La Sicilia sta perdendo i suoi secolari giardini pubblici?

Viaggio nei giardini secolari dell’isola, da luoghi del degrado a terra di nessuno. Tra restyling e rigenerazioni, del patrimonio culturale verde rischia di non restare un filo d’erba. Un’analisi dell’architetto, studioso di storia del giardino e del paesaggio Gabriele Mulè

Che i giardini abbiano vita effimera è cosa che appartiene alla sfera stessa del loro essere. Essere terra, essere piante, essere acqua, essere composto cioè da organismi viventi ed elementi mobili, obbliga a fare i conti con il tempo e le sue manifestazioni: la vita delle piante, i mutamenti del sole, della pioggia, della luce e del vento, l’avvicendarsi ciclico delle stagioni e degli anni. Nel giardino tutto cambia, più o meno velocemente, destinato a rinnovarsi o perire, a essere, appunto, effimero. Ma pare che questa intrinseca qualità sia pretesto, in Sicilia, per la loro cancellazione, e secolari giardini pubblici, ancorché tutelati, siano le vittime predestinate di un colpevole oblio.

La storia dei secolari giardini pubblici della Sicilia

Di questo patrimonio ormai ultracentenario esistono in Sicilia innumerevoli esempi: uno per paese, oserei dire. Eppure tutti, o quasi, luoghi negletti, relitti della storia destinati alla più barbara delle damnatio memoriae. Luoghi scientemente abbandonati al degrado, che sono diventati scenario di traffici, vandalismo, malaffare: sottratti alla vita e alla virtù cui erano destinati, hanno trasmesso il paradigma che il giardino sia terra di nessuno. Sovente questi giardini non sono nemmeno segnalati nei pur recenti piani paesaggistici, un’amnesia di proporzioni inenarrabili. Eppure i giardini pubblici storici sono beni culturali tutelati per legge, il che viene ricordato solo in extremis, quando è rimasto poco o niente dopo “restyling”, “riqualificazioni” e “rigenerazioni” promossi dalle amministrazioni locali in completa libertà. Il che la dice lunga, lunghissima, sul modo strattonato, improvvisato e intorpidito con cui il tema del giardino e del paesaggio viene affrontato in sede di gestione, valorizzazione e tutela. A salvarsi, sotto l’ala protettrice di saggi e influenti numi tutelari, i giardini e ville delle città metropolitane destinatarie di una pioggia di milioni dal programma Next Generation UE: da Palermo a Catania, fino a Messina, dal Giardino Inglese alla Villa Bellini, si sono mobilitati, virtuosamente, architetti, agronomi, botanici, storici…

Cosa sta accadendo al verde storico di Ragusa, Mazara e Canicattì?

Altrove, nelle provincie dell’impero siciliano, l’incultura del verde storico colpisce un diffusissimo patrimonio culturale che viene polverizzato, con scempi tollerati, accompagnati, consentiti. Nessuno si è accorto che nel 2023 il giardino pubblico di Villa Jolanda a Mazara del Vallo, in provincia di Trapani, sia stato rivoltato come un calzino: 350.000 euro per squarciare un delicato giardino post-unitario con un intervento invasivo, rude, privo di sensibilità storica, vegetale, filologica, realizzato senza lo straccio di un nullaosta della Soprintendenza. Non stupisce che la gara d’appalto sia stata inquadrata nell’ambito “strade, autostrade, ponti, viadotti, ferrovie, metropolitane”, a qualificare l’anno zero della tutela del verde storico. Caso simile a Ragusa, dove il bando di gara per il restauro di Villa Ibla è stato corretto per il rotto della cuffia, assegnando la categoria giusta: “Restauro e manutenzione di beni immobili tutelati”, ovviamente. A Canicattì (Agrigento), la villa nata negli Anni Venti del secolo scorso grazie a una corale partecipazione popolare, già rimaneggiata, rischiava una disinvolta e ampiamente pubblicizzata amputazione per ampliare lo stadio confinante: solo una battagliera petizione cittadina ha allertato la Soprintendenza che ha bloccato lavori già appaltati (!).

