Le Olimpiadi di Parigi saranno anche un evento di architettura

Parigi 2024 passerà forse alla storia come l’olimpiade che ha provato a ridefinire il paradigma architettonico dei grandi eventi sportivi. Come? Perseguendo l’obiettivo di ridurre il numero delle nuove costruzioni e introducendo lo sport nei siti del patrimonio architettonico e urbano locale

Non esiste (ancora) un evento internazionale – di natura sportiva, economica o culturale –paragonabile ai Giochi Olimpici e Paralimpici. Alla sua terza occasione come città olimpica, dopo le precedenti esperienze del 1900 e del 1924, dal 26 luglio all’11 agosto Parigi diventerà la capitale globale (le Paralimpiadi si terranno dal 28 agosto all’8 settembre). Dovrebbe arrivare ad accogliere 10.500 atleti olimpici e 4.400 atleti paralimpici, provenienti da 206 Paesi, in rappresentanza dei cinque continenti, oltre a un numero imprecisato di turisti. Miliardi di telespettatori si collegheranno per assistere in diretta alle competizioni: sosterranno a distanza i loro beniamini, ammireranno le gesta dei talenti emergenti, scopriranno le discipline al debutto olimpico. E, nello stesso tempo, assorbiranno – più o meno consapevolmente – scorci, panorami e immagini della Ville Lumière in (sobria) versione olimpica.

L’architettura di Parigi città olimpica

Molto è già stato scritto sulla distribuzione urbana di alcune delle gare più attese e sulla scelta – rivelatasi vincente in fase di selezione, nel settembre 2017 – di puntare sulla combinazione tra un (ridottissimo) numero di nuove costruzioni e l’adozione di impianti sportivi temporanei in “luoghi cult” della città. Al di là dei record agonistici e degli immancabili sconfinamenti tra sport e geopolitica, i Giochi al via si candidano a essere ricordati per il tentativo di modificare il paradigma architettonico del “grande evento globale”. Come? Provando a sganciarlo tanto dall’immagine dei mega cantieri avviati in parallelo, quanto da quella dei controversi (e talvolta ingestibili) lasciti edilizi sul territorio. È chiaro che la volontà di impiegare (non solo come fondale) il patrimonio urbano e architettonico parigino esistente, rinnovando in parallelo decine tra stadi, impianti e piscine di cui beneficerà la comunità residente, sia una strategia in linea con la nuova consapevolezza ambientale. Allo stesso tempo, attribuire ulteriore visibilità alla Torre Eiffel o alla Reggia di Versailles è un atto capace di determinare varie conseguenze. Da parte si tradurrà verosimilmente in uno stimolo diffuso a visitare, una volta di più, la città e le sue bellezze. Dall’altro, agli occhi del mondo, sarà la dimostrazione del potenziale di queste sedi monumentali in termini di adattabilità funzionale: saranno mostrate sotto un’altra veste grazie a interventi transitori e reversibili che, forse, alle nostre latitudini non avrebbero avuto una facile gestazione.

Impianti temporanei, la bonifica della Senna e le nuove architetture delle Olimpiadi di Parigi

Qualche esempio? La monumentale Reggia di Versailles farà da cornice agli sport equestri e al pentatlon moderno; nello stadio provvisorio di Campo di Marte si svolgeranno delle partite di beach volley, scenograficamente disputate ai piedi della Torre Eiffel. La scherma e il taekwondo troveranno dimora nel risorto Grand Palais, a sua volta superba eredità in acciaio e vetro dell’Expo dell’anno 1900. Alcune delle gare di atletica si terranno nella piazza antistante l’Hôtel de Ville, opportunamente adeguata per l’occasione al pari del ponte Alessandro III, interessato tra gli altri sport anche al nuoto di fondo nella bonificata Senna. E dunque a Parigi per le Olimpiadi non si è costruito nulla? Non esattamente. Oltre ad alcune novità in ambito infrastrutturale, come l’estensione della rete metropolitana e del circuito delle piste ciclabili o altri interventi di trasformazione dello spazio pubblico in chiave green, l’unico nuovo edificio permanente espressamente realizzato ex novo per i Giochi è il (già pluripremiato) Olympic Aquatics Centre, imminente teatro delle gare di tuffi, nuoto sincronizzato e delle qualificazioni di pallanuoto. 

