Come si organizza una grande mostra. Parola all’esperto 

Dall’idea all’inaugurazione: Maurizio Cecconi, founder della società Villaggio Globale che da oltre trent’anni realizza mostre di successo, racconta i segreti dietro all’organizzazione delle esposizioni

Villaggio Globale International si occupa di progettazione di mostre e di valorizzazione dei beni culturali: è stata fondata nel 1992 da Maurizio Cecconi, che oggi è consulente strategico della società, mentre l’attuale Amministratore delegato è Nicoletta Buffon. In oltre 30 anni la società ha realizzato più di 350 esposizioni che hanno accolto milioni di visitatori. “Abbiamo coinvolto più di 2 mila istituzioni ed esposto 60 mila opere”, spiega Cecconi. “Quasi 3 mila studiosi hanno costruito l’idea portante dei percorsi espositivi e centinaia di grafici e architetti hanno dato immagine ai contenuti. Inoltre abbiamo messo a punto più di 300 cataloghi”. Il founder di Villaggio Globale International snocciola quelli che chiama “i numeri della soddisfazione” e rivela tanto altro in quest’intervista. 

Maurizio Cecconi
Maurizio Cecconi

Intervista a Maurizio Cecconi 

Qual è stato il vostro primo progetto rilevante? 
Nel 1993 organizzammo a Belluno Marco Ricci e il paesaggio veneto del Settecento. A quel tempo non si parlava ancora di grandi mostre, ma in realtà quella lo fu, perché il pubblico, bellunesi compresi, ebbe modo di conoscere quest’importante pittore per la prima volta.  

Quali sono i caratteri distintivi di una “grande” mostra?  
Che una mostra sia “grande” lo si capisce soprattutto dopo la sua chiusura. A mio avviso deve rispondere affermativamente a domande concrete sull’atteggiamento dei visitatori: hanno compreso le novità scientifiche? Hanno visitato anche i musei? Si sono fermati a mangiare e a dormire? È cambiata la percezione di un luogo? La grandezza quindi non si misura solo sul numero dei visitatori e sull’impatto nei media.  

Quali sono le principali fasi dell’organizzazione di una mostra? 
L’organizzazione è una macchina complessa e le fasi più difficili e faticose sono quelle della progettazione e della ricerca delle basi economiche. La prima, affidata a curatori ed esperti ma discussa e condivisa con gli organizzatori, deve dare il senso della mostra fin dall’inizio e spiegare perché sarà attrattiva; perché sarà una novità nel dibattito culturale; come si relaziona con il territorio; perché si potranno ottenere in prestito le opere; perché i media la capiranno. Rispondere a tali quesiti è fondamentale per trovare i partner che credono nel progetto e che lo finanziano. Si sviluppa poi l’organizzazione generale, costituita da centinaia di adempimenti per richieste di opere e materiali documentari, di rapporti con musei e collezionisti, di trasporti e assicurazioni, di progetti allestitivi, di testi per il catalogo, di ideazione di apparati multimediali, di piani di comunicazione.  

Quanto conta vantare rapporti privilegiati con le istituzioni internazionali?  
È fondamentale. Abbiamo fin dall’inizio instaurato rapporti internazionali e tuttora godiamo di relazioni fiduciarie con numerosi musei nel mondo e collaborazioni attive in Grecia, Germania, Spagna, Francia, Repubblica Ceca e così via. In questo quadro essere i rappresentanti dell’Ermitage in Italia ci ha garantito una forte reputazione e una condizione invidiabile nelle trattative.  

Rispetto a qualche decennio fa nota dei cambiamenti nel settore delle grandi mostre?  
I cambiamenti sono tanti ed evidenti. Il primo riguarda la maggiorazione dei costi che può rendere un progetto improponibile. Poi penso che sia diminuito il gusto dell’approfondimento scientifico, mentre il pubblico coglie di più la spettacolarità delle esposizioni. Mi pare che abbia sempre più rilievo il contemporaneo rispetto all’antico e infine multimediale, virtuale, realtà aumentata hanno trasformato il modo di guardare e di cogliere la realtà e oggi possono rappresentare una chiave per la comprensione e la scoperta dell’arte. 
 
Marta Santacatterina 
 
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Marta Santacatterina

Marta Santacatterina

Giornalista pubblicista e dottore di ricerca in Storia dell'arte, collabora con varie testate dei settori arte e food, ricoprendo anche mansioni di caporedattrice. Scrive per “Artribune” fin dalla prima uscita della rivista, nel 2011. Lavora tanto, troppo, eppure trova sempre…

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