Il tempo dell’architettura cilena

La nomina di Alejandro Aravena alla direzione della Biennale di Architettura di Venezia è solo la punta dell’iceberg. Perché in questo periodo va di moda il Cile e vanno di moda i suoi progettisti.

L’ARCHITETTURA DI MODA
Come nel mondo dell’arte o della moda, in cui il focus dell’interesse mediatico si concentra su di un determinato scenario con tempi e modalità definite e circoscritte (trend stagionali e stili del momento), anche per l’architettura contemporanea valgono le stesse logiche cognitive e divulgative.
Così, ad esempio, si noti come negli ultimi decenni l’attenzione del grande pubblico si sia concentrata sull’architettura portoghese (riconoscendo e definendo una scuola specifica intorno al lavoro di pochi mirabili maestri), sull’architettura svizzera (che rilegge forme e regole del costruire tradizionale in rapporto al contesto naturale) oppure su quella olandese (di cui si è evidenziato il carattere supermodernista e dissacrante). Oppure, in alternativa, si è scelto di indicare dei “temi”, piuttosto che dei luoghi specifici, aggregando intorno ad essi esperienze e percorsi eterogenei (food, sostenibilità, recycle, green ecc.).

Germán del Sol, Hotel Explora, 1998

Germán del Sol, Hotel Explora, 1998

IL MOMENTO DEL CILE
Oggi è l’architettura cilena a essere al centro dell’interesse globale sia dal punto di vista pubblicistico che critico-professionale: da un lato le molteplici esposizioni e iniziative dedicate ai suoi principali protagonisti (tra queste, parte della mostra Latin America in Construction: Architecture 1955–1980, da poco conclusasi al MoMA di New York) e la nomina di Alejandro Aravena a direttore della 15. Mostra di Architettura alla Biennale di Venezia 2016, dall’altro un esorbitante numero di realizzazioni che testimoniano di una qualità architettonica e di una conoscenza costruttiva nel complesso di alto livello.
L’architettura cilena è priva di un approccio dogmatico e riesce a coniugare sia l’aspetto “regionalistico” senza rinunciare a farsi portatrice di “temi” e istanze attuali e necessarie (residenze a basso costo in grado di rispondere alle crisi umanitarie ed economiche, innovazione tecnica e dei materiali, costruzione in contesti “estremi”). In essa inoltre non è possibile riconoscere la presenza linguistica di un “maestro”, piuttosto un’eterogeneità di atteggiamenti e declinazioni. Una ricerca resa agile dall’assenza del potere condizionante della storia e della tradizione. Un’architettura libera da autocensure che definisce idealmente un nuovo territorio di sperimentazione ed esplorazione.

Smiljan Radic, Serpentine Pavilion, 2014

Smiljan Radic, Serpentine Pavilion, 2014

QUALCHE CONSIGLIO
Tra gli architetti più interessanti su cui vale senz’altro la pena di soffermarsi con maggiore attenzione si annoverano tra gli altri Pezo von Ellrichshausen (Poli House), Smiljan Radic (Serpentine Pavilion 2014), Izquierdo Lehmann (Casa 30), Felipe Assadi (Padiglione della XVI Biennale di Architettura del Cile), Germán del Sol (Hotel Explora), Alberto Mozo (Uffici Bip), Coz+Polidura+Volante (Museo del deserto di Atacama), Undurraga Deves (Padiglione del Cile a Expo Milano 2015).

Carlo Prati

alienlog.wordpress.com

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #28

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Carlo Prati

Carlo Prati

Carlo Prati (Roma, 1971), architetto Ph.D, insegna Progettazione presso l’Università di Genova. Ha fatto parte, contribuendone alla formazione, di diversi gruppi e studi di architettura tra cui Base_1, doppiomisto e c.a.c.p. studio. I suoi progetti sono stati oggetto di pubblicazioni,…

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