Intervista a Chiara Bertola, nuova direttrice della GAM di Torino 

Lo spazio e il tempo sono concetti chiave dei nuovi allestimenti e delle mostre della Galleria d’Arte Moderna di Torino, riaperta questo autunno dopo importanti lavori di restauro. Ne parliamo con la direttrice Chiara Bertola in questa intervista

È una GAM rinnovata sotto molti aspetti quella di Chiara Bertola (Torino, 1961). Dal nuovo allestimento della collezione permanente al restauro degli spazi espositivi e di accoglienza, fino alla riapertura del secondo piano dopo sei anni. Ma è solo l’inizio di un ambizioso programma, basato sul concetto di “risonanza”, che vuole rivalutare la Galleria d’Arte Moderna di Torino e, con un occhio puntato sul suo fulgore di ieri, fare spazio al domani. Abbiamo fatto il punto sui primi mesi di mandato di Bertola come direttrice del museo torinese e sulle tre mostre appena inaugurate, dedicate alle pittrici Berthe Morisot, Mary Heilmann e Maria Morganti. 

Intervista a Chiara Bertola 

Partiamo dal principio, ovvero dal tuo arrivo alla Galleria d’Arte Moderna di Torino…  
Sono arrivata alla GAM l’8 gennaio 2024 e ho inizialmente proseguito il lavoro già impostato dalla direzione precedente di Riccardo Passoni, per poi iniziare la nuova programmazione di mostre, di fatto, cinque mesi fa, all’inizio dell’estate.  

In questi mesi la GAM ha subito importanti cambiamenti strutturali, da te fortemente promossi: perché c’era necessità di questo tipo di operazione? 
Era importante, secondo me, dare al museo una dimensione più organica, che riuscisse a comunicare il fatto che fosse aperto e funzionante a tutti gli effetti. Ma soprattutto c’era un problema di spazi, che a mio avviso non erano strutturati e adeguati alle esposizioni. Trovo che il contesto in cui un’opera viene esposta sia di estrema importanza, motivo per cui ho trovato necessario mettere in moto una macchina che ha portato oggi alla riapertura del museo in una veste nuova. Volevo che tutte le parti del museo fossero comunicanti tra loro e che non fossero rinchiuse in settori sigillati. 

Pensi di essere riuscita nel tuo intento? 
Sì, direi che ha funzionato: mi sembra che oggi chi entra riesca a percepire un senso di risonanza che pervade l’edificio nella sua totalità.  

Deposito Vivente, Galleria d'Arte Moderna di Torino. Photo Giorgio Perottino
Deposito Vivente, Galleria d’Arte Moderna di Torino. Photo Giorgio Perottino

I nuovi spazi della GAM di Torino 

A proposito di spazi, il restauro dell’edificio ha permesso la riapertura del secondo piano, che era chiuso da sei anni. Oggi, tra le altre cose, ospita anche il “Deposito Vivente”, una sorta di dietro le quinte del museo… 
Esatto, ci consente di portare il pubblico all’interno di un backstage delle attività museali. Ma soprattutto il Deposito Vivente è una modalità diversa per esporre anche altre opere della collezione della GAM, che ammonta a circa 45mila pezzi di grande qualità e varietà. Una raccolta di questa entità ha sempre bisogno di spazi, e dedicare una parte del secondo piano a un deposito vero, sempre funzionante, ma anche aperto al pubblico, ci permette di esporre più opere di quanto potremmo fare in un allestimento più canonico, da sala espositiva.  

Ovvero? 
In questo modo siamo riusciti ad esporre più di 350 opere che altrimenti non avrebbero trovato spazio e quindi visibilità, creando anche traiettorie visive diverse proprio grazie ad un allestimento a quadreria, consono a un deposito ma non a una sala espositiva tradizionale.  

Galleria d'Arte Moderna di Torino, collezione permanente, primo piano. Photo Giorgio Perottino
Galleria d’Arte Moderna di Torino, collezione permanente, primo piano. Photo Giorgio Perottino

La collezione permanente e le mostre della GAM di Torino 

Invece per quanto riguarda l’allestimento della collezione permanente quali sono stati i criteri principali? 
Ho lavorato con la capo-conservatrice della GAM Elena Volpato e con Fabio Cafagna per realizzare un percorso che volevo espressamente non cronologico: penso che le opere siano sempre contemporanee, possono continuamente avere un senso anche in relazioni non determinate da criteri temporali. La mia esperienza alla Fondazione Querini Stampalia di Venezia, dove ho sempre dovuto tenere conto della convivenza tra antico e contemporaneo, mi ha fatto capire chiaramente come tante volte il contemporaneo illumini l’antico sotto una nuova luce, più forte e più viva.  

