Architettura. I 50 anni di Coop Himmelb(l)au
Cinquantesimo anno di attività per lo studio austriaco Coop Himmelb(l)au. Un compleanno che pare non sorridere affatto al suo capo, Wolf D. Prix, sotto tiro per i costi esorbitanti delle sue opere.
Qualche tempo fa, durante una conferenza di imprenditori edili di vari settori, l’architetto Wolf D. Prix – la D. sta per Dieter – osò confutare le accuse rivoltegli spostando la questione economica sul piano morale. Disse che la sede della Banca Centrale Europea di Francoforte, sua creatura messa sotto esame, veniva a costare semplicemente come tre aerei e mezzo del tipo caccia-bombardiere. E vuoi mettere il servizio reso all’umanità? Il silenzio suscitato tra i presenti da quel paragone parve un assenso alla sua tesi. Ma solo momentaneamente.
IL ‘68
L’8 maggio 1968, non ancora ventiseienne, Wolf D. Prix, insieme ai soci Helmut Swiczinsky e Michael Holzer, inaugurò a Vienna il suo ufficio. Ora, persi per strada i co-fondatori e a più riprese altri vari compagni d’avventura, può celebrare orgogliosamente il 50esimo anniversario dello studio Coop Himmelb(l)au, caratterizzato fin da subito dalla costante ricerca di un linguaggio architettonico molto spinto verso geometrie non più lineari. D’altro canto, il “maggio ’68” non è, esso stesso, la sigla di un rinnovamento libertario in nome di un’avanguardia culturale? Sì, naturalmente, restando la cifra di una ribellione giovanile che ha espresso modi alternativi di concepire ogni ambito dell’esistenza, manifestando istanze metodologiche del tutto nuove, non prive di un certo spirito utopico come solitamente accade nelle nascenti rivoluzioni culturali.
COSTRUIRE IL CIELO AZZURRO
Lirico e polisemico era, ed è restato, il nome d’impresa scelto agli esordi. Nella denominazione Coop Himmelb(l)au, il collettivo mostrava perspicacemente di recepire in forma linguistica i concetti della nascente strategia decostruzionista iniziata in campo filosofico da Jacques Derrida a cominciare dal saggio Della grammatologia, uscito in Francia nel 1967. Quindi, la ragione sociale – Coop Himmelb(l)au – formalmente costruita su un doppio senso determinato dalla lettera “elle” in parentesi, sintetizzava nella concretezza delle parole una esplicita poetica “spazialista” decodificabile come Cooperativa che costruisce il cielo azzurro. Un veritiero marchio di fabbrica, viste le opere realizzate e i non pochi progetti restati nel cassetto, specialmente nei primi decenni della carriera: tempi non maturi, ovviamente, mentre col tempo la società perdeva i due terzi dei fondatori. Della formazione originaria restava Prix a portare avanti tenacemente lo spirito pionieristico della “Coop”, essendo inoltre gratificato dalla docenza all’Università viennese delle Arti Applicate nel corso di laurea in architettura. La stessa in cui ebbe, come collega di ruolo per un lungo periodo, una certa Zaha Hadid con la quale in effetti si era trovato in sintonia già in altre circostanze. Una per tutte: la celebre mostra Deconstructivist Architecture tenutasi nel 1988 al MoMA di New York, brillantemente organizzata da Philip Johnson, il quale aveva selezionato e riunito progettisti, tra Europa e Usa, che avevano rotto con il modernismo, manifestando una nuova sensibilità architettonica. Lì, insieme a Coop Himmelb(l)au (in quel momento Prix+Swiczinsky) e alla progettista anglo-irachena, ci sono Frank O. Gehry, Rem Koolhass, Daniel Libeskind, Peter Eisenman, Bernard Tschumi. Storicamente, sarà quello l’atto di nascita dell’architettura “decostruttivista”.
LA SFERA E IL LABIRINTO
Fin dal debutto il marchio viennese si era messo in evidenza nell’esplorare nuovi modelli abitativi, sconfinando anche in performance di carattere artistico. Nel 1971 a Basilea, per esempio, il collettivo si esibisce in Restless Sphere, una performance intesa a mostrare le possibilità offerte dalle costruzioni pneumatiche. Una sfera trasparente di quattro metri di diametro diventa l’habitat pneumatico e mobile con il quale i tre soci-performer, camminandoci dentro, percorrono per un’intera giornata il centro storico della città. La realizzazione del Musée des Confluences di Lione sarà un’avventura drammatica per Prix: durerà quasi una quindicina d’anni, dal 2000 al 2014. Coraggiosa da parte dell’amministrazione la scelta di costruirlo, dato che alla presentazione del progetto, tra simulazioni digitali, piante e plastici, quell’idea di edificio appariva una macchina scenografica indistinta, composta di vari materiali, superfici murarie e piani spigolosi in acciaio e vetro: opera intricatissima, seducente quanto incomprensibile. Soprattutto difficilissima da costruire. Terminati i lavori, praticamente senza variazioni significative sul progetto iniziale, l’edificio museale ha finito per arricchire in modo originale lo skyline della bella citta di Lione, mentre, nei suoi spazi interni, i complessi percorsi tra le varie sezioni espositive finiscono per offrire passaggi sinuosi sospesi nel vuoto, mostrando la complicatissima tessitura strutturale e fornendo ampie visuali verso l’esterno. Infine, se osservata dalla vasta terrazza superiore, la sommità della costruzione, rivestita di lastre d’acciaio satinato, fugge verso l’alto confondendosi con il cielo.
Come un uccello che sorvola territori, popoli e culture, oggi Wolf D. Prix, instancabilmente alla guida di Coop Himmelb(l)au & partners, è alle prese con la costruzione di una biblioteca nel South Dakota, dedicata alla locale comunità di nativi americani in un territorio alquanto selvaggio e semiarido. A quanto è dato vedere, l’impatto di questa nuova, archetipica, dinamica forma uscita dalla mano del guru Prix pare non confliggere affatto con l’ambiente.
GIMME SHELTER BY THE ROLLING STONES
Come accennato, Prix è stato spesso criticato per gli alti costi dei suoi manufatti, e ancor più per i salatissimi rincari in corso d’opera per via delle non comuni difficoltà tecniche di realizzazione. Un handicap professionale che non di rado gli ha causato gravi ripercussioni nella gestione finanziaria dell’ufficio, fino a metterne seriamente in pericolo l’esistenza. Per ultimo c’è il folle costo finale della Banca Centrale Europea (BCE) di Francoforte, con in più il ritorno di incombenti risarcimenti supermilionari. Di questi tempi, insomma, per lui spira una brutta aria sull’asse Vienna-Francoforte. E, forse, non solo!
Tuttavia, la notizia di questo mezzo secolo di carriera, Prix l’ha diffusa capillarmente tramite una e-mail, inserendovi pure una sequenza video di slideshow dei suoi moltissimi progetti, con una successione talmente rapida da costringere chi guarda a impostare un tempo rallentato. A velocità normale, sono 3 minuti e 30 di repertorio architettonico in cui c’è il brano Gimme Shelter dei Rolling Stones a fare da colonna sonora. Un dettaglio tutt’altro che trascurabile la scelta di quel pezzo, giacché le parole potrebbero rivelare un messaggio amaro per il pubblico dell’architettura. Ne traduciamo alla lettera i primi versi: “Oh, una tempesta sta minacciando/la mia stessa vita oggi/se non trovo un riparo/ Oh sì, sto per svanire”.
‒ Franco Veremondi
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