La storia della cappella della Sacra Sindone di Guarino Guarini
Domani, 28 settembre, riapre al pubblico la cappella della Sacra Sindone dopo 28 anni di chiusura dal 1990, a seguito della caduta di frammenti marmorei e poi per il devastante incendio dell’aprile 1997. In attesa di poter vedere i restauri, ne riscopriamo le origini e conosciamo il genio rivoluzionario dell’architetto barocco Guarino Guarini.
A Torino, nella primavera del 1667, non erano mancate osservazioni e perplessità riguardo i disegni che il padre teatino di Modena, Guarino Guarini, aveva proposto alla committenza per il completamento della cappella destinata ad accogliere la preziosa reliquia della Sindone presso il palazzo reale della capitale sabauda, reliquia che era stata trasferita da Chambery (Savoia) nel capoluogo piemontese nel 1578. Fu proprio in questa occasione che il cardinale di Milano Carlo Borromeo aveva invitato il duca Carlo Emanuele I a edificare una chiesa sulla piazza del Castello per custodire l’antico patrimonio sacro.
Nel 1610 il progetto fu affidato a due architetti il cui operato era ben noto nell’ambito piemontese: si trattava infatti di Antonio Vitozzi e Carlo di Castellamonte, entrambi protagonisti del rinnovamento urbano che aveva caratterizzato Torino a partire dal 1563, quando la città divenne capitale del Ducato di Savoia. Intanto i lavori intrapresi per la costruzione della cappella furono interrotti nel 1620 e la nascente fabbrica fu completamente abbandonata fino a tutto il 1656, quando entrò in scena lo scultore Bernardino Quadri, di riconosciute competenze artistiche ma non certo ingegneristiche, tanto che ben presto la committenza reale ebbe forti dubbi su quanto si stava realizzando, manifestando infatti perplessità sulla consistenza delle strutture di elevazione che avrebbero poi dovuto sostenere la grande cupola. A fronte di tutto ciò i lavori furono nuovamente interrotti in attesa di una soluzione che sarebbe arrivata da lì a poco, ma che doveva allo stesso tempo rispondere alle esigenze della committenza, che chiedeva una cupola ben più alta di quella del Duomo di San Giovanni Battista, nonché rispettare l’impostazione formale originaria i cui risultati erano sotto gli occhi di tutti. Questo compito toccò al teatino Guarino Guarini che si era già distinto per alcune sue opere, tra cui la chiesa della SS. Annunziata a Messina, distrutta dal terremoto del 1783.
DA PARIGI A TORINO
Intanto nell’autunno del 1662 Guarino Guarini, si era trasferito a Parigi per seguire il cantiere della chiesa di Sainte-Anne-La-Royale, che i teatini stavano costruendo proprio di fronte al Louvre, sulla sponda opposta della Senna. Certo è che questo fu un periodo propizio per il nostro Guarini, in quanto il soggiorno parigino cadeva in un periodo di intensi scambi culturali e di grande fermento nel settore delle arti e dell’architettura, con la presenza di François Masart e Louis Le Vau che a loro volta erano impegnati proprio nei progetti per il Louvre, confrontandosi anche con gli italiani Carlo Rainaldi, Pietro da Cortona e Gian Lorenzo Bernini; quest’ultimo era giunto a Parigi su invito del re Luigi XIV nel 1665, quando era ancora presente il Guarini.
Alla fine del 1666 il teatino abbandonò Parigi per stabilirsi definitivamente a Torino dove, in poco più di quindici anni, progettò numerose e importanti opere tra chiese, conventi, palazzi e ville suburbane. Primo incarico tra questi fu il completamento della cappella che doveva accogliere la sacra reliquia della Sindone. Il compito fu arduo e con tanti ostacoli, soprattutto per i vincoli ai quali il teatino dovette sottostare nel rispettare anche le richieste della committenza, desiderosa di vedere presto realizzata una cupola degna della magnificenza della casa reale.
UNA VERTIGINOSA FUGA VERSO L’INFINITO
Il Guarini studiò attentamente lo stato di fatto della fabbrica ereditata e sin dai primi disegni non modificò nulla riguardo l’assetto planimetrico della costruzione né le connessioni già realizzate della cappella con il duomo e con il palazzo. In realtà mantenne la fabbrica che aveva ereditato con l’ultimo intervento del Quadri fino al cornicione del primo ordine. Ma fu proprio in questo punto della costruzione che l’architetto non rinunciò a dichiarare presto le sue innovative invenzioni. Da qui verso l’alto ogni livello della costruzione era pensato per differire dal precedente dando vita a un’articolata e armoniosa geometria rispetto alla quale nessuna cupola, fino a quei giorni, poteva vantare così tanta innovazione e arditezza formale e costruttiva.
Nel far dialogare necessità estetiche e strutturali, senza rinunciare ai desiderata della committenza, il Guarini introdusse un sistema molto interessante di dodici costoloni esterni dal cui schema costruttivo erano stati intessuti corone di piccoli archi da cui fece emergere la straordinaria forma serpentinata interna. A tutto questo si aggiunsero poi studi dettagliati di effetti ottici, giochi di luci e ombre che garantivano una visione frammentata della cupola e una forte illusione in altezza, una vera e propria fuga vertiginosa verso l’infinito, in grado di catturare per sempre l’occhio dell’osservatore.
“BIZZARRA E MERAVIGLIOSAMENTE STRANA”
Nel 1674 il matematico Donato Rossetti, visitando i lavori in corso nella cappella, non mancò di manifestare perplessità e dubbi sull’opera guariniana, che già prima di essere completata aveva suscitato molte critiche da parte dei contemporanei rimasti abbagliati da un’opera del tutto singolare ma allo stesso tempo povera di riferimenti alla tradizione classica e da molti considerata “bizzarra e meravigliosamente strana”.
I lavori principali si conclusero nel 1680 e la cappella fu inaugurata con una messa celebrata dallo stesso Guarini. La “nuova maniera” proposta dal sacerdote teatino lo aveva sempre indotto a non confrontarsi con le certezze, ma a preferire i cammini inesplorati, a sperimentare l’ignoto, a guardare oltre gli schemi dei trattati e delle certezze provenienti dal passato. Diversamente quel codice universale dettato dalla storia aveva costituito per il Guarini una eredità su cui innestarsi, confrontarsi continuamente e su cui rielaborare, aggiungere, correggere procedimenti e forme per meglio adattarli alle esigenze contemporanee.
Dopo ventotto anni dalla chiusura avvenuta nel 1990, non ci resta adesso che riscoprire questa straordinaria architettura della cappella della Sacra Sindone potendo apprezzare, con il contributo dei restauri, le geniali soluzioni del Guarini, la cui opera, come lui stesso affermava, doveva “stupire gl’intelletti e rendere gli spettatori atterriti”.
Olimpia Niglio
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