Olympic Aquatics Centre. ©architecture: VenhoevenCS & Ateliers 2:3:4: photo: Salem Mostefaoui
Olympic Aquatics Centre. ©architecture: VenhoevenCS & Ateliers 2:3:4: photo: Salem Mostefaoui

L’eredità architettonica di Parigi 2024: l’Olympic Aquatics Centre di Saint-Denis

Progettato dagli studi VenhoevenCS e Ateliers 2/3/4/, si trova a Saint-Denis; resterà in eredità alla comunità locale, che potrà impiegarlo per praticare anche altre discipline sportive, dato che è stato concepito in chiave multifunzionale. “Creare di più con meno: meno volume, meno materiali, meno energia, più connessione, più ispirazione per l’esercizio fisico, più natura, più flessibilità, più bellezza”: questo il proposito perseguito dai progettisti, autori di una struttura in cui tutto (incluso il design della sottile copertura lignea) intende contribuire alla riduzione dei consumi energetici, ovvero alla sfida cruciale per questo tipo di impianti. Il legno è stato ampiamente usato nell’opera, le sedute delle tribune sono state realizzate con plastica riciclata al 100% raccolta dal quartiere ma, come spesso accade, è quanto resta invisibile al primo sguardo a raccontare il senso profondo di un processo. A coronamento dell’Olympic Aquatics Centre si trova infatti uno dei più grandi parchi solari dell’intera Francia: con 4.600 mq di pannelli fotovoltaici, è destinato a soddisfare il 20% della produzione elettrica necessaria al funzionamento del centro. Non da ultimo, la vasca: innovativa, modulabile (con pareti mobili), multifunzionale. 

Villaggio Olimpico. ©Sennse-cbadet
Villaggio Olimpico. ©Sennse-cbadet

Dominique Perrault Architecture e il destino del villaggio olimpico e paraolimpico

Si resta, infine, nel medesimo quadrante cittadino, ovvero nella banlieue parigina di Seine-Saint-Denis, con l’altro rilevante intervento promosso contestualmente ai Giochi: il villaggio olimpico e paraolimpico, sviluppato da una pluralità di studi a partire dal masterplan di Dominique Perrault Architecture. Inaugurato già lo scorso febbraio dal presidente francese Emmanuel Macron e il presidente di Parigi 2024 Tony Estanguet, è condiviso tra i tre comuni di Saint-Denis, Saint-Ouen e L’Île-Saint-Denis e si estende su 52 ettari. Un nuovo quartiere, insomma, che include 2.500 nuove case, una residenza studentesca, un albergo, un parco di tre ettari e ulteriori sette ettari fra giardini e parchi, cui si sommano 120.000 mq di spazi per uffici e servizi e 3.200 mq di spazi commerciali. “Vogliamo costruire un quartiere modello per il 2025, anche per il 2050, in grado di offrire temporaneamente un’accoglienza d’eccezione agli atleti e alle loro delegazioni, ma capace di guardare al lungo periodo”, indicavano dallo studio diretto da Perrault nel 2019, identificando i due pilastri del progetto. In primis, il suo contributo nel più generale processo di rivalutazione del rapporto della città con la Senna, l’arteria nevralgica su cui si fonda l’intero programma urbano dei Giochi Olimpici (e una certa visione di futuro di Parigi); quindi l’idea di realizzare un villaggio inserito nel suo contesto, anziché un quartiere chiuso in se stesso, riservato. Aspetto, quest’ultimo, decisamente ambizioso e forse oggi più distante soprattutto se, come anticipato dal Guardian nei giorni scorsi, il 70% degli alloggi realizzati sarà immesso sul mercato immobiliare con prezzi al metro quadro che superano di circa il doppio la media degli alloggi in zona.

Valentina Silvestrini

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Valentina Silvestrini

Valentina Silvestrini

Dal 2016 coordina la sezione architettura di Artribune, piattaforma per la quale scrive da giugno 2012, occupandosi anche della scena culturale fiorentina. È cocuratrice della newsletter "Render". Ha studiato architettura all’Università La Sapienza di Roma, città in cui ha conseguito…

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