Atlas. La cultura sulla soglia delle favelas
Mentre termina l’anno dei Giochi Olimpici del Brasile, con le prospettive offerte dall’architettura sociale si chiude la nostra ricognizione sul Paese sudamericano. Attraverso una raccolta di esperienze dei vari soggetti attivi nella costruzione di reti sociali, usando come strumento la cultura.
Favelas e lusso, a contatto senza soluzione di continuità, sono il paradigma di Rio de Janeiro e l’icona del sistema bipolare contemporaneo. Circa un terzo della popolazione urbana dei Paesi in via di sviluppo – quasi un miliardo di persone – vive in baraccopoli. Da privilegiati abitanti del divano di casa, non occorre improvvisare diagnosi tecniche, né vale azzardare prognosi domestiche sui mali urbani e sociali da curare in quei contesti. Gabriela Rossi, architetto urbanista, docente di Sostenibilità Urbana alla UFRJ, brasiliana di adozione da 40 anni, è il referente a Rio di Urban morphology and energy performances via integrated modification methodology, un progetto di ricerca italo-brasiliano sulla rigenerazione sostenibile degli ambienti urbani. Insieme a lei andiamo a Rocinha per il primo sopralluogo con gli studenti impegnati nel progetto Imm DesignLab tra Rio e Milano. “Per chi abita a Rio” – racconta – “le favelas sono consolidata consapevolezza. I problemi endemici di questi luoghi non sono solo fisici. Non si tratta esclusivamente di bonificare, costruire impianti di smaltimento o portare l’acqua nelle case. Sono questioni ambientali complesse che riguardano le persone, la loro cultura, la loro educazione, il modo in cui la comunità è abituata a vivere da sempre. Disfunzioni che naturalmente si ripercuotono su tutta la città come la pallina di un biliardo impazzito. La vita in favela non è paragonabile a nulla se non a se stessa. Non serve organizzare un sistema di raccolta dei rifiuti se l’abitudine è gettare la spazzatura dalla finestra come nel Medioevo. Il vero punto d’azione è cominciare. Da qualsiasi azione, ma cominciare. Non esiste un piano più corretto di un altro nel costruire una svolta radicale per le condizioni di vita di centinaia di migliaia di persone. Anche la Pacificazione voluta dal governo, discussa e da molti non accettata perché vissuta come violenza che risponde a violenza, in molti casi ha significato un cambiamento, piccolo, ma sensibile”. Al progetto di Rocinha lavorano dall’Italia il Polisocial di Milano, l’IMMdesignLab del Polo Universitario di Lecco e la ONLUS Il Sorriso dei miei Bimbi, con sede nella favela. “Rocinha è la più grande favela del sud-America, conta più di 200 mila abitanti, impossibile un censimento esatto. La ricerca non dà soluzioni, ma può aiutare a migliorare dibattito e partecipazione, coinvolgere i cittadini, le organizzazioni sociali, e le istituzioni intorno al tema dello sviluppo urbano sostenibile”.
IL METODO DI TRASFORMAZIONE INTEGRATA IMM
Massimo Tadi, direttore di IMMdesignLab, responsabile del progetto in Italia, sostiene l’opportunità di integrare approccio olistico e metodo scientifico, per costruire buone pratiche di intervento, prima ancora di dare risposte preconfezionate. “Obiettivo del progetto è l’applicazione del Metodo di Trasformazione Integrata IMM, per fornire analisi e proposte di trasformazione urbana sostenibile attraverso un approccio scientifico e dimostrabile. Di un sistema urbano si cercano gli elementi catalizzatori (ovvero motori di trasformazione) capaci di innescare un miglioramento se opportunamente modificati. Catalizzatore può essere un quartiere, un distretto, una funzione urbana. Ai catalizzatori fanno da contrappunto gli elementi reagenti, solitamente individuabili nelle parti che più si prestano alle modificazioni ambientali, ovvero la rete dei vuoti urbani, gli spazi pubblici percorribili, le aree verdi esistenti o potenziali. Le cosiddette “cavità urbane” sono viste come opportunità per le trasformazioni che, se potenziate, possono innescare piccole rigenerazioni a catena (perciò reagenti). Tra catalizzatori e reagenti si introducono elementi di modificazione, se ne valuta l’impatto in termini di miglioramento delle reti sociali e se ne misurano gli effetti per categorie: mobilità, trasporti, connessione, relazioni urbane, accessibilità, efficienza. La crescita sostenibile di una città è legata sì allo sviluppo economico, ma soprattutto all’inclusione sociale. Il nostro progetto di ricerca intende coinvolgere la comunità locale in ogni fase del processo, in modo da individuare dall’interno della vita in favela gli elementi catalizzatori, reagenti e modificanti di un sistema urbano inaccessibile a “estranei” senza l’aiuto di chi ci vive”.
