Ecco come sarà il Museo delle Civiltà di Roma. Intervista al direttore Andrea Viliani 

Una mostra anteprima del progetto di riallestimento delle collezioni del Museo delle Civiltà, l’opera di un’artista contemporanea in residenza. 200 opere, manufatti e documenti per un percorso che guarda al 2026, all’Europa, all’Asia, all’Africa e pure un poco a Roma. L’intervista

Cinque sezioni articolano il percorso temporaneo dedicato alle  Collezioni di  arti e culture asiatiche  del Museo delle Civiltà, sotto il nome emblematico di EUR-Asia, dove EUR assume un aspetto globale e locale, andando a rievocare il quartiere romano in cui il Museo si colloca. 200 opere, oggetti, documenti accompagnano il visitatore nel percorso, insieme a un’opera dell’artista multidisciplinare di origine colombiana-coreana-americana  Gala Porras-Kim: un progetto, realizzato in collaborazione con il MAO-Museo d’Arte Orientale di Torino, che guarda al futuro dell’istituzione, in vista della realizzazione del Grande Progetto Beni Culturali del Ministero della Cultura in programma per il 2026. Si tratta di un progetto complessivo e progressivo di musealizzazione permanente che al piano terra del Palazzo delle Scienze riunirà le collezioni archeologiche e artistiche di due straordinari musei confluiti all’EUR, il MNAO-Museo Nazionale d’Arte Orientale “Giuseppe Tucci”, creato nel 1957 a Palazzo Brancaccio a Roma e il Museo Nazionale Preistorico Etnografico “Luigi Pigorini”, fondato nel 1875 presso il Collegio Romano, con le collezioni etnografiche di provenienza asiatica.

Andrea Viliani. Foto Manuela De Leonardis
Andrea Viliani. Foto Manuela De Leonardis

Intervista ad Andrea Viliani

Andrea Viliani (Casale, 1973), direttore del Museo delle Civiltà di Roma dal 2022, racconta la mostra EUR_Asia realizzata in collaborazione con il MAO-Museo d’Arte Orientale di Torino con l’avvio del riallestimento progressivo delle collezioni di arti e culture asiatiche  (la ricerca scientifica e la curatela di questa sezione è stata condotta da Paola D’Amore, Pierfrancesco Fedi, Maria Luisa Giorgi, Laura Giuliano, Michael Jung, Gabriella Manna, Loretta Paderni, Paola Piacentini, Massimiliano Alessandro Polichetti) e l’installazione site specific A Recollection Returns with a Soft Touch dell’artista colombiano-coreano-americana Gala Porras-Kim (curata da Davide Quadrio, Anna Musini con Francesca Filisetti, Matteo Lucchetti e Andrea Viliani). 

Nell’ideazione della mostra EUR_Asia c’è anche la volontà di raccontare una storia italiana? 
EUR_Asia è un progetto che nello stesso tempo guarda al passato, quindi retrospettivo, e al futuro perciò di prospettiva. Ripresentiamo al pubblico una selezione di capolavori (tra cui un Mandala del Vajradhatu del 1875 in dialogo con la Bhavachakra, o Ruota del divenire, del XIX secolo proveniente da Nepal – ndr) delle collezioni del Museo Nazionale d’Arte Orientale catalizzato, se non propriamente fondato, dallo storico delle religioni Giuseppe Tucci. Una storia che per quanto, ovviamente, sia integralmente connessa alle arti e culture asiatiche è anche una storia italiana, perché nel 1933 Giuseppe Tucci insieme a Giovanni Gentile fonda l’ISMEO-Istituto italiano per il Medio ed Estremo Oriente che in seguito diventerà ISIAO-Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente.  

Cosa rappresentano queste due istituzioni? 
Hanno contribuito alla storia dell’archeologia in Asia e ne hanno definito la partecipazione italiana con importantissime campagne di scavo. Ricordo che quando, nel 2010-2012, andai in Afghanistan con Carolyn  Christov-Bakargiev per Documenta, in quel momento geo-politico così complicato, nelle università afghane le campagne di scavo erano ricordate come un punto fermo della storia dell’archeologia di quel paese. Visitammo anche il Museo Nazionale di Kabul dove i tesori archeologici non c’erano più, ma arrivare nelle università e nei musei afghani come italiani significava anche riallacciarci a quella storia. Una storia di collaborazioni articolate che si collega anche all’architetto Andrea Bruno, particolarmente legato all’Afghanistan: nel 1974 ha progettato l’Ambasciata d’Italia a Kabul ed è stato consulente UNESCO per il restauro e la conservazione del patrimonio artistico e culturale del paese, partecipando a numerose missioni ufficiali. Si è occupato anche del restauro del famoso minareto di Jam e, dopo la distruzione dei Buddha di Bamyan, stava progettando per l’UNESCO un museo che ne conservasse i resti. È una lunga collaborazione, quindi, quella tra l’Italia e il continente asiatico e questa storia che oggi presentiamo è sicuramente qualcosa che ci immerge nelle arti e nelle culture asiatiche ma che, in un certo senso, è anche una storia italiana.  

