La terribile scala antincendio del Teatro Bellini a Catania. La lettera di Giancarlo Leone
Architetti (e non solo) dibattono in questi giorni sulla struttura della nuova scala antincendio del Teatro Bellini di Catania, considerata da alcuni invasiva, da altri necessaria. La lettera aperta di Giancarlo Leone, architetto che di recente ha pubblicato sul proprio profilo Facebook una foto della scala, innescando così la querelle
Riceviamo e pubblichiamo la lettera di Giancarlo Leone, architetto che giorni fa sul proprio profilo Facebook ha pubblicato una foto che ritrae la nuova scala antincendio collocata sulla facciata laterale del Teatro MassimoVincenzo Bellini di Catania. Un’opera – in apparenza in vetro e in ferro – definita da Leone “una mancanza di rispetto nei confronti del Patrimonio Architettonico e Culturale della Città”, facendo scaturire un acceso dibattito a livello locale e non solo locale, coinvolgendo architetti e cariche istituzionali che hanno detto la loro attraverso o social e i giornali: c’è chi pensa che ricostruirla in stile sarebbe stato un falso storico, chi invece sottolinea la necessità di una maggiore pianificazione da parte delle istituzioni per evitare interventi che non valorizzino e non rispettino l’immagine storica delle città. Ecco le parole di Giancarlo Leone.
“Una scala nel vuoto, progettuale.
Le Olimpiadi per l’Italia sono completare la Salerno-Reggio Calabria (in maniera dignitosa) che da 40 anni divide il Paese in due. Ostruendone il Futuro.
Le Olimpiadi per l’Italia sono istallare i depuratori nei Paesi e nelle Città di mare che da 50anni versano liquami a mare distruggendo la fauna marina. Facendo scappare i turisti. E gli stessi abitanti.
Le Olimpiadi per l’Italia sono recuperare il Patrimonio Artistico, Culturale e Architettonico che tutto il Mondo ci invidia. O forse, ci invidiava per come l’abbiamo ridotto, e per come continuiamo a ridurlo.
La nuova scala antincendio sul fronte laterale del Teatro Massimo Vincenzo Bellini di Catania, uno dei teatri più belli d’Italia e con un’acustica capace di propagare la bellezza delle opere rappresentate – ne è un ulteriore testimonianza. Nel Centro della Città ricco di Storia, Arte e Architettura e dove la Cultura si fa respirare passo dopo passo, il Comune di Catania e la Sovrintendenza hanno approvato e realizzato un progetto dell’Ingegnere Marco Muratore in condivisione con l’Ufficio Tecnico che oltraggia un capolavoro di tardo Ottocento mancando di rispetto al Patrimonio Architettonico e Culturale della Città.
PROGETTARE…
I progettisti non hanno saputo fare gli architetti; non hanno saputo progettare in un angolo della città che non solo è parte del Teatro stesso, ma è parte integrante della Città, della sua maglia urbana e della sua cultura. A pochi passi da Piazza Università e Piazza Duomo, altri capolavori urbani ed urbanistici catanesi. Ed hanno fatto di peggio perché tale scempio diventa sfondo e quinta per chi passeggia, lungo via Vittorio Emanuele II e volge lo sguardo sulla via Leonardi; una “viuzza” di centro storico, tra Palazzo Platamone e la Fondazione Puglisi Cosentino; palazzi in cui la Cultura cerca giustizia.
Non hanno saputo fare gli architetti e non hanno saputo progettare lì dove c’era bisogno di un intervento che colmasse un vuoto amministrativo all’interno di un pieno di Bellezza. In Architettura la bellezza riempie un ‘vuoto’ e lo stupore lo nasconde; questa scala che offende l’Architetto Carlo Sada (Milano,1849–Catania,1924), l’Architetto Andrea Scala (Udine,1820–Udine,1892) e la Città di Catania è un’esasperazione del nascondere un ‘vuoto amministrativo’.
…E CONTESTUALIZZARE
Nessuno vuole un falso storico, come si è premurata di dire l’attuale Soprintendente che per metterci una pezza ha manifestato la propria mancanza di fiducia nell’architettura e nella progettazione. Nessuno si scandalizza del ‘moderno’ accostato ad un edifico storico. Lo scandalo di questo scempio è il non aver capito il tema da svolgere. Sono andati fuori tema. Hanno progettato un elemento poi inserito in un contesto. Questa scala, senza lode e senza infamia, è stata disegnata e pensata in uno studio professionale senza finestre, in uno studio professionale senza libri e riviste che portano quel respiro culturale che ogni progetto dovrebbe avere. Hanno svolto un tema scolastico disegnando una scala. E invece progettare vuol dire essere un tramite tra ciò che ‘non è’ e ciò che ‘sarà’. Tra ciò che ‘non vive’ e ciò che ‘vivrà’. E tale momento di passaggio, tra ‘non è’ ed ‘è’, è il mestiere dell’architetto! Forme, materiali, luci e funzionalità sono in questo passaggio. La bellezza o meno sono il suo risultato. Intervenire sul costruito ha molti limiti ma tali limiti sono spesso delle enormi occasioni di lettura, di crescita e di miglioramento. E invece questo intervento ha creato un ‘retro’ che non esisteva. E non esiste nemmeno un retro urbano a questo edificio perché da questo ‘retro’, da questa via si va verso Palazzo Platamone, Palazzo Biscari, le Chiese barocche, gli Archi della Marina, il Mare. Hanno ancora una volta voltato le spalle al mare; ed invece una città di mare, il mare deve ossequiarlo.
Insomma i progettisti, il Sindaco e la Sovrintendente, che ha approvato tutto ciò, non sono stati protagonisti di una revisione culturale di un pezzo di storia architettonica ed urbanistica catanese; sono stati fattorini della mediocrità, non rispettando la ricchezza che abbiamo la fortuna di avere”.
– Giancarlo Leone Architetto
“Questo teatro edificato a spese del Comune e dedicato al nome immortale di Vincenzo Bellini fu solennemente aperto la sera del X Novembre MDCCCLXXXII ad ammaestramento e sollazzo del popolo e a perenne decoro della città”.
(Mario Rapisardi, Catania 1844 – 1912)
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