Il Padiglione Malta alla Biennale di Venezia. Storia di una astuta diplomazia

Nel segno di Caravaggio, il Padiglione Malta alla Biennale di Venezia è una storia di collaborazione e di strategie, tra tecnologia e tradizione

Tra i padiglioni più apprezzati alla Biennale di Venezia inaugurata a fine aprile 2022, quello di Malta, al centro del Mar Mediterraneo, è una storia di collaborazione, ma anche di strategie, che affonda le origini nelle antiche vicende dell’isola.
Promosso dall’Arts Council Malta, con il patrocinio del Ministry for The National Heritage, The Arts and Local Government, Diplomazija astuta, questo il titolo, è curato da Keith Sciberras e Jeffrey Uslip, coinvolgendo gli artisti Arcangelo Sassolino, Giuseppe Schembri Bonaci e Brian Schembri, il primo italiano e gli ultimi due originari di Malta. Un padiglione, questo, che nella realizzazione ha richiesto un grande sforzo tecnologico e in termini di fundraising, ma soprattutto dal punto di vista della ricerca.

59. Mostra Internazionale d'Arte, Venezia 2022. Padiglione Malta59. Mostra Internazionale d'Arte, Venezia 2022. Padiglione Malta. Arcangelo Sassolino. Photo Agostino Osio, Alto Piano

59. Mostra Internazionale d’Arte, Venezia 2022. Padiglione Malta. Arcangelo Sassolino. Photo Agostino Osio, Alto Piano

PERCHÉ DIPLOMAZIA ASTUTA

Il visitatore accede allo spazio alle pendici dell’Arsenale della Biennale di Venezia, a due passi dal Padiglione Italia, e si ritrova immerso in uno scenario caravaggesco dove luci e ombre si fondono in un allestimento multisensoriale. E il riferimento a Caravaggio non è peregrino, perché è proprio La decollazione di San Giovanni Battista, la pala d’altare realizzata dal Merisi a La Valletta e oggi conservata nell’Oratorio di San Giovanni Battista dei Cavalieri nella Concattedrale di San Giovanni, il punto di riferimento dell’intero progetto espositivo. Intanto perché era stato inizialmente pensato per la Cripta della Cattedrale e poi ulteriormente sviluppato, stanti i limiti imposti dalle esigenze del luogo, e l’importante occasione biennalesca, per il Padiglione Malta. Poi, perché anche la storia di Caravaggio a La Valletta è una vicenda di “diplomazia astuta”, laddove le strategie politiche sono servite a preservare il grande, ma burrascoso artista dalle proprie azioni, offrendogli l’opportunità di creare una importante opera d’arte e valendogli addirittura la Croce honoris causa del mitologico ordine dei Cavalieri di Malta. Infine, perché l’intero progetto è una negoziazione continua, una collaborazione fra tre artisti, tre modi di fare arte, tre identità che hanno disegnato separatamente eppure insieme un ambiente totale, tra storia e contemporaneità, arrivando a una impressionante e forse non del tutto volontaria fusione di intenti ed energie. Una vera jam session tra linguaggi.

59. Mostra Internazionale d'Arte, Venezia 2022. Padiglione Malta. Arcangelo Sassolino. Photo © Massimo Penzo

59. Mostra Internazionale d’Arte, Venezia 2022. Padiglione Malta. Arcangelo Sassolino. Photo © Massimo Penzo

CARAVAGGIO E ARCANGELO SASSOLINO

C’è molto di Caravaggio, ma anche della bellezza antica di Malta, con la sua pietra rossastra, le opere che racchiude come uno scrigno, l’atmosfera multiculturale, anche nell’installazione in mostra a Venezia.
Diplomazija astuta”, spiega Arcangelo Sassolino, nel testo che accompagna il catalogo, “è un’opera sulla perdita continua, sull’impossibilità di trattenersi, sul flusso inesorabile e inarrestabile di tutte le cose. […] L’essere si rivela solo nello svanire, la luce è un intervallo evanescente di oscurità. Qualcosa continua a dissiparsi, consumare, cedere; le gocce appaiono, cadono e svaniscono incessantemente. Sto cercando di scansionare il tempo, ciò che crea l’essere e lo consuma, attraverso qualcosa di altrettanto sfuggente. Forse il mio è, in fondo, un’opera sulla ferita aperta che è la vita. Gocce di fuoco si spengono in vasche di alluminio di pascaliana memoria, ognuna rappresentante un motivo caravaggesco. E poi c’è la grande pittura, ma su metallo, di Giuseppe Schembri Bonaci che fa incontrare le lingue del mondo, incidendo la superficie, rendendo carne “il messaggio di San Giovanni di una nuova umanità”, che “ha generato il bisogno di un nuovo linguaggio. Questo nuovo linguaggio è oggi racchiuso nella cultura del metallo. Il linguaggio è infatti, ribadisce l’artista, il mezzo con cui le verità, anche quelle più nascoste, vengono a galla e rese aperte.

59. Mostra Internazionale d'Arte, Venezia 2022. Padiglione Malta. Arcangelo Sassolino. Photo © Massimo Penzo

59. Mostra Internazionale d’Arte, Venezia 2022. Padiglione Malta. Arcangelo Sassolino. Photo © Massimo Penzo

IL LINGUAGGIO NEL PROGETTO DI BRIAN SCHEMBRI

Nel progetto emerge la ricchezza culturale degli idiomi mediterranei, in particolare quelli che definiscono l’identità mediterranea, dalla quale attinge Malta, ma anche l’Italia stessa, quali l’aramaico, il greco, il latino, l’ebraico e l’arabo, ai quali si aggiungono quelli che compongono la struttura linguistica maltese: l’italiano, l’inglese e l’arabo.
Un intero processo ha iniziato a evolversi quando ho sovrapposto tutti questi pensieri, così come il flusso di questi molteplici linguaggi, al capolavoro di Caravaggio. Sono arrivato a questa idea da un’indagine sulla bellissima pietra incisa maltese, il Cippi di Melqart, di origine greco-fenicia, del quale restano due pilastri, uno conservato al Museo Nazionale di Archeologia di Malta, l’altro al Louvre di Parigi: una crudele separazione. Il Cippi e la stele di Rosetta hanno offerto alla modernità la chiave dei linguaggi antichi e quindi la chiave dell’identità primordiale.
C’è qualcosa di antichissimo, ma anche di moderno, e l’entusiasmo per il progresso è tra gli elementi cardine di questo progetto espositivo che vive ed esiste grazie all’utilizzo di tecnologie, creando attraverso esse affascinanti e romantiche illusioni. Completandosi con la partitura costruita da Brian Schembri, che dà all’esperienza una dimensione catartica, articolando, spiega il compositore, il movimento, la scansione delle gocce, organizzandolo “in una sorta di partitura percussiva eseguita dall’installazione stessa, in un evento visivo drammaticamente coreografato, in un dialogo aleatorio tra l’installazione stessa, le sue varie componenti e la mia composizione musicale”.

Santa Nastro

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Santa Nastro

Santa Nastro è nata a Napoli nel 1981. Laureata in Storia dell'Arte presso l'Università di Bologna con una tesi su Francesco Arcangeli, è critico d'arte, giornalista e comunicatore. Attualmente è vicedirettore di Artribune. È Responsabile della Comunicazione di FMAV Fondazione…

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