Hong Kong: abitare la densità verticale
La straordinaria densità verticale di Hong Kong è tra le peculiarità della città asiatica. Ma a quale costo? Quali sono le condizioni abitative locali? Una ricognizione che guarda al futuro e alla possibile formazione di un’unica metropoli con la vicina Shenzhen

Con una popolazione di sette milioni di persone concentrate in un’area di 1,115 km² (quasi quanto il comune di Roma), Hong Kong è una delle città più densamente popolate del pianeta. Secondo i dati territoriali, le zone edificate occupano solo il 24% del suolo, mentre le aree rimanenti sono costituite da un paesaggio tropicale costituito da riserve naturali, isole e parchi rurali. Un territorio spesso sorprendente, dove queste due realtà opposte convivono creando contrasti insoliti. La morfologia del territorio, composto da rilievi montuosi e collinari, ha fortemente condizionato lo sviluppo urbano di Hong Kong concentrando le aree edificate in porzioni ristrette del suolo. Questa condizione ha favorito la crescita di una densità verticale straordinaria, il paesaggio della città è segnato da una fitta concentrazione di edifici alti, espressione fisica di un uso estremamente intensivo del suolo.



La condizione abitativa di Hong Kong
La densità media della popolazione è di circa 28.000 abitanti per chilometro quadrato — quattro volte superiore a quella di Milano — con punte che superano i 56.000 nel quartiere di Kwun Tong. Il fotografo Michael Wolf, nel suo reportage The Architecture of Density, ha rappresentato in maniera sorprendente la condizione abitativa di Hong Kong. Le sue fotografie catturano la ripetizione seriale degli appartamenti, che si trasforma in un pattern visivo indistinto, capace di raccontare in modo efficace la densità verticale della città.
Va sottolineato che l’amministrazione del suolo svolge un ruolo cruciale nell’economia di Hong Kong, poiché una parte significativa delle entrate governative deriva dal trasferimento dei diritti d’uso del territorio. Sebbene in teoria il controllo del suolo appartenga allo Stato, nella pratica è il settore privato a godere di ampia libertà nello sviluppo, grazie a contratti di locazione a lungo termine – in alcuni casi risalenti al periodo coloniale e della durata di 999 anni.
La convergenza tra interessi finanziari e meccanismi di pianificazione ha avuto un impatto determinante sulla crescita fisica ed economica della città. In questo quadro, la moltiplicazione verticale del suolo edificabile si configura come una risposta necessaria sia alla crescente domanda abitativa, sia alla volontà di incrementare esponenzialmente la rendita fondiaria. In alcuni complessi immobiliari si raggiungono indici di edificabilità di 8, 9 o persino 10 – valori impensabili per le nostre aree urbane.
Capire il mercato residenziale di Hong Kong
Paradossalmente rispetto alla massa costruita, la condizione abitativa si traduce in uno dei rapporti persona-metro quadro più restrittivi al mondo. Secondo i dati del censimento del 2021, la superficie abitativa mediana pro capite delle famiglie a Hong Kong era di circa 16 m² — la metà rispetto a un appartamento tipico in Giappone e quasi quattro volte inferiore rispetto ai circa 60 m² disponibili pro capite nelle città italiane come Roma e Milano.
Nel corso degli ultimi vent’anni, l’impennata dei prezzi immobiliari – più che quadruplicati – ha collocato stabilmente Hong Kong ai vertici delle classifiche internazionali come il mercato residenziale meno accessibile al mondo. Famiglie composte da 3 a 5 persone si trovano spesso a vivere in spazi estremamente ristretti, con un impatto negativo sulla qualità della vita. Questa crisi abitativa ha favorito la diffusione delle Subdivided Units (SDU) – micro-alloggi in affitto ricavati suddividendo un’unica unità abitativa in più spazi autonomi, ciascuno con una superficie compresa tra i 10 e i 20 m².

