Il dilemma di Tadao Ando su Venezia
Nel 2007 l’architetto giapponese Tadao Ando, prima dell’inizio dei lavori di riprogettazione degli spazi di Punta della Dogana, chiese se antico e contemporaneo potessero convivere a Venezia. La risposta è arrivata, in parte, sette anni dopo. In un libro.
Antico e contemporaneo possono convivere a Venezia? Il quesito fu posto, nel 2007, dall’archistar Tadao Ando prima dei lavori di ristrutturazione di Punta della Dogana. Sette anni dopo, Renata Codello, soprintendente per i beni architettonici di Venezia, ha cercato di rispondere pubblicando un piccolo libro dal titolo Architetture contemporanee a Venezia (scritto a quattro mani con Chiara Casarin).
Per fa luce sulla questione – tema abbastanza caldo in Laguna – la Fondazione Querini Stampalia ha organizzato un breve dibattito in merito, che poi, in realtà, coincideva con la presentazione al pubblico del volume sopra menzionato. Per rispondere alla domanda di Ando sono intervenuti Rem Koolhaas, l’architetto curatore dell’appena conclusa Biennale d’Architettura di Venezia, l’autrice del libro, Renata Codello, lo storico dell’architettura Francesco Dal Co e Massimo Cacciari, ex sindaco della città.
Primo a parlare è stato Koolhaas: “Si è sempre pensato, almeno negli ultimi vent’anni, che la contemporaneità non potesse aver a che fare con Venezia. Questo contrasto, a mio parere, non esiste: Venezia presenta gli stessi problemi architettonici – urbanistici di città come Berlino o Amsterdam. Più che altro”,continua l’architetto, “c’è stata una mal interpretazione del termine conservazione. Nello striminzito intervento, Koolhaas ha accennato anche qualcosa sul Fondaco dei Tedeschi: “È la giusta occasione per dimostrare che antico e contemporaneo possono coesistere. Il palazzo viene trattato come tesoro del passato, ma non ho trovato nessuna traccia dell’originale fondaco”.
Per chi non avesse seguito gli ultimi aggiornamenti: il Fondaco dei Tedeschi, antico palazzo affacciato sul Canal Grande e all’ombra del Ponte di Rialto, è stato ceduto da Poste Italiane al Gruppo Benetton per 53 milioni di euro. Era il 2008. Dopo fu chiamato l’olandese Koolhaas per dirigere i lavori di ristrutturazione: “Diventerà una struttura commerciale e culturale”, dichiararono a inizio lavori. Ancor più recente è, invece, la notizia che sarà il gruppo francese Louis Vuitton, in accordo con la Benetton, a gestire gli spazi.
Ma torniamo alla conferenza. Il secondo intervento è stato quello di Francesco Dal Co: “Venezia deve essere pensata come una città normale. E come disse lo storico dell’architettura Manfredo Tafuri: deve essere la prudenza, in questo caso progettuale, la sapienza di Venezia”. A concludere l’affollatissimo dibattito è stato uno sferzante Massimo Cacciari: “Venezia è una città dall’anima inquieta, ma che si presta in maniera ideale ad accogliere l’innovazione, con prudenza. Quello che mi chiedo è che senso ha l’opera architettonica di Koolhaas al centro di un contesto urbano abbandonato? Venezia”,continua il filosofo, “ha bisogno di manutenzione ordinaria e di un flusso economico coerente con gli obiettivi, ma la realtà è che lo Stato non garantisce più questo denaro. Affinché le viscere di questa città non vengano massacrate, è fondamentale che ci sia una conservazione totale del luogo, senza la costruzione di monumenti”.
A quanto pare, in conclusione, il problema è più politico che funzionale. Tornando alla domanda di Ando: antico e contemporaneo possono convivere a Venezia? A quanto pare, sì.
Paolo Marella
Renata Codello – Architettura contemporanee a Venezia
Marsilio Editori, Venezia 2014
Pagg. 160, € 25
ISBN 9788831720533
http://marsilioeditori.it/libri/scheda-libro/3172053/architetture-contemporanee-a-venezia
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati