2017, un anno di architettura. Il bilancio stilato da Artribune
Dal rogo della Grenfell Tower alla scomparsa di Vito Acconci; dalle celebrazioni per i 150 anni dalla nascita di Frank Lloyd Wright al Pritzer Prize agli spagnoli di RCR Arquitectes; dal Serpentine Pavilion di Francis Kéré all’apertura del Louvre Abu Dhabi. Cosa resta del 2017.
Nessun render accattivante. Nessun taglio del nastro. Neppure il ritratto di un progettista di successo. A sei mesi dall’incendio che lo scorso 14 giugno si è propagato nei 24 piani della Grenfell Tower, causando la morte di 71 residenti del complesso – tra le vittime anche gli architetti italiani Gloria Trevisan e Marco Gottardi -, c’è solo un’immagine da cui partire per analizzare il panorama architettonico dell’ultimo anno. È quella, spietata e angosciante, delle fiamme che avvolgono lo stabile di edilizia popolare, ultimato nel 1972 e recentemente ristrutturato, nella zona di North Kensington a Londra. Perché nulla è più urgente di politiche di edilizia pubblica, nulla più pressante dell’emergenza abitativa. Non solo nella capitale inglese.
– Valentina Silvestrini
IL ROGO DELLA GRENFELL TOWER
Solo poche settimane dal rovinoso incendio, il RIBA ha attribuito il Golden Medal for Architecture – il più alto riconoscimento del Regno Unito per l’architettura – a Neave Brown. “Pioneer of quality public housing”, Brown è la figura indicata dall’istituzione come riferimento per “risolvere la grande crisi immobiliare”, Ha dichiarato Ben Derbyshire, Presidente del comitato di selezione. “Il governo deve potenziare e quindi incoraggiare ogni singolo Consiglio in tutto il Paese a costruire una nuova generazione di case adeguatamente progettate, accessibili e sostenibili che soddisfino le esigenze di milioni di persone attualmente escluse dal mercato immobiliare. Abbiamo bisogno di costruire 300.000 nuove case all’anno per il prossimo futuro per far fronte a questa crisi: un programma radicale di case popolari, ispirato all’opera di Neave Brown, deve far parte della soluzione “. Sempre nell’anno della Brexit e proprio a Londra, tra contestazioni e appelli è stata intrapresa la demolizione del quartiere di case popolari Robin Hood Gardens, progettato da Alison e Peter Smithson a metà degli anni Sessanta.
GRAFTON ARCHITETCS ALLA BIENNALE DI ARCHITETTURA 2018
Mentre la questione di genere irrompe anche in Italia – è del 2017 il lancio del progetto curato dal team Rebel Architette che punta a contrastare la ridotta presenza delle professioniste nei ruoli di rilievo e la loro scarsa visibilità diffondendo biografie di progettiste operanti in tutto il mondo – Yvonne Farrell e Shelley McNamara vengono indicate dal CdA della Biennale di Venezia come curatrici della 16. Mostra Internazionale di Architettura. Irlandesi, fondatrici dello studio Grafton Architects, individuano nel tema Freespace il filo conduttore della prossima edizione, al via il 26 maggio 2018. Ad oggi, tra i Paesi che hanno già definito temi e curatori dei padiglioni nazionali figurano Germania, Australia, Regno Unito, Stati Uniti, Olanda e Italia.
UN PRITZKER PRIZE PER TRE
Per la prima volta, il “Nobel per l’architettura” è stato attribuito a un terzetto. Dopo Rafael Moneo, il più ambito riconoscimento internazionale è tornato in Spagna, nelle mani di Rafael Aranda (1961), Carme Pigem (1962) e Ramon Vilalta (1960), anima dello studio RCR Arquitectes da oltre un trentennio. Tra i tanti premi assegnati quest’anno, un segnale non trascurabile proviene dallo European Union Prize for Contemporary Architecture – Mies van der Rohe Award: per la prima è stato infatti conferito al progetto di rinnovamento di un edificio già esistente. Ad Amsterdam, gli studi NL architects e XVW architectuur, in sinergia con il consorzio DeFlat, hanno operato in uno dei più grandi complessi di appartamenti dei Paesi Bassi, la stecca residenziale da 500 appartamenti denominata “Kleiburg”. L’edificio è stato salvato dalla demolizione e gli stessi proprietari hanno contribuito alla sua “rinascita”.
NUOVI SPAZI PER LA CULTURA NEL MONDO
Nell’anno in chiusura, tre edifici simbolo dell’architettura del Novecento hanno raggiunto traguardi importanti. Il Centre Pompidou di Parigi ha compiuto quarant’anni e fino al 12 febbraio 2018 renderà omaggio ai suoi progettisti con la mostra Renzo Piano & Richard Rogers. Il Guggenheim di Bilbao ha festeggiato il ventennale in grande stile: le celebrazioni, organizzate nel museo progettato da Frank Gehry e aperte alla cittadinanza, hanno fornito l’occasione per un bilancio dei risultati concretamente prodotti dall’istituzione nella città basca. Un successo cui continuano a ispirarsi decine di altre destinazioni, nella speranza di poter innescare analoghi processi alle proprie latitudini. Di successo si può parlare anche con riferimento alla Fondazione Beyeler, in Svizzera, che esattamente venti anni dopo l’ultimazione dell’intervento di Renzo Piano, ha annunciato un investimento di circa 100 milioni di franchi per dotarsi di nuovo edificio. Nel corso di un’affollata conferenza stampa internazionale, alla quale era presente anche Artribune, lo scorso maggio l’architetto svizzero Peter Zumthor ha presentato gli aspetti chiave del suo prossimo intervento. Nel 2017 sono stati inoltre inaugurati l’attesissimo Louvre Abu Dhabi di Jean Nouvel, lo Zeitz MOCAA – Zeitz Museum of Contemporary Art Africa di Thomas Heatherwick a Città del Capo, il Centro Botin di Renzo Piano a Santander e il V&A Exhibition Road Quarter di AL_A a Londra. Proprio il V&A ha aperto nel mese di novembre il primo il primo “avamposto” in Cina, a Shenzen. Nella sua Danimarca, Bjarke Ingels ha completato il “primo museo invisibile del mondo”, oltre alla più pop LEGO House di Billbund. A Doha, il Pritzker Prize cileno Alejandro Aravena si è aggiudicato l’Art Mill International Design Competition; David Adjaye e Ron Arad lavoreranno fianco a fianco nella realizzazione dello UK Holocaust Memorial, dopo essersi aggiudicati nelle scorse settimane uno dei concorsi internazionali “a più alta percentuale di big in shortlist” degli ultimi anni.
AREE INTERNE, RICOSTRUZIONE, NUOVI CANTIERI: OBIETTIVO SULL’ITALIA
La Barbagia, con la piana di Ottana nel centro della Sardegna; il Belice, nella Sicilia occidentale; Matera nella sua relazione con le aree interne della regione Basilicata; il Cratere e Camerino con la zona dell’Italia Centrale colpita dal terremoto del 2016; l’Appennino Tosco-Emiliano, con particolare riguardo per il Parco delle Foreste Casentinesi: a otto mesi dall’incarico sono queste le cinque aree interne individuate da Mario Cucinella, curatore del prossimo Padiglione Italia. Ultimata la raccolta delle candidature attraverso la call, in questi territori sta per essere intrapreso un percorso di partecipazione, del quale saranno protagonisti cittadini, stakeholder e un collettivo di professionisti invitati dallo stesso curatore. Osservando lo scenario nazionale del 2017, va registrato un aumento dell’interesse intorno alla questione delle aree interne, alle quali anche Artribune ha dedicato un approfondimento. Più in generale, la cosiddetta “Italia minore” è divenuta il fulcro di alcuni processi di rigenerazione promossi anche da soggetti inediti: è il caso dell’iniziativa ItalianVillage curata da Airbnb. Oltre all’inaugurazione della Stazione AV di Napoli Afragola, su progetto di ZHA – Zaha Hadid Architects, sul fronte delle nuove aperture si registra il complemento di alcuni processi legati alla ricostruzione post sisma; tra questi, il Villaggio del Food di Stefano Boeri Architetti ad Amatrice e i cinque edifici che il team Mario Cucinella Architects ha messo a punto in altrettante località colpite dal terremoto dell’Emilia Romagna del 2012. Almeno due le novità di rilievo a Bologna: il Centro Arti e Scienze Golinelli, anch’esso opera di Mario Cucinella Architects, che fino al 4 febbraio ospiterà la mostra Imprevedibile, e il parco agroalimentare FICO. Dall’inarrestabile Milano, dove da poche settimane è entrato in attività CityLife Shopping District di ZHA, l’attenzione si concentra infine su Venezia. Lo scorso ottobre è stato infatti presentato il progetto di recupero e riconfigurazione delle Procuratie Vecchie di Piazza San Marco, destinate a divenire sede dell’hub Human Safety Net. Su incarico di Assicurazioni Generali, David Chipperfield Architects, studio attualmente impegnato in un’ambiziosa operazione culturale a Londra, realizzerà un intervento grazie al quale il complesso tornerà accessibile per la prima volta dopo mezzo secolo. Termine dei lavori? Tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020.
