Concattedrale di Gio Ponti. A Taranto un appello contro il degrado dello storico edificio
L’opera meno conosciuta di Gio Ponti presenta segni di incuria. La Diocesi di Taranto sta provvedendo da anni da sola alla manutenzione. Nasce il dibattito in Puglia: un convegno potrebbe darle nuova visibilità?
È considerata un capolavoro di architettura italiana del Novecento, ma attualmente la Concattedrale di Taranto di Gio Ponti (Milano, 1891 – 1979)– una delle ultime opere del grande architetto e designer lombardo che ha costruito in Italia e in tutto il mondo, fondatore e direttore di Domus – non si presenta nel suo aspetto migliore, a causa di una serie di lesioni e segni di incuria su parte dello stabile. Così, suona come una richiesta di pronto intervento quella lanciata da Marco Romanelli – critico, storico, architetto, designer studioso pontiano da decenni e stretto collaboratore della figlia di Ponti, Lisa, che oggi ha 95 anni – sulle colonne dell’edizione barese di La Repubblica per la firma di Lorenzo Madaro. “Bisognerebbe fare qualcosa”, dichiara Romanelli, “non solo per ripulirla dal degrado in cui versa e per un restauro filologico, ma anche per garantire la conoscenza di questo bene, anzitutto ai tarantini. Un convegno potrebbe aiutare”.
I PRIMI PASSI DURANTE LE GIORNATE DEL FAI
In realtà, un piccolo passo per farla conoscere ai suoi concittadini è stato fatto durante le Giornate FAI del 25 e 26 marzo scorsi, quando i giovanissimi “ciceroni” delle scuole superiori della città hanno accompagnato i visitatori a scoprire questa imponente struttura in calcestruzzo traforato, con delle grandi vasche d’acqua antistanti, concepite come parte integrante dell’edificio. Attualmente sono vuote, anche se proprio in occasione dell’incontro del FAI gli addetti all’igiene urbana del Comune avevano provveduto a ripulire dall’acqua stagnante le vasche, le aiuole e lo spazio circostante – di competenza comunale -, come auspicava la Diocesi tarantina, la cui pertinenza riguarda invece l’immobile, che non è rimasta con le mani in mano in questi anni. L’edificio, costruito tra il 1967 e il 1970 con una vela-facciata al posto della cupola alta 53 m sopra la chiesa, è stato infatti commissionato a Gio Ponti durante il Concilio Vaticano II dal Vescovo di Taranto, Mons. Guglielmo Motolese, ma a causa dei materiali utilizzati si è reso necessario un restauro ad appena trent’anni dalla conclusione della costruzione.
LE PAROLE DELL’ARCIVESCOVO
E a seguirne altri: “Da sempre comprendiamo l’importanza e il pregio dell’opera e da circa vent’anni a questa parte abbiamo avviato una lottizzazione di lavori che mirano alla salvaguardia e contemporaneamente all’ininterrotta fruizione dell’edificio di Ponti”, scrive l’attuale Arcivescovo di Taranto Monsignor Filippo Santoro in una lettera aperta sulla pagina locale di La Repubblica, in risposta alla denuncia del quotidiano sullo stato di degrado in cui versa parte dell’edificio. “Abbiamo restaurato completamente la vela, lì dove proprio il vostro articolo rammentava il desiderio di Ponti di far accomodare gli angeli, abbiamo praticato lavori di consolidamento e messa in sicurezza di una delle più audaci architetture del Sud Italia”. Una serie di interventi mirati, a carico esclusivamente della Diocesi, utilissimi ma poco recepiti dall’esterno e che forse un convegno, una giornata di studi o una mostra dei progetti di Ponti potrebbe aiutare a darne visibilità, incrementando così risorse e soggetti disposti a intervenire sul restauro.
– Claudia Giraud
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati