Tutti gli stilisti che sono anche architetti: i talenti della moda con una formazione da progettisti
Da Pierre Balmain a Virgil Abloh, e non solo, l’architettura ha plasmato la moda. Partendo dalla formazione dei propri autori che le rifanno il look stagione dopo stagione. Scopriamo alcuni stilisti che sono anche architetti
Nel panorama del design sono diverse le discipline di arti applicate, tra cui la moda e l’architettura. Anche se sono apparentemente distinte, le due discipline condividono un legame basato su creatività, struttura ed estetica. Infatti, diversi sono stati gli stilisti che si sono formati in architettura, scoprendo solo dopo la passione per la moda. Il passaggio tra i due mondi ha arricchito il loro bagaglio e approccio, portando nel fashion system innovazioni e prospettive alternative sulle passerelle. Vediamo chi ha fatto la storia del costume servendosi dell’architettura.
Al principio con Pierre Balmain e l’eleganza strutturale
“C’è una relazione tra il lavoro di un architetto e quello di uno stilista. Il fatto che uno costruisca in pietra e l’altro si affidi al cotone.. Non costituiscono differenze essenziali” affermava Balmain (San Giovanni di Moriana, 1914 – Parigi, 1982). Pierre studiò architettura presso l’École des Beaux-Arts di Parigi, trasportando la precisione della sua formazione nelle sue eleganti creazioni. Noto per le silhouette sofisticate e l’attenzione ai dettagli strutturali, che hanno definito lo stile del New French Style negli Anni Cinquanta, la sua abilità nel bilanciare struttura e femminilità ha influenzato generazioni di giovani stilisti. Tra le collezioni più famose, figura la Primavera/Estate 1952, caratterizzata da abiti voluminosi ma rigorosamente definiti dai tagli del tessuto, e il vestito da sera ricamato del 1947, un esempio dell’attenzione di Balenciaga per i dettagli.
Gianfranco Ferré: l’architetto della moda
Invece, Gianfranco Ferré (Legnano, 1944 – Milano, 2007), laureato in architettura presso il Politecnico di Milano, ha sempre integrato la sua formazione architettonica nelle proprie creazioni. Conosciuto come “l’architetto della moda”, Ferré ha portato un approccio strutturato nel design dei suoi capi. Negli Anni Ottanta, la moda era dominata da silhouette audaci e costruzioni imponenti, e lui si è distinto per linee pulite e costruzione sapienti: “La moda deve essere un’arte applicata, che sappia rispondere alle esigenze di funzionalità e bellezza” diceva. Lo si ricorda per aver deciso di rileggere i codici della classica camicia bianca, rendendola più femminile attraverso drappi di tessuto e stravolgimenti del design del capo. Tra le sue collezioni iconiche, spicca la collezione Autunno/Inverno 1988 per l’uso innovativo di tessuti rigidi e la collezione Primavera/Estate 1994 per gli abiti fluidi e drappeggiati che richiamano architetture organiche.
Mugler e Ford, tra moda e architettura
Un altro fu Thierry Mugler (Strasburgo, 1948 – Parigi, 2022). Formatosi in danza ma appassionato di architettura, ha portato un tocco futuristico e scultoreo negli abiti. Mugler ha sempre visto la moda come una forma di espressione artistica, dove l’architettura del corpo è accentuata e trasformata in qualcosa di straordinario, che attinge da mondi paralleli che sembrano realtà in passerella. Come avvenne per la collezione Autunno/Inverno 1995, fatta di abiti dalle forme scultoree quanto futuristiche. E anche Tom Ford (Austin, 1961) vede la moda come una forma di architettura del corpo. Laureato alla Parsons School of Design, ha preso la cura per le peculiarità degli oggetti e l’ha applicata sia per il suo brand sia quando ha diretto creativamente Gucci, rendendolo un fenomeno degli Anni Novanta e Duemila, tutt’oggi ricordato con amore. Le fattezze di modelli e modelle venivano esaltate da completi sfiancati e aderenti, abiti con tagli in punti ad hoc, schiene scoperte fino in profondità e pelle nuda alternata a velluti e sete. Tra le sue creazioni più celebri, il vestito da sera indossato da Gwyneth Paltrow agli Oscar del 2012 e la collezione Primavera/Estate 2020, esempio di come continui a integrare elementi di design nelle collezioni.
Virgil Abloh: l’innovazione concettuale
“L’architettura è la madre di tutte le arti” affermava Abloh (Rockford, 1980 – Chicago, 2021), sottolineando come la sua formazione abbia influenzato il modo di vedere design e moda. Con una laurea in ingegneria civile e un master in architettura, ha rivoluzionato il mondo del fashion grazie ad un approccio concettuale. Fondatore del marchio Off-White e direttore artistico delle collezioni maschili di Louis Vuitton, Abloh ha introdotto un nuovo linguaggio visivo, spesso esplorando la destrutturazione e la ricostruzione dei capi in favore dello streetwear più puro, quindi della moda di strada. La collezione uomo Primavera/Estate 2019 per Louis Vuitton è un esempio di silhouette innovative, che uniscono eleganza formale e sportività quotidiana, e di un uso audace dei colori. Ad esempio, nella giacca “Keepall” con motivo a scacchi si uniscono elementi di design industriale ad altri tipici dell’abbigliamento.
Gli stilisti appassionati di architettura
Anche gli stilisti senza una formazione in architettura hanno spesso tratto ispirazione da questa disciplina. Hussein Chalayan (Nicosia, 1970), pur non avendola studiata, ha integrato alcuni concetti di design nelle collezioni che lo hanno reso celebre per l’uso di materiali non convenzionali e per le trasformazioni dinamiche dei capi. Che sia attraverso la struttura, la forma o l’innovazione, l’architettura continua a influenzare il design della moda in un costante gioco di dare e ricevere, in cui i fashion designer dimostrano quanto le due discipline si intersecano e arricchiscono a vicenda.
Erika del Prete
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati