Piccole bambole spettinate, dinosauri sdentati, soldatini e biglie esposte al pari di opere d’arte, per riflettere sulle cattive abitudini di una società votata al consumismo ed educare le nuove generazioni a uno stile di vita più in linea con le esigenze ambientali.
A Verucchio, nell’entroterra riminese, è nato Micro. Museo dell’Oggetto Ritrovato, primo museo in Italia dedicato al rifiuto e agli oggetti abbandonati, che troveranno casa nel Torrione delle Mura di San Giorgio, un’antica torre a filo della cinta muraria malatestiana, risalente al XIV secolo.
In attesa dell’allestimento delle collezioni e dell’inaugurazione ufficiale (prevista per fine autunno), abbiamo fatto qualche domanda all’ideatore e curatore del progetto: Gabriele Geminiani.
Micro. Museo dell’Oggetto Ritrovato: intervista a Gabriele Geminiani
Cosa dobbiamo aspettarci da questo museo?
Tantissimi oggetti esposti come opere d’arte, e catalogati in set di bacheche al pari di reperti archeologici. E poi libri e libricini a loro dedicati, taluni realizzati con la vecchia tipografia dei caratteri mobili, nati dalla frequentazione con poeti e artisti con i quali ho condiviso questo progetto.
Essendo anche patron del Green Festival Montefeltro e San Marino, come è nata l’idea di un museo che “glorifica” il rifiuto?
Il mio lavoro indaga il rapporto che c’è fra l’uomo e le cose. Mezzo secolo fa gli oggetti nascevano per durare e gli si conferiva una sorta di anima, oggi il rapporto con loro è totalmente ‘anaffettivo’, nel senso che non ne percepiamo il valore. Sono oggetti omologati a una vita effimera, non facciamo in tempo ad affezionarci che sono già nel bidone, sostituiti da altri identici a loro. Oggi le politiche di cultura ambientale parlano unicamente di raccolta differenziata, mentre non puntano abbastanza sulla necessità di ridurre drasticamente l’acquisto e il consumo di merci soggette a una fine programmata. Questo mio percorso esprime la necessità di recuperare il ‘vecchio’ rapporto con le cose, affinché durino nel tempo.
Parliamo del team che ha sostenuto la nascita del progetto
Ho trovato molta partecipazione tra la mia rete di amicizie, mi piace citare Roberto Vecchiarelli, docente presso l’Accademia di Belle Arti di Urbino, il professor Mario Turci, già ideatore e direttore del MET di Santarcangelo, Annamaria Bernucci, critica e storica dell’arte dei Musei Comunali di Rimini, Cecilia Gianpaoli, docente all’ISIA di Urbino, Josè Bheeme de la Fundacion del Garabato. Avere la vicinanza di questi amici ha veramente dato slancio al progetto.
Li considero autentici paladini, esperti appassionati disposti a mettersi in gioco affinché piccole realtà museali, preziose forme di narrazione dei territori italiani, non vadano perdute. E in questo senso, il nostro museo può a tutti gli effetti rappresentare un modello a cui ispirarsi.
Valentina Muzi
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