In che modo la collezione permanente dialoga con le mostre temporanee? 
Elena e Fabio hanno proposto un ritmo di temi che in qualche modo sono stati sollecitati dalle tre mostre attualmente in corso alla GAM, dedicate a tre pittrici i cui temi (la luce, il colore e il tempo) sono stati indagati in modi ed epoche diverse, ma sempre in maniera risonante tra loro: il tentativo di Berthe Morisot di fissare sulla tela il tempo istantaneo e quotidiano; quello più contemporaneo e rivoluzionario di Mary Heilmann negli Anni Sessanta beat; e infine il tempo raccontato da Maria Morganti, più sedimentato, che si accumula e cresce come quello di un’esistenza e di una vita. 

La scelta di dedicare queste tre mostre inaugurali a figure femminili è una presa di posizione rispetto a un sistema ancora molto maschile oppure no? 
Assolutamente no, a guidare la scelta sono stati soprattutto la qualità e il senso di ciascuna di queste mostre per la GAM in questo momento. Per Mary Heilmann, per esempio, è la prima volta che viene esposta in Italia ed è drammatico che ancora non fosse stata realizzata una mostra di un’artista così importante nel nostro Paese. La sua opera è senza tempo e continua a manifestare un’intelligenza e una forza alle generazioni di artisti più giovani, il fatto che non fosse ancora arrivata in Italia l’ho trovata una mancanza. Mi interessa anche che la GAM dia spazio ad artisti mid career, nati negli Anni Sessanta, o comunque artisti italiani validi che però non hanno mai avuto l’attenzione delle istituzioni. 

Chiara Bertola e la GAM del passato, del presente e del futuro 

Avevi accennato alla sua esperienza alla Fondazione Querini Stampalia, ma a Venezia hai avuto negli anni anche altri ruoli, come la Presidenza della Fondazione Bevilacqua La Masa. Oltre a quello che ci siamo già detti, cosa porti con te, in questo nuovo capitolo torinese, dei tuoi anni veneziani? 
Sicuramente il fatto di lavorare molto nel e sul luogo: lo spazio per me è stato sempre molto importante. La prima cosa che ho fatto quando sono arrivata alla GAM è stata proprio cercare di capire uno spazio così intelligente com’era la GAM nel 1959, nel corso degli anni poi nascosto e parzialmente chiuso. Mi interessava ricercare quella verità delle origini, andando a ritroso ma aggiornando lo spazio alle necessità di oggi. Alla Fondazione Querini Stampalia lavoravo proprio sullo spazio, perché non avendolo ho dovuto in qualche modo intervenire molto insieme agli artisti tenendo in mente la presenza importante di una dimensione antica per “fare spazio” al contemporaneo. 

Abbiamo parlato molto di tempo, più in particolare di passato e di presente. A questo punto la domanda sorge spontanea: quali sono le sfide della GAM del futuro? 
Sicuramente la prosecuzione del bando internazionale che ci permetterebbe un restauro completo dell’edificio in grado di riportare la GAM al suo valore iniziale. Che significa riaprire l’auditorium, la caffetteria, e tutte quelle parti essenziali per la vita del museo che erano già state predisposte e negli anni purtroppo perdute. E poi continuare su questo programma di risonanze e sintonie tra la collezione permanente e le mostre, ma anche come dicevamo tra le diverse parti dell’edificio. Una mission che sento molto importante è l’avvicinamento del museo alle generazioni più giovani e il coinvolgimento non solo della città (che è già molto affezionata e si sente), ma anche dell’ambiente internazionale, cosa che ancora non ho percepito in modo abbastanza forte. 

Alberto Villa 

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Alberto Villa

Alberto Villa

Nato in provincia di Milano sul finire del 2000, si occupa di critica e curatela d'arte contemporanea. Si laurea in Economia e Management per l'Arte all'Università Bocconi con una tesi sulle produzioni in vetro di Josef Albers e attualmente frequenta…

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