Land Art? In Russia si dice Archstoyanie
Fieno, legna da ardere, aste di betulla e perfino la neve: ecco alcuni dei “materiali” impiegati nelle audaci costruzioni del festival annuale “Archstoyanie”, tra i principali eventi di Land Art in Russia.
Nato nel 2000 come iniziativa spontanea dell’artista Nikolay Polissky per rivitalizzare il paesaggio rurale di Nikola-Lenivets, un antico villaggio nella regione di Kaluga a circa duecento chilometri a sudovest di Mosca, Archstoyanie ha assunto un aspetto più strutturato a partire dal 2005, inserendosi progressivamente nella scena dell’arte contemporanea locale. È del 2007, ad esempio, il Pine Pavilion firmato da Adriaan Geuze (fondatore dello studio olandese di architettura del paesaggio e urban design West 8), nel quale migliaia di pigne sono state fissate a un telaio metallico, dando vita a un “edificio effimero” dall’intenso impatto olfattivo.
Ogni estate artisti, ballerini, musicisti, performer e soprattutto architetti, rappresentativi della scena nazionale e internazionale, vengono selezionati per concepire un intervento a cielo aperto o realizzare una costruzione su larga scala, secondo una tematica precedentemente individuata. In linea con l’idea fondativa del progetto, ovvero favorire la conoscenza e l’interazione con l’ambiente attraverso pratiche creative e l’impiego di materiali reperibili in prevalenza in loco, Archstoyanie è divenuto un’occasione di sperimentazione e condivisione alla quale concorrono in modo attivo anche gli abitanti della zona e giovani volontari. Nikola-Lenivets è così passato dall’essere un villaggio in stato di abbandono allo status di parco culturale capace di accogliere, com’è avvenuto lo scorso anno, oltre 6.000 visitatori nell’arco di un fine settimana.
Il francese Richard Castelli, già senior curator di Lille 2004 Capitale Europea della Cultura, è stato nominato curatore dell’edizione che avrà luogo l’ultimo weekend di luglio, alla quale prenderanno parte artisti provenienti da Europa, Stati Uniti, Giappone e naturalmente Russia.
Valentina Silvestrini
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #18
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