Il restyling del verde pubblico da Noto alla provincia siciliana

Nel 2021 a Noto, la locale sezione di Italia Nostra si è dovuta armare di pazienza e far rilevare l’ovvio: che una pavimentazione in calcestruzzo fosse inadatta per “restaurare” la storica villa comunale, che il progetto dovesse essere redatto da un architetto e che, last but not least, ottenere il parere della Soprintendenza è obbligatorio. A Resuttano (Caltanissetta) grazie a un finanziamento da un milione di euro il comune ha aggiudicato un progetto di recupero del Parco delle Rimembranze, giardino che si dividerà tra la memoria dei caduti della Grande Guerra e le grida di un parco avventura, un parcheggio e un teatro all’aperto, abbattendo, tra l’altro, circa 30 alberi. A Valguarnera (Enna), il comune ha ottenuto nel 2022 un milione di euro dalla Regione Siciliana per radere al suolo il suo giardino pubblico, spianando una piazza firmata da un ingegnere.

L’impareggiabile ruolo delle ville comunali nel contesto siciliano

Triste fine anche per le ville comunali, che dalla seconda metà dell’Ottocento hanno progressivamente fatto la loro comparsa su tutto il territorio isolano. Nelle città dell’entroterra segnate dal latifondo come nelle pigre città costiere, nascevano come conquista di urbanità, segno di una società che aspirava all’essere borghese, cittadina, progressista. Luogo della passeggiata, della memoria, dell’ozio, popolato di busti d’eroi minori col tempo fattisi camusi, illustri penati della cittadina e del borgo, punteggiati da fontane che facevano dannare i fontanieri, da architetture che sapevano di mondanità (coffee house, tempietti della musica, gothic follies). Luoghi periferici eppure sensibilissimi al diapason della moda e del pensiero, che si increspavano di rimandi e metafore nell’impalpabile linguaggio simbolico della filosofia, della massoneria, della politica. All’interno dei loro confini delimitati, a foggia degli square londinesi, da cancellate Art Nouveau e Déco, si infoltiva un patrimonio vegetale di varietà esotiche, di yucche ed aloe, di ficus monumentali e palme svettanti, di siepi verdeggianti e fiorite. Vi si scopriva una nobile popolazione vegetale, un verde senza utilitas, contraltare della rustica semplicità del jardinu delle masserie di campagna popolato dal fico, del gelso, dal mandorlo, dal limone, dall’azzeruolo, alberi in cui il fiore era preludio del frutto e non andava mai raccolto. Il fiore, fonte di severi ammonimenti indirizzati ai fanciulli, ché non li cogliessero per farne abbellimento in una regione in cui la malnutrizione mieteva vittime ancora al tempo di Danilo Dolci. Le ville comunali erano dunque ambasciate di un nuovo senso del bello, che si offriva a tutti, al contadino come al piccolo possidente, a chi cioè mai dalle piante aveva ricavato altro se non nutrimento, pena e lavoro amaro come una catena. Nell’ombroso riparo del giardino pubblico si trovò, fuori dai circoli, una natura rigogliosa, rifugio per i discorsi, per il pensiero, per il motto salace e licenzioso, nei colori del dialetto.

Iniziative “dal basso” in difesa del verde storico pubblico

Oggi, con incredibile ritardo e un risibile finanziamento di 45.000 euro, si catalogano 151 parchi e giardini storici siciliani (che sono in realtà molti di più!). Nel silenzio quiescente si altera il tessuto storico e vegetale di centinaia di giardini considerati “minori”, con tracotanza progettuale e amministrativa, con la disattenzione di chi deve vigilare sui beni culturali del verde pubblico, storico o storicizzato che sia. Facendo i conti con il contesto generale, non resterebbe che una profonda amarezza. Se non fosse che resistono, cocciutamente, senza fondi, da soli, alcuni luminosi esempi, baluardi e custodi di una tradizione che, a questo punto, sa di pietas virgiliana: a Pietraperzia, un paese di 6.000 anime in vista di Caltanissetta, attorno alla villa comunale, esempio di Parco delle Rimembranze inaugurato nel 1932, è nato nel 2023 un movimento spontaneo di cittadini e di imprese locali, unito all’amministrazione comunale. C’è chi ha stanziato somme (40.000 euro), chi si è tirato su le maniche potando siepi e spazzando viali, chi ha donato denaro, chi il proprio lavoro, chi giochi per bambini, chi persino una fontana. Riportando la luce, in ogni senso, dove prima pesava solo il buio di questi tempi difficili.

Gabriele Mulè

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Gabriele Mulè

Gabriele Mulè

Gabriele Mulè è architetto, studioso di storia del giardino e del paesaggio, con un penchant per i viaggiatori britannici del Grand Tour. Si divide tra libera professione ed attività di ricerca, ha partecipato come relatore a diverse conferenze (tra queste:…

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