Nel 2017 con il trasferimento del MNAO-Museo Nazionale d’Arte Orientale “Giuseppe Tucci” all’Eur, per anni questi capolavori sono rimasti chiusi nei depositi, insieme all’archivio cartaceo e fotografico…  
Si tratta di ricordare un museo che non c’è più ma che, in realtà, esiste ancora. Le sue meravigliose collezioni e la sua eredità metodologica, intellettuale, bibliografica, archivistica sono affidate alle funzionarie e ai funzionari che lavoravano in quel museo e che oggi sono al Museo delle Civiltà. Non solo ricordiamo al nostro pubblico che il MNAO ancora esiste ma che è una parte fondante della museografia italiana. Unirlo, poi, alle collezioni di origine asiatica del Museo Nazionale Preistorico Etnografico “Luigi Pigorini”, uno dei tanti musei confluiti nel Museo delle Civiltà, grazie al finanziamento del Ministero della Cultura nel contesto del piano strategico Grande Progetto Beni Culturali porterà entro la primavera 2026 ad un allestimento coeso, coerente, unitario al piano terra di questo edificio, il Palazzo delle Scienze, andando a costituire una delle più grandi collezioni di arte e culture asiatiche al mondo, in cui si uniranno storia dell’arte, archeologia, etnografia.  

Perché non aspettare il 2026? 
In qualche modo, una delle filosofie del Museo delle Civiltà è quella di condividere tutti i processi che sono alla base del suo aggiornamento, quindi EUR_Asia non è tanto una selezione di capolavori ma una condivisione di metodi sullo studio di questi capolavori, sulle loro provenienze e sulle molteplici interpretazioni che da essi si sono generate. È un avvicinamento che vogliamo condividere con il pubblico, affiancandoci ad esso per arrivare ancora più consapevoli alla riapertura delle collezioni.  

EUR_Asia, installation view al Museo delle Civiltà, Roma. Photo Giorgio Benni
EUR_Asia, installation view al Museo delle Civiltà, Roma. Photo Giorgio Benni

Il nuovo Museo delle Civiltà di Roma

Come si articola questo progetto di condivisione? 
Il progetto è suddiviso in cinque sezioni. La prima “Cronache e spettri del restauro: la ricerca per una museologia scientifica” evidenzia la connessione tra ricerca storico-artistica, analisi scientifica e restauro ed è legata anche alla diagnostica di ultima generazione nello studio delle opere d’arte, aspetto che il pubblico, spesso, non conosce. Alcune opere di queste collezioni sono state oggetto di analisi diagnostiche di ultima generazione, che ne hanno confermato datazione e indagato struttura e composizione materiali, in occasione di un loro prestito che il Museo delle Civiltà ha fatto al MAO di Torino per la mostra Buddha10. Frammenti, derive e rifrazioni dell’immaginario visivo buddhista,  curata da Davide Quadrio e Laura Vigo.  

Ad esempio? 
Tra i pezzi della collezione erano stati prestati al museo torinese uno splendido Buddha tucciano (Guanyn stante) e un altrettanto splendido Buddha pigoriniano (Buddha seduto) che sono stati studiati scientificamente dalla Fondazione Centro di Conservazione e Restauro “La Venaria Reale” e dal Dipartimento di Scienza Applicata e Tecnologia del Politecnico di Torino-DISAT-PoliTO. Questo patrimonio di ricerca viene riportato al Museo delle Civiltà quasi a premessa del discorso che stiamo facendo, cioè di un museo che non è solo l’oggetto che conserva ma la continua cura che esprime, l’approfondimento della conoscenza di quell’oggetto grazie al lavoro e alle relazioni del suo “capitale umano”.  

Al “capitale umano” è proprio dedicata l’installazione audio-video A Recollection Returns with a Soft Touch di Gala Porras-Kim… 
Parliamo nuovamente di condivisione, in questo caso ancora con il MAO in quanto Gala Porras-Kim è Artist in Residence presso il MAO-Museo d’Arte Orientale di Torino e Research Fellow al Museo delle Civiltà. Abbiamo assegnato a quest’artista uno stipendio di ricerca, così come ad altri cinque artiste e artisti affinché lavorino su altrettante collezioni, non per fare una mostra d’arte contemporanea ma perché in quanto artisti-ricercatori il loro contributo possa analizzare potenzialità e contraddizioni che derivano dalla storia di queste collezioni e sollecitare a partire da esse sensibilità, urgenze, linguaggi e relazioni contemporanee.  

