Fare rigenerazione culturale con una residenza d’artista. Succede nel borgo di Londa in Toscana

Fino a domenica 8 settembre 2024, il piccolo comune di Londa in provincia di Firenze, ospita il programma di restituzione della residenza d’artista “A dimora”. Il racconto della curatrice Martina Aiazzi Mancini

In quale modo le pratiche artistiche possono contribuire a generare connessioni tra persone e territori, con particolare riguardo per le aree interne montane? Stimolare riflessioni su spazi fisici, servizi ecosistemici, patrimonio culturale e modelli economici comunitari è uno degli obiettivi della residenza d’artista A dimora, un’esperienza senza precedenti nel contesto montano fiorentino alla quale quest’anno hanno preso parte Tommaso Mannucci (Monograff), Arianna Pace, e Ornella Cardillo. Svelate in un programma di tre giorni, in corso fino a domenica 8, le loro opere hanno carattere permanente: un murales nel centro del paese; un giardino/paesaggio incastonato nella collina; una scultura luminosa sulle rive del lago. Seguono quelle realizzate nell’estate del 2023 da Alberonero, Agnese Banti, Simone Carraro e Iacopo Seri. Ne abbiamo parlato con la curatrice Martina Aiazzi Mancini.

A dimora, la residenza d’artista del progetto Montagna Fiorentina

A dimora è incluso nel più vasto programma Montagna Fiorentina. Di cosa si tratta?
Montagna Fiorentina è un piano di rigenerazione territoriale a base culturale, sorto dalla collaborazione tra i comuni di Londa e San Godenzo – entrambi in provincia di Firenze, nella Valdisieve, formano la “porta di accesso” al Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna – e LAMA Impresa Sociale. Quest’ultima è una società cooperativa di base a Firenze, che da circa 18 anni opera nel territorio, occupandosi di accompagnare organizzazioni ed enti in processi di trasformazione e rigenerazione territoriale e urbana, in ottica sostenibile.

Dunque, due piccole realtà delle aree interne italiane scelgono di unire le forze per prendersi cura di loro stesse e di chi le abita.
Quella sviluppata è una strategia di rigenerazione locale che si pone l’obiettivo di realizzare una relazione tra il tessuto urbano dei due piccoli centri, le rispettive emergenze naturali e le comunità locali. Nel corso degli ultimi trent’anni, le aree interne (non solo della provincia di Firenze) hanno subito un invecchiamento della popolazione e un graduale spopolamento (sebbene ora si registri una leggera controtendenza, specialmente da parte dei giovani). Cosa fare? Montagna Fiorentina comprende una molteplicità di linee di interventi, che potremmo definire software e hardware. Tra questi rientra la residenza d’artista A dimora, il cui nome rispecchia l’approccio integrato tipico di LAMA.

A dimora, 2023, Luca Boffi Alberonero. Credits, Luisa Costa
A dimora, 2023, Luca Boffi Alberonero. Credits, Luisa Costa

Ovvero?
Per LAMA le pratiche artistiche sono uno strumento e un mezzo per attivare una conversazione di ampio respiro, per parlare di identità, comunità, territorio. In questo caso, anche per interagire con Londa come “entità”, un luogo con una sua anima e sue specifiche caratteristiche anche dal punto di vista ambientale. A noi preme che quella immaginata attraverso A dimora sia un’identità culturale condivisa, mediata, non creata dall’alto.

Fare arte contemporanea nelle aree interne d’Italia

In quale modo avete perseguito questo obiettivo?
A livello di approccio al concetto di residenza, abbiamo deciso di facilitare il percorso, sia per gli artisti, sia all’interno della comunità (che è una piccola e conta circa duemila abitanti), adottando una dinamica di mediazione condivisa. Nel 2023, primo anno di A dimora, la residenza è stata strutturata secondo una forma lunga: abbiamo chiesto agli artisti di restare per tre mesi (da giugno ad agosto), e di produrre un’opera a settembre. Quest’anno abbiamo ridotto a due mesi (giugno e luglio), ma si tratta comunque di un tempo lento, generoso, in cui hanno potuto affinare le idee, ricevere supporto da parte nostra, orientarsi nelle dinamiche del paese, entrare in contatto con le persone.

Concentriamoci proprio su di loro. Quali feedback avete raccolto dalla comunità locale dopo questo biennio di residenze, anche in considerazione della natura permanente degli interventi?
Innanzitutto A dimora è arrivato dopo un percorso di accompagnamento condotto da LAMA: un lavoro capillare di condivisione, informazione, scambio, esplorazione, con tavoli tematici e percorsi partecipativi. Quindi per gran parte della comunità non c’è stato un effetto sorpresa; tuttavia sono sorte “reazioni fisiologiche”, tra chi non si è quasi accorto di quanto stava accadendo e chi si è spontaneamente offerto per dare una mano, scegliendo di essere parte di quanto stava accadendo con una forma di gioiosa collaborazione spontanea e una genuinità a tratti toccante. La risposta complessiva è stata positiva: abbiamo rilevato curiosità, voglia di mettersi in discussione e di riflettere sul senso di quello che stava avvenendo, ovvero la nascita di un’opera d’arte in un luogo che si sente proprio, ma che per la prima volta si può osservare attraverso degli occhi degli artisti. Tra meraviglia e stupore.

Nessuna voce fuori dal coro?
C’è stato anche chi non ha apprezzato, com’è tuttavia ovvio che sia: il nostro non è un processo di evangelizzazione. Piuttosto lavoriamo per la rigenerazione e quindi accogliamo sempre l’eterogeneità delle risposte. Piacere a tutti non è l’obiettivo.

Tre opere d’arte permanenti nel borgo fiorentino di Londa

Per quanto riguarda il processo e la scelta dei luoghi: avete lasciato carta bianca agli artisti o c’è stato un percorso di selezione compiuto singolarmente, sulla base dei media artistici?
Ha prevalso la varietà degli approcci. In linea generale, abbiamo cercato di lasciare libertà di ricerca e di indagine agli artisti. Londa è fatta da una molteplicità di luoghi, tra fiumi, cascate, montagne, che in LAMA conosciamo grazie al lungo dialogo con Comune, aziende e associazioni del territorio. In quelli che reputiamo interessanti portiamo gli artisti, invitandoli a esplorare il contesto anche con la comunità locale, che spesso ci presenta nuovi angoli. Sulla scelta finale incide il tipo di pratica e gli esiti possono essere diversi: quest’anno Tommaso Mannucci (Monograff), da subito ha sognato di poter dipingere un portico coperto e, alla fine, così è stato. Altre volte è stato necessario più tempo e gli artisti hanno poi trovato il loro “luogo del cuore”.

A dimora, 2023, Agnese Banti. Credits, Alessandro Bartoletti
A dimora, 2023, Agnese Banti. Credits, Alessandro Bartoletti

Conclusa questa tre giorni settembrina, come andrà avanti il progetto?
Ci sarà una terza edizione nel 2025 di A dimora, che è finanziato da Montagna Fiorentina, con fondi PNRR Cultura ed è co-finanziata dal Progetto Europeo Future DiverCities (attraverso un programma che è attivo in 8 città europee, inclusa Firenze, e punta allo sviluppo di nuovi interventi culturali attraverso il riuso di spazi abbandonati e una specifica attenzione per l’ecologia).

Qualche novità in vista del prossimo anno?
Cercheremo con tutte le nostre forze di promuovere una open call tra gli artisti (anziché procedere con la formula dell’invito). Ci piacerebbe, infatti, poter ricevere un numero significativo di proposte, anche da parte di artisti, artiste e collettivi che ancora non conosciamo direttamente, così da portare nuove energie a Londa. E poi, per il futuro, lasciamo le porte aperte. Più in generale penso che la formula della residenza artistica abbia una tale potenza, specialmente in Italia, da essere la modalità giusta per esprimere pienamente le necessità di una comunità come quella di Londa, così come di quelle presenti nelle aree interne e fuori dai grandi centri culturali, ovvero in territori con i quali forse non saremmo mai entrati in connessione. L’arte, invece, ci consente di attivare questo dialogo, di arricchirci con lo scambio, e di conoscere più a fondo natura e identità dei luoghi che circondano le nostre città.

Valentina Silvestrini

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Valentina Silvestrini

Valentina Silvestrini

Dal 2016 coordina la sezione architettura di Artribune, piattaforma per la quale scrive da giugno 2012, occupandosi anche della scena culturale fiorentina. È cocuratrice della newsletter "Render". Ha studiato architettura all’Università La Sapienza di Roma, città in cui ha conseguito…

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