La Tenda Rossa e le prime spedizioni al Polo al Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano
Per festeggiare i suoi primi settant’anni, il museo milanese svela al pubblico un manufatto unico, testimonianza della sfortunata spedizione del Dirigibile Italia nel 1928. Dopo un lungo restauro, la Tenda Rossa arricchisce le Collezioni di Studio
Il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia di Milano ha chiuso il 2022 festeggiando il superamento delle 400mila presenze, di cui oltre la metà sono stati visitatori stranieri. E ora si appresta a celebrare i primi settant’anni di attività – anniversario che cade nella giornata del 15 febbraio – presentando al pubblico il nuovo allestimento dell’Astrario di Giovanni Dondi e il laboratorio “STEM lab Viaggi per mare”, con la sua scenografia immersiva. Tra le iniziative che più attireranno l’attenzione su questo compleanno importante, poi, si segnala l’ampliamento del progetto Collezioni di Studio, che svela al pubblico alcune delle opere più significative normalmente conservate nei depositi del museo. Come la Tenda Rossa che diede rifugio ai superstiti della spedizione al Polo Nord di Umberto Nobile sul Dirigibile Italia del 1928, visibile a partire dal 15 febbraio dopo un lungo restauro.
UMBERTO NOBILE E LE PRIME SPEDIZIONI AL POLO NORD
Il manufatto costituisce testimonianza unica di un avvenimento che nella prima metà del Novecento segnò la storia delle esplorazioni scientifiche italiane, quando a seguito di una tempesta la squadra guidata da Nobile si schiantò sul pack, confermando quanto fosse rischioso all’epoca spingersi a quelle latitudini (il Museo conserva anche la prua della Stella Polare, che già nel 1899, guidata dal Duca degli Abruzzi cercò di raggiungere il Polo, arrivando alla latitudine record per l’epoca di 86° 34’ Nord). La missione del 1928 era stata organizzata nel dettaglio da Nobile, con il supporto del Governo, che mise a disposizione gratuitamente il dirigibile e l’equipaggio necessario. Anche la città di Milano partecipò attivamente, finanziando, tramite una sottoscrizione privata, la cifra di 3.500.000 lire necessaria per organizzare l’impresa. Il 15 aprile 1928 il dirigibile prese il volo dall’aerodromo di Baggio: l’equipaggio era composto da 18 persone, la strumentazione di bordo avrebbe agevolato ricerche scientifiche nel campo dell’elettricità atmosferica, dell’oceanografia e del magnetismo terrestre. Ma il 25 maggio il velivolo incappò nella tempesta che ne avrebbe decretato la fine. Di sei uomini si persero immediatamente le tracce, gli altri – i superstiti – si ritrovarono sul pack tra rottami e materiali sbalzati fuori dal mezzo, tra cui una tenda e una piccola radio da campo nota come “Ondina 33”, fondamentale per trasmettere l’SOS. Fu allora che Nobile fece tracciare con l’anilina delle grandi strisce rosse sulla piramide della tenda, che permisero ai soccorritori di individuare dall’aereo il campo di fortuna.
IL RESTAURO DELLA TENDA ROSSA
Solo il 12 luglio – ben 48 giorni dopo la tragedia – i superstiti furono portati in salvo. È questa la storia mitica della Tenda Rossa, riportata in Italia ed esposta già nell’agosto del ‘28 al Castello Sforzesco di Milano. Acquisita nel 1953 dal nascente Museo della Scienza e della Tecnica, è stata esposta l’ultima volta nel 1998, per la mostra del 70° anniversario della spedizione. Nel 2008, la restauratrice di tessuti Cinzia Oliva è stata incaricata di condurne il restauro, per ovviare a uno stato compromesso e frammentario, in collaborazione con la Stazione Sperimentale della Seta di Milano. Per esporla nelle condizioni di conservazione ottimali, il museo ha ora adottato una struttura interna super leggera in alluminio e tessuto, optando per la collocazione della tenda all’interno di un box vetrina creato ad hoc per schermarla dalla luce. Il pubblico potrà ammirarla visitando la sezione Collezioni di Studio (allestita durante la chiusura imposta dalla pandemia) nei depositi situati presso il padiglione Aeronavale del Museo, accanto a oggetti altrettanto straordinari come la Vespa da Record, il biciclo di Lallement, il supercomputer Cray, la strumentazione laboratorio di Giulio Natta o le macchine fotografiche della prima fotografa documentarista italiana Marcella Pedone.
Livia Montagnoli
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