More with less
Se le archistar costruiscono il meno con il più, nel senso che le loro opere si caratterizzano per un surplus di forma e di mezzi tecnici a disposizione, l’imperativo oggi è, al contrario, di realizzare il più con il meno: more with less. L’affondo di Luigi Prestinenza Puglisi.
Lo slogan more with less, è facile notare, è l’ennesima versione del celeberrimo less is more attribuito a Mies van der Rohe. Una, aggiungerei, delle sue innumerevoli varianti: less is a bore secondo Robert Venturi; less is less if it is not more per Frank L. Wright; less is more? I am a whore per Philip Johnson. Arrivato per ultimo, sta godendo di una certa fortuna. Perché sintetizza il crescente bisogno di fare di necessità virtù e l’ambizione di chi crede in un mondo senza sprechi, ma non per questo povero di fantasia, inventiva e creatività che sostituisca quello cinico e sciupone responsabile della più grave crisi economica dai tempi del crack del 1929.
A cogliere la palla al balzo, con il tempismo che lo caratterizza, è stato l’ex assessore e architetto Stefano Boeri, il quale ha trasformato lo slogan nel titolo di un suo recente Fare di più con meno. Idee per riprogettare l’Italia, un libro intervista scritto con Ivan Berni, edito da Il Saggiatore. Ma chi sta lavorando da progettista su questo tema è Mario Cucinella. Al quale, almeno in Italia, andrebbe il copyright, avendolo utilizzato da quando l’attenzione per l’ambiente, almeno tra i costruttori di edifici, non era uno fra i temi più alla moda.
A mostrare che non si tratta solo di uno slogan, Cucinella ha avanzato numerose proposte: la sua più famosa è una casa sostenibile, anche psicologicamente, nel senso che non si tratta della solita prigione disegnata in base all’aberrante logica dell’existenz minimum, dal costo di 100mila euro. Ma la più intelligente è una scuola che ha recentemente progettato a Gaza per conto dell’Unrwa, l’organizzazione delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei profughi palestinesi, con il sostegno della Banca Islamica e il fondo del Kuwait per lo sviluppo. In Palestina non è pensabile impiegare tecnologie complesse, per i costi di installazione e, soprattutto, per le difficoltà di manutenzione. Occorre ricorrere a sistemi semplici, efficienti, puntando sul software dell’intelligenza progettuale piuttosto che sull’hardware edilizio: da qui pilastri di circa due metri di diametro in cemento riempiti con terra di riporto per accrescere la massa termica; la scelta di coperture aggettanti per la protezione dai raggi del sole; un manto di copertura ventilato; la vegetazione per mitigare la temperatura esterna. E pannelli solari e celle fotovoltaiche.
Nulla di particolarmente nuovo, si dirà. La novità è un’altra: la scuola, oltre a essere semplice da mantenere, è pure bella da guardare. Nel più di Cucinella c’è, infatti, il surplus dell’invenzione estetica.
Luigi Prestinenza Puglisi
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #11
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