IL RUOLO DELLA PARTECIPAZIONE
Supporto strategico al progetto IMMdesignLab è la ONLUS Il Sorriso dei miei Bimbi, polo di riferimento per il sostegno sociale da oltre 15 anni. “Crediamo nel valore dell’istruzione come prima azione per il cambiamento. Fare cultura è l’unico modo per mettere le persone in condizione di scegliere consapevolmente. Il cambiamento deve poter migliorare la qualità della vita senza cambiare lo stile di vita attuale. Gli abitanti di Rocinha non saprebbero vivere sradicati da qui. Le azioni di miglioramento devono avvenire dal basso, con la partecipazione diretta della comunità locale”. Barbara Olivi, presidente della ONLUS, ci ospita al Garagem das Lettras: l’ultimo progetto realizzato in favela, è una biblioteca autogestita dai ragazzi di Rocinha, primo avamposto culturale partecipato della città. Vi si svolgono concerti, teatro, attività educative.
BIBLIOTECHE CONTRO IL DEGRATO SOCIALE
Vera Schroeder, Soprintendente alla Secretaria de Cultura del Governo di Rio, ci riceve invece nella Biblioteca pubblica di Rocinha C4, un edificio smagliante di tre piani con sala lettura, teatro, terrazza per gli eventi all’aperto e sala ristorante, attrezzata per corsi di cucina. La Rocinha C4 fa parte delle quattro Bibliotecas Parque, distribuite in altrettanti quartieri “caldi” della città. Si ispirano al modello delle biblioteche di Medellin in Colombia, nate dal programma culturale per il contrasto al degrado sociale. La biblioteca è un presidio culturale volto ad avvicinare la comunità della favela alle istituzioni, ma il cammino è lento e complicato. Le istituzioni stentano a guadagnarsi piena fiducia. La diffidenza è ancora molta, al punto da creare schieramenti tra chi frequenta gli spazi e usufruisce dei servizi culturali offerti, e chi ritiene che farlo significhi tradire la propria gente per allinearsi al sistema: la realtà attraversata e ascoltata da chi ci vive testimonia la coesistenza di forze contrastanti e opposte, a tutti i livelli. Un potenziale umano doppio: ricco di energie per agire nel cambiamento da una parte, e il suo omologo dall’altra, travolto dalle organizzazioni criminali. La bellezza della natura e il paesaggio dei morros e, all’opposto, le macerie delle baraccopoli. A guardar dal di dentro, si comprende quanto inappropriato sia ridurre tutto a semplici schieramenti tra bene e male. Chi crede nel cambiamento, che sia il governo centrale, le ONG, associazioni locali, enti di ricerca o la volontà di singoli, ognuno cerca di agire, per il poco che può, compatibilmente con le condizioni che trova, consapevoli che la soluzione, se mai ce ne sarà una, è ancora molto di là da venire. Le Olimpiadi non saranno riuscite a portare il mondo in favela, ma forse hanno condotto un po’ della vita della favela oltre i suoi limiti geografici.
Emilia Antonia De Vivo
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