Madrid 2020: un cambio di paradigma?
Prima il boom economico e poi la recessione. Madrid mette in pratica nuovi modelli di gestione del territorio. Niente a che vedere con le solite speculazioni edilizie. Perché lo spazio pubblico viene prima di tutto.
Dopo anni di profonda recessione economica, la Spagna fa oggi i conti con le macerie di un modello di sviluppo auto-alimentato da una gigantesca bolla immobiliare. A suo modo Madrid condensa le contraddizioni e le ambiguità di tutto il Paese. Se durante gli anni del boom economico sono state rilasciate nella capitale spagnola fino a 78mila autorizzazioni edilizie l’anno, oggi il fenomeno si è drasticamente ridotto (8mila nel 2012) ma non del tutto arginato. Si prevede che nel decennio 2010-2020 saranno costruiti circa 147mila nuovi alloggi. In questo modo, al netto del reale fabbisogno abitativo, almeno 128mila appartamenti rischiano di rimanere inutilizzati.
Alla diffusione generalizzata di pratiche speculative, i cui effetti sociali ed economici sono stati devastanti, l’amministrazione madrilena ha provato a contrapporre una serie di politiche urbane volte ad arrestare tale processo e a configurare un modello di gestione del territorio totalmente differente.
Il primo progetto a rappresentare un’inversione di tendenza è stato senza dubbio il Madrid Rio Project (2005-2011), basato sulla riqualificazione delle rive del Manzanarre mediante l’interramento della famosa M-30, un’arteria ad alto scorrimento che ha impedito per anni la connessione diretta tra la città e il fiume. In questo caso, il carattere infrastrutturale dell’intervento ha permesso di densificare intere trame urbane una volta slabbrate, e di inserire singoli progetti architettonici dalla forte componente pubblica e collettiva.
Altrettanto indicativo di una nuova consapevolezza politica è il prolungamento del Paseo della Castellana, uno degli assi di comunicazione strategici per Madrid. Il progetto, dello studio madrileno Ezquiaga Arquitectura, si basa sulla trasformazione di un’area ferroviaria ormai dismessa a nord della città. L’intera zona sarà “restituita” alla cittadinanza attraverso un programma funzionale eterogeneo e la definizione di tipologie architettoniche ad alta densità. Un sistema di trasporti integrato trasformerà la Castellana in una sorta di hub metropolitano, capace di funzionare come porta d’accesso alla città da nord.
Il Madrid Central Project, ideato dagli architetti José María Ezquiaga e Juan Herreros, è forse il più radicale e ambizioso dei progetti presentati recentemente. Un’idea che mira a intervenire sulla vivibilità degli spazi urbani, provando a modificare parametri ben precisi, come il numero di alberi per abitante (1 su 3), la superficie da destinare a pedoni e automobili, la riduzione delle emissioni di CO2 e della quantità di energia importata. Rifiutando la logica dell’espansione incontrollata e indistinta, il Madrid Central Project pone le basi per il riuso e il riciclo di materiali urbani esistenti: il progetto infatti prevede una rete di micro-interventi di agopuntura tesi alla coesione sociale e alla sostenibilità ambientale.
Stefano Corbo
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