Come ha lavorato? 
Sono contento che Gala dopo la sua ricerca abbia deciso di concentrarsi sul “capitale umano” del museo: i suoi funzionari e le sue funzionarie. Il loro è un prendersi cura delle collezioni che si vede dai risultati, ma che spesso è silente, non visibile al pubblico. Il lavoro quotidiano che fa ognuno di loro nella manutenzione degli oggetti e nel loro studio, nella gestione dei prestiti e degli allestimenti è parte integrante all’interno di un museo in cui questi oggetti non sono più nel loro contesto originale. Quindi, il rapporto tra contesto e decontestualizzazione, provenienza originale e riscrittura, rilettura museale è qualcosa che Gala ha sentito il dovere di condividere con il pubblico. 

Chi sono le altre artiste e gli altri artisti a cui il Museo delle Civiltà ha assegnato Research Fellowship? 
Maria  Thereza  Alves per le collezioni americane, Sammy Baloji per quelle africane, Karrabing Film & Art Collective per le collezioni oceaniane e isole del Pacifico, Bruna Esposito per le collezioni di arte e tradizioni popolari italiane e DAAR – Sandi Hilal & Alessandro Petti, fondatori  del  collettivo  Decolonizing Architecture Art Research e vincitori  del  Leone d’Oro alla Biennale Architettura 2023. Tutti questi artisti e artiste stanno lavorando e via via, attraverso i risultati finali della loro ricerca, le collezioni saranno più comprensibili anche al pubblico contemporaneo, rivelandone anche gli aspetti problematici, il rischio di esperienze esotizzanti, gli squilibri di potere che le hanno condotte dai loro contesti di provenienza alle vetrine del museo.

L’EUR e il Museo delle Civiltà

Nel titolo della mostra c’è anche un riferimento al quartiere dell’Eur… 
È un incontro tra il quartiere dove ci troviamo, l’Eur e il continente asiatico. In questo caso queste narrazioni che uniscono tra le culture ci riportano anche a un senso quasi di geolocalizzazione della mostra dell’istituto che è nel quartiere dell’Eur in due palazzi, il palazzo “delle Tradizioni” e quello “della Scienza Universale” che erano due dei quattro padiglioni centrali di EUR42. Sappiamo tutti che questi edifici furono costruiti per un’esposizione universale – l’Esposizione Universale di Roma  del 1942 – che non avvenne mai. Allora, per molti aspetti EUR_Asia celebra — ribaltandola ovviamente nel contesto contemporaneo — anche la continuità di questa storia.  

Spiegaci meglio… 
Là dove avrebbe dovuto esserci un’esposizione universale, oggi c’è un Museo delle culture del mondo che celebra l’incontro tra le culture, in questo caso anche all’interno di musei che prima erano divisi e che s’incontrano. La quarta sezione della mostra, infatti, è una presentazione di alcuni capolavori delle collezioni di provenienza asiatica del Museo Nazionale Preistorico Etnografico “Luigi Pigorini”, tra l’altro inserite in due mobili provenienti dalla sede del Collegio Romano, dove si trovava quel museo prima di venire qui. Si parla del trasferimento del MNAO-Museo Nazionale d’Arte Orientale “Giuseppe Tucci”, forse perché la cronaca è più recente, ma anche il cosiddetto “Pigorini” è stato trasferito dalla sua sede originaria. Due musei che sono arrivati all’Eur in tempi diversi, in un luogo si sarebbe dovuto celebrare l’incontro tra le culture, come idealmente è sempre un EXPO, anche se nel 1942 non avvenne per il contrato fra loro e per una guerra mondiale. Però ciò che non è avvenuto in passato, oggi sarà una specie di felice, quasi surreale, contrappasso.  

Obiettivo finale? 
La cosa che per noi rende EUR_Asia importante è che in attesa del 2026, il lavoro è già iniziato e tutte le sollecitazioni che riceveremo dal pubblico e dagli altri enti, tra cui il MAO, diventeranno parte di una consapevolezza speriamo maggiore nel fare questo lavoro. Devo ringraziare oltre a tutte le funzionarie e i funzionari, in modo particolare la nostra funzionaria RUP (responsabile unica del procedimento) Laura Giuliano, perché tra le altre cose con l’aiuto delle colleghe e dei colleghi sta portando al progetto tutta una serie di accordi con centri di ricerca, università, musei che via via aumenteranno perché EUR_Asia diventi un caso di studio condiviso e compartecipato che ci permetta di guardare alle buone pratiche e di dialogare con esse per diventare, auspicabilmente, anche noi una buona pratica. 

Manuela De Leonardis  

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Manuela De Leonardis

Manuela De Leonardis

Manuela De Leonardis (Roma 1966), storica dell’arte, giornalista e curatrice indipendente. Dal 1993 è iscritta all’Ordine dei giornalisti del Lazio e dal 2004 scrive di arti visive per le pagine culturali del manifesto e gli inserti Alias, Alias Domenica, ExtraTerrestre.…

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