Dentro alle Subdivided Units di Hong Kong
Le SDU possono essere considerate una forma di baraccopoli verticale, inserita nel tessuto edilizio esistente e destinata alle fasce più vulnerabili della popolazione urbana. A causa della loro collocazione discreta e della configurazione interna, queste abitazioni rimangono in gran parte invisibili agli occhi dell’opinione pubblica. In questo contesto, va menzionato il lavoro di Domat, un collettivo di architetti che, in collaborazione con diverse ONG, ha progettato mobili componibili per ottimizzare lo spazio e migliorare le condizioni abitative nelle SDU. Un recente studio della Chinese University of Hong Kong (CUHK) ha addirittura dimostrato che il costo al metro quadro delle SDU è di gran lunga superiore alla media delle abitazioni private dei quartieri più centrali della città.


Le difficoltà di accesso agli alloggi delle giovani generazioni
Spesso i giovani riescono a trovare uno spazio abitativo accedendo agli alloggi universitari, a condizione di potersi permettere il costo degli studi, oppure vivendo in ostelli, dove condividono ambienti e servizi con altri. Questa situazione riguarda anche molti giovani lavoratori, che scelgono soluzioni simili per contenere le spese nella speranza di riuscire a mettere da parte abbastanza denaro per l’anticipo su una futura abitazione. In un contesto come quello di Hong Kong, l’affitto non è più una scelta, ma una necessità.
Consapevoli delle lunghe liste d’attesa, molti giovani di Hong Kong si iscrivono sin da subito alla graduatoria per l’edilizia pubblica sovvenzionata. Tuttavia, molti di loro si ritrovano ancora in attesa anche dopo i 30 anni. Paradossalmente, per non perdere i requisiti di accesso, scelgono spesso di accettare lavori saltuari e poco remunerativi, così da non superare la soglia di reddito che li escluderebbe dalla graduatoria. La pratica del “lying flat”, ovvero la decisione consapevole di ridurre al minimo l’impegno lavorativo e sociale, è spesso oggetto di dibattito pubblico. A Hong Kong, questa scelta mette in luce le criticità di un sistema percepito da molti come inaccessibile e ingiusto, che di fatto rende quasi impossibile per le fasce più giovani della popolazione accedere alla proprietà di un appartamento.
Hong Kong tra speculazione immobiliare e crescita della popolazione
Secondo le stime contenute nel documento di sviluppo HK2030+, Hong Kong si prepara ad accogliere quasi un milione di nuovi abitanti, portando la popolazione residente a circa 9 milioni. Numerosi progetti di trasformazione urbana sono attualmente in corso e contribuiranno ad aumentare in modo significativo la presenza umana anche nelle aree rurali del territorio. Parallelamente, in diversi quartieri della città, nuove torri residenziali multipiano stanno rapidamente sostituendo vecchi edifici abitativi, trasformando profondamente la struttura urbana, il rapporto tra edificio e spazio pubblico, e attivando al tempo stesso un costante processo di gentrificazione in vari quartieri.

La speculazione immobiliare sta assumendo un ruolo sempre più rilevante nel panorama urbano di Hong Kong. Un esempio emblematico è rappresentato dal nuovo complesso residenziale State Pavilia, attualmente in fase di costruzione nella zona est dell’isola di Hong Kong. Nonostante i costi proibitivi per la maggior parte dei residenti, il progetto ha recentemente registrato oltre 4.800 manifestazioni di interesse da parte di potenziali acquirenti, ciascuno dei quali ha versato un deposito sotto forma di assegno per avere la possibilità di acquistare uno dei soli 168 appartamenti disponibili. Il complesso include varie unità abitative con superfici comprese tra i 32 e i 67 m², corrispondenti a un costo al metro quadrato compreso tra €22,000 e €36,000.
Hong Kong e Shenzhen: un futuro come unica metropoli?
È evidente che una delle prossime sfide per Hong Kong sarà trovare un equilibrio tra la crescita urbana e il diritto dei cittadini a riappropriarsi del proprio territorio. Si tratta di una questione strettamente legata al futuro dell’urbanizzazione, in cui Hong Kong e la città cinese di Shenzhen – situata a pochi chilometri dal confine settentrionale – tenderanno ad amalgamarsi in un’unica metropoli. Un processo che, a partire dal 2047, quando la città tornerà sotto il pieno controllo di Pechino, solleverà interrogativi cruciali sui modelli di sviluppo da adottare e sulla ridefinizione delle identità culturali, sociali e spaziali di questa nuova e complessa realtà.
Francesco Rossini
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