Architettura giapponese. Una passione italiana
Due mostre in corso a Roma e uno speciale progetto illuminotecnico dalle artiste Motoko Ishii e Akari Lisa Ishii, in arrivo a maggio al Colosseo, continuano ad alimentare l’interesse dell’Italia verso la cultura architettonica del Sol Levante.
Curata da Pippo Ciorra (senior curator del MAXXI Architettura), Kenjiro Hosaka (National Museum of Modern Art, Tokyo), Florence Ostende (Barbican Centre, Londra) e Yoshiharu Tsukamoto (Atelier Bow-Wow/Tokyo Institute of Technology), The Japanese House. Architettura e vita dal 1945 a oggi è la prima mostra italiana interamente focalizzata sul tema dell’abitazione privata giapponese. Nell’allestimento, disegnato ad hoc da Atelier Bow-Wow, convivono disegni, modelli, fotografie, video, interviste, film e manga: l’obiettivo è documentare, attraverso più di ottanta interventi selezionati, l’importanza del progetto della casa nel Sol Levante. Un’esposizione immersiva che “tende a riprodurre la sensazione spaziale degli edifici presentati, nei quali la funzionalità è spesso intesa più come un dispositivo psicologico che pratico”. The Japanese House affronta alcune tematiche cruciali, rivelando la ricchezza espressiva di questi progetti. Il primo tema proposto è la convivenza tra aspetti tradizionali e innovazione architettonica estrema, con opere di Kenzo Tange, Kikutake, SANAA e Toyo Ito. Il secondo è la continuità della cultura giapponese, la stessa che ritroviamo tra esterno e interno, tra natura e artificio, tra materiali antichi e tecnologicamente evoluti, resa con lavori di Shirai, Sakamoto e Kengo Kuma. Il terzo aspetto riguarda infine il ruolo dello spazio domestico come chiave d’accesso alla cultura metropolitana e al metabolismo urbano del Giappone di oggi, caratterizzato dagli interventi di Shinoara, di Ryue Nishizawa e Sou Fujimoto, così come da quelli dei loro epigoni più giovani.
ROMA-LONDRA-TOKYO
Aperta fino al 26 febbraio prossimo nel museo romano, The Japanese House sarà trasferita dal 23 marzo al 25 giugno 2017 al Barbican Centre di Londra; in estate farà tappa al Museum of Modern Art di Tokyo. Prima joint venture tra il MAXXI e il Barbican Centre, in entrambe le istituzioni a fare la differenza espositiva sarà il modello a grandezza naturale come elemento chiave: a Roma, una riproduzione degli interni della White U di Toyo Ito, una sezione della facciata della casa di Itsuko Hasegawa e dell’unità d’emergenza UNHR di Shigeru Ban. A Londra verranno ricreate la Moriyama House di Rue Nishizawa e una casa per la cerimonia del tè. “L’intenzione” – hanno raccontato Jane Alison e la Presidente Giovanna Melandri – “è quella di rendere l’architettura – nei limiti dell’umanamente possibile – un’esperienza reale invece che un’assenza”. L’appuntamento capitolino è stato inoltre arricchito da incontri d’eccezione. Il 14 gennaio scorso Toyo Ito – Leone d’oro alla Biennale d’architettura di Venezia e Pritzker Prize nel 2013 – ha tenuto la lecture Tomorrow’s architecture. Classe 1941, apprezzato soprattutto per il carattere concettuale e innovativo e per l’attenzione rivolta al rapporto tra struttura e ambiente, in quell’occasione ha proposto sei progetti significativi in grado di raccontare la sua storia: White U house – esposta in mostra, in scala 1:1 – Mediateca di Sendai, Tama University, National Taiwan University, Minna no Mori Gifu Media Cosmos e il National Taichung Theatre. Due settimane più tardi, è stata la volta di Kazuyo Sejima, sua allieva e oggi affermata progettista dello studio SANAA, in collaborazione con Ryue Nishizawa. Pritzker Prize 2010 – tre anni prima del suo maestro! – nello stesso anno ha diretto e curato la XII Mostra Internazionale di Architettura per la Biennale di Venezia. Trasparenza, immaterialità, relazione tra dentro e fuori. Un rapporto con l’ambiente circostante, il suo, che è qualcosa di più di un dialogo, è una simbiosi capace di modificare lo spazio e i comportamenti di chi lo abita.
AVANGUARDIE A CONFRONTO AL MUSEO CARLO BILOTTI
Fino al 26 marzo, l’Arancera di Villa Borghese ospita la mostra Architettura Invisibile – Movimenti architettonici Italiani e Giapponesi degli anni ‘60 e ‘70 e il dibattito contemporaneo. Presentata in una nuova chiave di lettura comparativa, illustra le esperienze delle avanguardie radicali italiane e giapponesi degli Anni Sessanta e Settanta e le idee progettuali portate avanti dai loro ideali successori di entrambi i paesi. Il team Analogique firma un allestimento nudo, fatto di tubi innocenti e composto da due sezioni, l’una complementare all’altra. La prima propone, grazie a un ampio apparato storico-documentale, le idee, i progetti e i sogni delle due esperienze architettoniche, mostrandone gli obiettivi, le similitudini, le differenze di approccio, i risultati e l’eredità storico-filosofica. Protagonisti Arata Isozaki, Archizoom, Kiyonori Kikutake, Kisho Kurokawa, Fumihiko Maki, Otaka Masato, Superstudio, Kenzo Tange, UFO. La seconda sezione invece, dedicata alle esperienze contemporanee dei più giovani e significativi studi di architettura italiani e giapponesi, mostra come le nuove generazioni di progettisti abbiano fatto tesoro di quelle avanguardie, assimilandole e adattando la propria pratica architettonica all’epoca digitale. Risulta interessante, in questa sezione, l’allestimento gonfiabile sulla terrazza del museo – uno pneumatico blu – progettato dallo studio Analogique, di cui fanno parte opere di 2A+P/A, Alphaville Architects, DAP Studio, Sou Fujimoto, Jun Igarashi, IAN+, Yamazaki Kentaro, Yuko Nagayama, O + H Architects, OFL Architecture, Orizzontale, Studio Wok, Tipi Studio. “Questa iniziativa si inserisce in un programma pluriennale di confronto tra le architetture di Italia e Giappone”, ha dichiarato l’Ambasciatore Umberto Vattani, Presidente della Fondazione Italia Giappone. “L’architettura, arte sociale per eccellenza, nasce nell’immaginazione degli architetti prima di dare forma e carattere alle nostre città. “ARCHITETTURA INVISIBILE” illustra questo processo educativo e creativo ai due estremi dell’Eurasia, con paralleli e similitudini sorprendenti”.
Giulia Mura
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