A Piacenza la sperimentazione radicale di Michele De Lucchi. Mostra nella ex chiesa tra arte, design e architettura
Nella gigantesca chiesa sconsacrata di Volumnia apre la mostra dedicata al lavoro più personale del famoso designer e architetto, dagli oggetti di design sperimentale di Produzione Privata ai modelli e ai disegni
È intimo l’incontro tra la luminosa penombra di Volumnia, spazio espositivo dedicato all’arte e al design nell’ex-chiesa di Sant’Agostino a Piacenza, e gli oggetti plastici e iconici di Michele De Lucchi. In un crescendo di familiarità, la mostra a cura di Paola Nicolin concentra qui il lavoro più personale di quarant’anni di carriera del famoso designer e architetto ferrarese classe 1951, che spazia dai modelli di architettura – le meravigliose “casette” poste nell’antico presbiterio – agli oggetti di design sperimentale di Produzione Privata, passando per disegni, sculture e artwork. In un percorso che mette al centro la libera e spregiudicata creatività di De Lucchi, plurivincitore del Compasso d’Oro (l’ultima volta con la stampante Artjet 10 di Olivetti).
L’eclettismo di Michele De Lucchi tra arte, architettura e design
“La mostra è divisa fondamentalmente in due parti, tra oggetti prodotti a mano da me e oggetti prodotti dagli artigiani, che in Italia abbiamo ancora la fortuna di avere e che hanno permesso al design italiano di venir riconosciuto nel mondo”, racconta De Lucchi. “Io faccio molti esperimenti di architettura, design, arte: e voi mi direte, ma perché non ti sei deciso a fare o l’artista o l’architetto o il designer? Me lo sono domandato spesso anch’io, e invece sono molto contento di non averlo mai fatto: il mondo ci sta portando verso una conoscenza estremamente specialistica, ma il tema è riuscire a mettere insieme le diverse cose, per raccogliere e usare le competenze. Spingendosi sempre in avanti”. Un’attitudine che per De Lucchi andrebbe applicata a ogni cosa, così da sconfiggere l’ansia che affligge la società e i giovani in particolare: “Sento un crescente pessimismo che mi spaventa moltissimo: bisogna riguadagnare fiducia, scavando dentro di noi. La cosa bella del design, dell’architettura e dell’arte in generale è che ispirano nuovi comportamenti, nuove idee e nuove soluzioni”.
De Lucchi, Produzione Privata e a Piacenza
Passeggiando tra una selezione di prototipi e pezzi storici a tiratura limitatissima, strutturata “a mo’ di pinball” con pannelli alternati, la mostra Michele De Lucchi. Con le mani e con la mente | Quarant’anni di sperimentazione tra arte, design e architettura racconta il meglio di Produzione Privata, laboratorio di design sperimentale fondato nel ’90 da De Lucchi e Sibylle Kicherer per dare continuità all’esperienza di Memphis, dove l’architetto e designer entrò in contatto con figure come Sottsass, Branzi e Mendini. Il marchio, dedicato alla produzione di oggetti, allestimenti di mostre e ripensamenti di spazi museali (come il Palazzo delle Esposizioni di Roma, il Museo del Design alla Triennale di Milano e la Fondazione Cini di Venezia), è un po’ l’apice di quattro decenni di attività radicale negli ambiti tra grafica, architettura e design di interni e di prodotto – come dimenticare la sua Tolomeo per Artemide, vincitrice del Compasso d’Oro nel 1989 –, che si mescolano mettendo sempre al centro un saper fare manuale e materico, libero da vincoli e logiche di mercato.
Aperto dal 6 aprile al 29 giugno, il percorso include anche schizzi, disegni e incisioni, culminando negli artwork e nelle sculture realizzate dall’eclettico designer, professore e già direttore della rivista Domus (affiancato proprio da Nicolin), raggiungendo l’apice nelle sue piccole architetture, inclusi tre modelli in pietra posti nel giardinetto sul retro. Con l’aggiunta di un oggetto inedito, creato appositamente per Volumnia insieme alla sua fondatrice Enrica de Micheli: il giallissimo vaso Agostino, in onore del santo della chiesa, realizzato in vetro soffiato a Murano e posto al centro della crociera.
Nico Vascellari e Michele De Lucchi
Chicca finale della mostra, coltissima e scevra di didascalie quanto di pannelli, è il “nido destrutturato” di Nico Vascellari, un’incursione nel presente e nell’arte che mostra “quanto Michele sia anticipatore di alcuni temi dell’arte contemporanea”, spiega Nicoli. “Abbiamo voluto lasciare questo indizio per mostrare le affinità tra due generazioni anche distanti, e come Michele pur calandosi nel ruolo di designer abbia questa temperatura artistica fortissima che ha il suo centro nella natura, leopardianamente intesa come consolazione e turbamento, proprio come Nico. Con la differenza che se Michele costruisce casette, Nico decostruisce nidi”.
Giulia Giaume
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