); da Jessica Lang per le scenografie di Tesseracts of Time: A Dance for Architecture (Stati Uniti, 2015), fino ad Agnieszka Kurant, per il progetto vincitore del recente concorso per EXPO Albania (il centro multifunzionale che sorgerà a Tirana, ndr) – Holl ha esplorato il modo in cui l’arte possa ispirare, orientare e condizionare la produzione architettonica e la progettualità del costruire. Una riflessione sulla sua capacità di dare vita a nuove visioni, innovazioni e dinamiche spaziali: l’arte influenza e guida l’architettura contemporanea, aprendo prospettive per il futuro del design e della sostenibilità attraverso la profonda comprensione di luce, spazio e materiali. Per Steven Holl, di conseguenza, l’architettura deve essere porosa, performante e contestuale. La sequenza, la connessione, la permeabilità sono atti critici verso città fatte di corpi verticali isolati.
La storia e i progetti di Steven Holl, “il miglior architetto d’America”
Dopo la laurea all’Università di Seattle e gli studi a Londra e Roma, nel 1977 Holl ha aperto a New York lo studio Steven Holl Architects (con i partner Noah Yaffe, Roberto Bannura, Dimitra Tsachrelia e Olaf Schmidt). Riconosciuto internazionalmente, oggi conta tre sedi – oltre a New York, nella Valle dell’Hudson e Pechino; progetta in tutto il mondo e a tutte le scale ed è particolarmente attivo nel campo delle arti, dei campus, delle strutture educative e residenziali, degli uffici e delle opere pubbliche, oltre che nella pianificazione urbana. “Segnata da accenti neoespressionisti” e dalla sperimentazione, la vasta produzione del team guidato da Holl include il Kiasma Museum of Contemporary Art di Helsinki (1992-1998), il Simmons Hall al MIT a Cambridge (1999-2002), il Pratt Institute/Higgins Hall Insertion a NY (2005), il Linked Hybrid Building di Pechino (2009). Più recente è la realizzazione del pluripremiato Reid Building (2014), estensione dello storico edificio in muratura disegnato da Charles Rennie Mackintosh per la Glasgow School of Art del 1909, realizzato per contrasto con materiali trasparenti e volumi modellati dall’interno verso l’esterno e viceversa. Negli ultimi anni lo studio ha inoltre costruito il Lewis Art Complex (Princeton, 2017), l’Institute for Contemporary Art, VCU (Richmond, 2018), la Glassell School of Art (Houston, 2018) e la Hunters Point Library (NY, 2019). Fine acquarellista, attivista per l’ambiente, docente presso la Columbia University dal 1981, critico, saggista – Anchoring (1989), Parallax (2000); Urbanisms, working with doubt (2009); Scale(2012) sono tra le sue pubblicazioni –, Holl è stato insignito a livello internazionale di moltissimi premi. Nel 2001 la rivista Time l’ha eletto “il miglior architetto d’America“, per aver creato “edifici che soddisfano lo spirito così come l’occhio”.
Intervista all’architetto Steven Holl
Ha studiato per un periodo a Roma. Come definirebbe la sua relazione con l’Italia?
Nel 1970, 54 anni fa, venni a studiare con un programma di scambio a Roma per otto mesi. Devo ammetterlo: quei mesi mi hanno cambiato la vita. Vivevo, come da copione, in un sottotetto vicino al Pantheon, dove ho passato non saprei dire quante ore. È stata una folgorazione assoluta quella per il Pantheon e per la maggior parte delle chiese della città. Entrando in questi luoghi per la prima volta ho capito il valore degli spazi per la spiritualità, quelli che abbracciano in silenzio. E che il mio materiale da costruzione preferito era e sarebbe sempre stato la luce naturale: è perfetta, è gratis. Per me, non c’è niente di meglio di Roma. Dopo New York, naturalmente.
Quali sono gli architetti e gli artisti italiani che ammira?
Se Frank Gehry ama Borromini, io Bramante. Come artisti cito gli esponenti dell’Arte Povera: Pistoletto,Kounellis, Merz hanno dimostrato che si possono fare opere bellissime con poco, opponendosi all’idea che l’opera d’arte sia un bene di consumo. Quel movimento fatto di spiritualità, materiali, paesaggio, esperienze rappresenta una fase davvero interessante per l’arte italiana. Ne parlai a lungo una volta nel mio ufficio a New York con Germano Celant, che mi autografò anche il catalogo – in prima edizione – della mostra del 1969. Mi dispiace sia mancato.
Ha all’attivo numerosi musei e spazi per l’arte nel mondo. Come giudica la relazione tra arte e architettura?
“Art always drives architecture”. Carlo Scarpa, per esempio, era bravissimo a combinare architettura e arte, innovazione e memoria, interventi nuovi ma rispettosi delle preesistenze storiche. Anche lui disegnava compulsivamente.
E per lei quanto ancora sono importante gli acquarelli e il disegno a mano?
Si tratta di una pratica espressiva fondamentale, quotidiana, che spesso condivido anche con i miei figli (di 4 e 9 anni). Un bisogno, direi. L’arte resta la mia principale fonte di ispirazione, anche in fase di brainstorming.
Steven Holl e l’attività culturale di ‘T’-Space
Nel 2010 ha fondato ‘T’-Space, organizzazione artistica multidisciplinare a Rhinebeck, (New York), con lo scopo di creare fusioni educative tra arte, architettura, ecologia, musica e poesia del XXI Secolo; promuovete mostre e residenze per architetti emergenti. Come sta andando?
Oh, benissimo! È uno spazio molto attivo; abbiamo da poco inaugurato una nuova mostra magnifica: Peter Halley e Steph Gonzalez-Turner. Negli anni T’-Space ha esposto opere degli architetti José Oubrerie, Tatiana Bilbao e Neil Denari e, tra gli artisti, di Ai Weiwei, Pat Steir e Brice Marden. Oltre alla sua programmazione educativa e artistica, ‘T’ Space ha un programma di pubblicazioni e dispone di una riserva naturale di circa dodici ettari, con installazioni all’aperto di arte e architettura. Nel 2019 abbiamo completato la costruzione dell’archivio architettonico e della biblioteca di ricerca che ospita il mio lavoro come acquarellista, nonché modelli, disegni e altri materiali sviluppati negli oltre quarant’anni a capo dello studio Steven Holl Architects.
Proprio alla sua ‘T’ Space e alla Steven Myron Holl Foundation si deve la mostra in corso, fino al 30 agosto 2o24, a Palazzo Alemanni di Civita di Bagnoregio.
Si chiama Rome and the teacher/Un’insegnante a Roma, Astra Zarina. È dedicata all’architetta e docente universitaria Astra Zarina, che tanto ha dato al borgo di Civita, intuendone potenzialità inaspettate e internazionali. Proprio lei, oltre cinquant’anni fa, ha aperto il mondo ai giovani architetti stranieri di passaggio a Roma. Il suo insegnamento includeva tour, studi sul posto, lezioni dell’American Academy, cucina e intrattenimento sulla sua terrazza. Oltre alle lezioni di architettura e urbanistica, c’era un’altra dimensione di apprendimento: quella culturale.
Che cosa viene esposto?
È una mostra omaggio. Riconosce la profonda eredità di Astra come educatrice e onora i suoi valori fondamentali – lo spazio urbano, gli edifici storici, la comunità, la terra, le piante e gli animali, il cibo biologico –, oltre a Civita di Bagnoregio e Roma. Ha già viaggiato in diverse sedi; è stata curata dalla mia Fondazione (qui sostenuta da Comune di Bagnoregio, Casa Civita srl e The Civita Institute / NIAUSI) e comprende schizzi di Astra, fotografie di Balthazar Korab e alcuni dei miei primi lavori pubblici idealistici, influenzati proprio dallo spazio urbano romano e dalle lezioni di Astra.
Il progetto di Steven Holl Architects in Abruzzo
Un anno fa, nella mostra ospitata da Antonia Jannone, è stato presentato l’intervento a Prati di Tivo, sul Gran Sasso. A che punto è?
Il progetto, almeno le fasi del suo sviluppo architettonico, è in corso, ma è rallentato nella parte operativa: un po’ per lentezze burocratiche, un po’ per questioni legate al fundraising e al developer. Si tratta di un lavoro in tre fasi, che preserva il paesaggio andando a creare una nuova piazza comunitaria ai piedi del Gran Sasso, con fontane e un padiglione sferico tagliato ispirato ai dipinti di Giorgio Morandi, costruito sulle fondamenta di un ex skilift, appartamenti e un bar. Previde poi la ristrutturazione e l’ampliamento di una struttura in cemento esistente degli Anni Cinquanta, per ospitare un centro benessere, un ristorante e undici camere d’albergo. Della “fase III” hanno parte un parcheggio sotterraneo e un hotel di 42 camere in legno CLT affacciate sulla montagna. Tutto riscaldato e raffreddato geotermicamente.
Qual è la sua idea di architettura, oggi?
L’architettura è una dimensione spirituale, una forza entropica che accoglie l’energia umana e le sue arti. Non deve essere per forza large, può essere anche un solo dettaglio. Per quanto mi riguarda, non mi interessa essere un’icona: non sono particolarmente attento alle dinamiche dell’architettura contemporanea. Però amo l’idea di non ripetermi, ogni progetto provo a renderlo diverso.
Non solo architetto: Steven Holl ambientalista e docente
Dal 1981 insegna alla Columbia University: qual è il consiglio più prezioso che indirizza ai suoi studenti?
Credo davvero nel potere dell’insegnamento, dell’educazione, del riuscire a trasmettere la passione e le emozioni per il mio lavoro. Sento forte la responsabilità di consegnare a questi ragazzi ragioni filosofiche e metodologie progettuali, ispirazione, rigore, amore per la bellezza. E per l’ambiente.
E infatti è attivista in prima persona in molte associazioni per la difesa e salvaguardia ambientale…
Sì! Nel 1970, sono stato uno dei tre membri fondatori del centro Environmental Works, all’Università di Washington. Oggi, sostengo la conservazione e il ripristino del paesaggio e della natura selvaggia come membro del Sierra Club, di Scenic Hudson, del Natural Resources Defense Council (NRDC) e della Wilderness Society.
Giulia Mura
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