Bosco Colto. In Sicilia il progetto di riqualificazione che unisce arte e agricoltura
Nel Borgo di Santo Pietro ha preso forma una iniziativa che mette insieme discipline artistiche, architettura, scrittura, gastronomia, agricoltura ed eco-design. L’obiettivo? Ripartire dal territorio e rilanciarne le potenzialità
Nel Borgo di Santo Pietro, ai piedi della collina di Caltagirone in Sicilia, è nato un coraggioso progetto di recupero del territorio. Bosco Colto, ideato dallo studio di architettura Marco Navarra, mette in dialogo arte, architettura, scrittura, agricoltura, gastronomia, eco-design e formazione. Il programma si sviluppa a partire dall’idea del Campus territoriale Rasoterra. Imparare dalla selva, che coinvolge oltre cinquanta partecipanti da varie università italiane e costituisce la prima azione del progetto Bosco Colto.
GLI INTENTI DI BOSCO COLTO
Ecologismo, cultura del giardino, rigenerazione dei luoghi sono attività promosse sperimentando idee e materiali diversi, attraverso la pratica dell’autocostruzione. Luogo d’eccezione per queste pratiche e per gli incontri collettivi è la Stazione Sperimentale di Granicoltura, a Borgo Santo Pietro, piccolo centro agrario raccolto intorno ad architetture degli Anni Trenta. Qui si trovano la più importante sughereta d’Europa, ora in stato di semi-abbandono, campi con coltivazioni di grani antichi e specie dimenticate, uliveti e ampie distese di alberi di fichi d’India. In questo luogo convivono due componenti apparentemente distanti: il domestico e il selvatico.
È la capacità di “coltivare” con uno sguardo nuovo, con l’idea di “prendersi cura” dei luoghi, di creare contaminazioni e dialoghi a tratteggiare la visione che sta alla base di Bosco Colto.
I PROTAGONISTI DI BOSCO COLTO
Il Campus, in forma di Summer School, vede coinvolta un’ampia rete di realtà e di associazioni locali, operative su tematiche socio-territoriali e sulla valorizzazione di risorse dimenticate. Tra queste, luoghi come l’orto-giardino dell’ex Educandato San Luigi sono stati restituiti alla città attraverso una sapiente operazione di ricucitura e un’apertura visiva (a cura del gruppo Analogique). Così come il progetto di ripristino di un vecchio vivaio nel cuore del bosco (a cura di Antonio Scarponi Studio Conceptual Devices); il recupero di strutture in disuso per cavalli (a cura di ErranteArchitetture); la lunga tavola per l’impasto collettivo del pane (ideata da Marco Navarra); le sperimentazioni culinarie del giovane chef Marco Falcone con le farine della stazione di granicoltura; i racconti di LetteraVentidue sono tutte azioni che riportano in primo piano vocazioni rimosse e trasmissione dei saperi. Il bosco di querce da sughero è il luogo del sacro, ma anche del lavoro, delle economie, della conoscenza e della socialità. Recuperare il senso dell’insieme, nei frammenti di questo paesaggio complesso e stratificato, è forse la sfida più stringente dell’intero progetto.
Claudia Zanfi
Articolo pubblicato su Grandi Mostre #31
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