Un corridoio verde per riscattare l’India
Ottobre 2012: le Nazioni Unite bocciano Mumbai, definendola una metropoli poco vivibile in termini di sostenibilità ambientale, emissioni di CO2, mobilità urbana e qualità della vita. Ma la città, capitale dello stato del Maharashtra, guarda al futuro.
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Mumbai sta lavorando al progetto di un corridoio industriale e tecnologico che la collegherà a Delhi, per una lunghezza complessiva di oltre 1.400 km. Un investimento quantificabile in 90 miliardi di dollari, fortemente sostenuto dal Giappone, che rivoluzionerà i collegamenti interni e l’economia locale dei sei Stati coinvolti.
Uno degli assi principali di intervento riguarda la realizzazione, e in parte il restyling, di 24 nuove “green cities”, città-satelliti ipertecnologiche e avanzate in termini di autosufficienza energetica, riciclaggio dei rifiuti e recupero idrico. Sette le città finora coinvolte nel progetto, che si concluderà nel 2017 e prevede un ingente coinvolgimento di fondi giapponesi, tenderà anche ad alleggerire il sistema di trasporto pubblico congestionato di Mumbai, con conseguente miglioramento della qualità dell’aria.
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Traffico a Mumbai
Nei prossimi anni la pianificazione territoriale indiana dovrà però risolvere anche problemi di ordine sociale ed economico: la contrapposizione netta tra i numerosi green building presenti nella città di Mumbai rende ancora più macroscopica la presenza di Dharavi, una delle più grandi baraccopoli asiatiche, e di una risposta distorta all’emergenza abitativa quali sono i vertical slums, emblematici casi di appropriazione temporanea di spazi pubblici.
Inoltre oltre la metà delle persone che vivono in aree urbanizzate non dispone di una fonte sicura di reddito e la maggior parte dei fondi urbani è gestita da una élite benestante, che tende a promuovere esclusivamente interventi strategici per pochi eletti.
Elisabetta Biestro
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #12
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