L’anima hitech del Prado
Esperimenti simili, nei musei contemporanei, sembrano essere sempre più frequenti, oltre che richiesti: pare cioè che le grandi istituzioni culturali - in questo caso il Prado - non possano più fare a meno di essere affiancate da laboratori che strizzino l'occhio alle nuove tecnologie. Spazi ibridi spesso, dinamici, officine creative in senso lato.
A Madrid, è del 2012 il progetto del Prado MediaLab, “uno spazio orientato alla produzione, la ricerca e la diffusione della cultura digitale e dell’interazione tra arte, scienza, tecnologia e società“, realizzato dal duo di architetti Maria Longarita e Victor Navarro: uno scheletro nello scheletro, una serie di volumi articolati e interconnessi affiancati in modo dialettico, quasi un corpo infiltrato e parassita, seppur leggero, coi suoi blocchi estrusi, sospesi a mezz’aria.
Per pacifica coesistenza di opposti, la scatola ospitante è la ex Serreria belga, un edificio dei primi Anni Venti, costruito da Manuel Alvarez Naya come uno dei primi esempi di architettura in cemento armato della città. Impossibile quindi negargli le sembianze originarie, snaturare il sapore brutalista, appropriandosi del fabbricato esistente non solo come narrazione storica, ma anche come contenitore di energie latenti. L’intervento qui si concentra sugli interni, in un’operazione linguistica simile a quella effettuata da Lacaton e Vassal per il Palais de Tokyo: l’idea è quella di lasciare intatto il contenitore, tirarne fuori – enfatizzandole – le sue peculiarità costruttive, i suoi impianti a vista, i suoi materiali grezzi. Pensare cioè la performance architettonica come una stratificazione di livelli di cambiamento nel corso del tempo. Per questo sono stati scelti sistemi di costruzione leggera e rimovibile e materiali di recupero, economici e smontabili (per 1.600 euro/mq). Il tocco contemporaneo è dato dalla scelta cromatica, con campiture fluo, arredi ricavati da pallet, parapetti in rete da pollaio, scale autoportanti e sghembe alla Escher.
Grande risalto è dato al prospetto principale, a triplice altezza, una sorta di cattedrale del digitale semplificata all’osso, trasparente in modo da lasciare intravedere il complesso sistema di volumi che si articolano all’interno e che variano colore al variare delle ore del giorno. Uno spazio aperto, libero, dove sperimentare sia la parola d’ordine: senza pregiudizi, senza limitazioni e senza fili.
Giulia Mura
www.longarita-navarro.com
http://medialab-prado.es/
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