ARCHITETTURA E CATASTROFI NATURALI
“Compartir experiencia”: questo lo spirito con cui dal Giappone, la cui capitale si sta preparando ai Giochi Olimpici del 2020, sfoderando il proprio know-how sui fronti dell’antisismica e delle infrastrutture per la mobilità, l’architetto Shigeru Ban si è mosso alla volta del Messico. Scosso da intensi terremoti lo scorso mese di settembre – esattamente 32 anni dopo il sisma di magnitudo 8.1, con epicentro nel Pacifico, nel quale morirono migliaia di persone – il Paese centroamericano si è riscoperto impreparato, vulnerabile, fragile. Come indicato dal sito arquine.com, nel corso di una conferenza all’istituto Tecnológico de Monterrey, l’architetto giapponese ha affermato: “Non vengo per offrire soluzioni. Vengo per condividere esperienze”. Un’occasione nella quale ha ribadito il valore del lavoro svolto insieme alle comunità interessate, per capire come rispondere alle emergenze e per avviare insieme la ricostruzione. Proprio lo studio di soluzioni abitative sicure, economiche, rispettose dell’identità dei luoghi ha sollecitato quest’anno l’interesse della giuria del World Architecture Festival. Ad aggiudicarsi il titolo di World Building of The Year 2017 è stato infatti il prototipo di abitazione a basso costo, sviluppato dalla Chinese University of Hong Kong, nell’ambito della ricostruzione dopo il terremoto dello Yunnan, in Cina.
MOSCA ALLA PROVA DEI MONDIALI DI CALCIO 2018
Nell’anno della vittoria al concorso per il nuovo Centre for Music di Londra, superando i progetti di Amanda Levete, Norman Foster, Frank Gehry, Renzo Piano e Kjetil Thorsen (Snøhetta), lo studio statunitense Diller Scofidio + Renfro è anche “approdato” in terra russa. Nel centro storico di Mosca, i progettisti della High Line newyorkese e dell’ attesissima “architecture of infrastructure”, al secolo il museo flessibile The Shed, hanno ultimato il Parco Zaryadye, la cui direzione è stata diretta dall’architetto capo di Mosca Sergey Kuznetsov. Difficile individuare definizioni univoche a questo intervento, sviluppato in collaborazione con Hargreaves Associates and Citymakers e con una serie di altri partner internazionali. “Resiste a ogni categorizzazione” – ha dichiarato Charles Renfro – “È allo stesso tempo parco, piazza urbana, spazio sociale, centro culturale e struttura ricreativa.” Sicuramente un must see per quanti si recheranno nella capitale russa dal 14 giugno, in occasione della FIFA World Cup 2018.
LO SPAZIO PUBBLICO TRA INSICUREZZA E NUOVE VISIONI
Ispirandosi proprio alla High Line di Diller Scofidio + Renfro, a Seoul lo studio olandese MVRDV ha rigenerato un’infrastruttura stradale dismessa all’insegna del verde. Inaugurato a maggio 2017 e “preso d’assalto” da circa due milioni di persone nel primo mese di apertura, Seoul 7017 Skygarden è il nuovo parco urbano della capitale sudcoreana. Si estende lungo i 983 metri di una ex autostrada urbana e riunisce la più grande varietà di piante del Paese. Si resta in Asia con CoFuFun, l’intervento ultimato quest’anno dall’architetto Oki Sato, fondatore dello studio NENDO. Nella piazza antistante la stazione ferroviaria della cittadina giapponese di Tenri, nella prefettura di Nara, gli utenti di tutte le età sono ora liberi di esplorare lo spazio pubblico, potendo contare su una varietà di strutture a base circolare. Di tutt’altro tenore il dibattito che si è accesso in Italia, sul finire dell’estate, in seguito all’attentato di Barcellona del 17 agosto scorso: l’impiego delle barriere antiterroristiche come misura di protezione-difesa dei centri storici può ritenersi una misura efficace? Costituisce l’unica soluzione percorribile? Così, mentre la proposta di posizionare “fioriere contro il terrore”, lanciata da Stefano Boeri, ha ottenuto il consenso di alcuni sindaci – da Firenze è anche partita una consultazione pubblica per la realizzazione di dissuasori ed elementi di protezione e sicurezza destinati agli spazi pubblici della città –, dubbi e posizioni alternative sono stati espressi da più osservatori. Tra questi c’è stato Antonio Ottomanelli, che ha espresso su Artribune il suo punto di vista.
