Artisti, architetti, urbanisti. Il nuovo volto di Trento
Galleria Civica, Trento – fino al 14 maggio 2017. I protagonisti della metamorfosi della città di Trento negli Anni Settanta. Il mondo rurale si trasforma attraverso l’edilizia popolare di massa e i nuovi quartieri. Tra polemiche e dibattiti, artisti e architetti tracciano le linee del cambiamento. Ma, sotto l’occhio lucido del fotografo contemporaneo Fernando Guerra, tutto ciò ha un sapore diverso.
A livello internazionale gli Anni Settanta rappresentano l’età dell’incertezza. La nascita della società di massa e dei consumi ha trasformato i volti delle città, pur se tra forti contraddizioni. In Italia il boom economico si è concluso, crisi internazionale del petrolio e inflazione attendono nuove risposte. Architetti, artisti e urbanisti mantengono un forte dialogo, in linea con gli insegnamenti di De Stijl e Bauhaus e, fra polemiche accese, intervengono a trasformare le città e l’edilizia.
L’EDILIZIA POPOLARE DI MASSA
La mostra punta l’attenzione sulla Trento degli Anni Settanta scegliendo tre protagonisti di un panorama in realtà molto più ampio: Marcello Armani, Luciano Perini e Gian Leo Salvotti. Attraverso i loro progetti hanno dato forma al passaggio dalla società rurale a quella industriale e dei servizi.
È l’edilizia popolare di massa che incarna soprattutto questo cambiamento. Le Torri del quartiere popolare Madonna Bianca segnano ormai l’ingresso nella città di Trento. Realizzate in soli quattro anni, non hanno subito il degrado dello Zen di Palermo o di Scampia. Il forte sviluppo verticale era pensato per rispondere alle esigenze di famiglie numerose, ma ha consentito anche di conservare ampie zone di verde. Di fatto gli Anni Settanta sono anni di incertezza e di eclettismo in cui il repertorio dell’International Style si mescola ad altri. Gli artisti, dal canto loro, guardano a queste trasformazioni, condividendo una comune attenzione alle linee geometriche. Anna Maria Gelmi, con i suoi tre lucidi in mostra, reinterpreta le Torri di Madonna Bianca utilizzando gli stessi mezzi dell’architetto.
Di fronte a queste trasformazioni c’è chi, come Salvotti, tenta di preservare l’idea di stile, creando delle architetture-sculture. Il condominio “Rosso e Nero”, con le sue rigorose geometrie, ricorda Piet Mondrian, in quel filone che fa capo in Italia ad Adalberto Libera. La suggestione del Neoplasticismo e della griglia modernista ritorna anche nel Condominio 68.
L’OCCHIO IMPARZIALE DEL FOTOGRAFO
Lo scontro tra modernizzazione e critica di fronte al pericolo di un conformismo intellettuale viene stemperato nella visione lucida e imparziale del fotografo Fernando Guerra, vincitore dell’Architectural Photographer of the Year nel 2015. Emergono i diversi repertori da cui attingono gli architetti: ad esempio il Brutalismo degli edifici progettati da Luciano Perini nella tridimensionalità dei calcestruzzi e dei dettagli dell’ex Cassa Malati e nella Villa Valduga, in cui la struttura emerge con grande forza espressiva.
ARCHITETTURA E PITTURA A CONFRONTO
Artisti e architetti si trovano allora d’accordo su un punto: fare chiarezza attorno ai mezzi che sono all’origine del processo creativo. La mostra fa vedere come le figure geometriche della pittura si possano trasformare in volumi proporzionati. Il rapporto con lo spazio diventa protagonista per gli artisti dell’Astrazione Oggettiva: Aldo Schmid riesce a incorporare nel colore stesso la profondità con i suoi cangiantismi e squarci di luce oppure Romano Perusini conferisce forza plastica alle sue opere tridimensionali.
– Antonella Palladino
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