ASCESE, ADDII, TRIBUTI
Alla fine del 2017 il nome dell’architetto Diébédo Francis Kéré non ha probabilmente più bisogno di presentazioni anche per i non addetti al settore. Intervistato da Artribune qualche giorno prima dell’apertura del suo Serpentine Pavilion, il progettista originario del Burkina Faso ha scelto parole nette per rivendicare il ruolo della disciplina nella società: “Penso, semplicemente, – ha raccontato a Giulia Mura – che se l’architettura non viene fatta per le persone, per cos’altro la facciamo? È una messa a servizio per l’umanità. Per me le persone restano la base assoluta, la più solida, su cui sviluppare tutto. Al di là dei miei collaboratori.” Intanto, il successo ottenuto dal suo padiglione temporaneo – è stato il primo architetto originario dell’Africa a ricevere il prestigioso incarico – non si arresta: dopo il prolungamento del periodo di apertura nei Kensington Gardens di Londra “ a furor di popolo”, la struttura ispirata all’albero intorno al quale gli abitanti del suo villaggio erano soliti sedersi è stata acquistata dalla Ilham Gallery di Kuala Lumpur per una somma non rivelata. A darne notizia è il sito theartnewspaper.com, aggiungendo che sarà ricostruito nel 2018 in uno spazio pubblico della capitale malese. Mentre il nostro “osservatorio” sui progettisti in ascesa, curato da Marta Atzeni, quest’anno ha focalizzato l’attenzione proprio sulla generazione under 40 di architetti africani, nella scena internazionale si registrano anche addii e omaggi. Tra i più dolenti ci sono quello a Vito Acconci, gigante dell’arte e dell’architettura, a Vincent Scully, storico dell’architettura statunitense scomparso a 97 anni, e a Leonardo Benevolo, architetto e docente di storia dell’architettura in numerosi atenei italiani. Infine, l’omaggio a 150 anni dalla nascita di Frank Lloyd Wright si è trasformato in un evento corale, diffuso in luoghi iconici degli Stati Uniti; la progettista statunitense Denise Scott Brown ha ricevuto l’Architects’ Journal’s Jane Drew Prize 2017 e Ieoh Ming Pei, universalmente noto come l’artefice della Piramide del Louvre, ha festeggiato il secolo di vita.
IL SENSO DI KOOLHAAS PER LA CAMPAGNA
Mentre nella capitale taiwanese il Taipei Performing Arts Center si avvia al completamento – si tratta di un polo per lo spettacolo e l’entertainment, votato all’innovazione e alla flessibilità – il suo progettista, Rem Koolhaas, ha anticipato in un articolo il tema cui si dedicherà nell’anno in arrivo. La rivista londinese The Economist, nell’annuario The World in 2018, ha infatti pubblicato un lungo intervento nel quale l’architetto olandese preannuncia: “Sarò alla ricerca di tutto ciò che non è la città per preparare una mostra in un importante luogo (a forma di spirale) a Manhattan. Oggi manca quasi completamente l’esplorazione della campagna. Eppure, se si guarda attentamente, la campagna sta cambiando molto più rapidamente e radicalmente della “città”, che per molti versi rimane un’antica forma di convivenza.” Dunque, dopo l’esperienza come curatore alla Fondazione Carriero e l’esordio in Australia con l’MPavilion nei Queen Victoria Gardens di Melbourne, Koolhaas è a lavoro per Countryside: Future of the World (titolo provvisorio). Tale progetto di ricerca culminerà in una mostra in programma nell’autunno 2019 al Guggenheim Museum di New York. E chissà che il suo “richiamo” non finisca per sollecitare e orientare anche altri progettisti…
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