Le case milanesi in mostra a Villa Necchi Campiglio
Villa Necchi Campiglio, Milano ‒ fino al 6 gennaio 2019. Villa Necchi Campiglio, bene FAI, ospita un racconto che unisce architettura, storia e fotografia. A partire dalle case milanesi dagli Anni Venti agli Anni Settanta.
Non è un luogo qualsiasi quello scelto per accogliere la mostra Case Milanesi 1923-1973. Immagini di una città. In un certo senso, infatti, si potrebbe affermare che il progetto espositivo curato da Orsina Simona Pierini e Alessandro Isastia ‒ autori del volume Case Milanesi 1923-1973, pubblicato da Ulrico Hoepli Editore – non sia del tutto estraneo alla storia del luogo che lo ospita. Superando la soglia della residenza progettata all’inizio degli Anni Trenta dall’architetto Piero Portaluppi ‒ su incarico delle sorelle Nedda e Gigina Necchi e di Angelo Campiglio, marito di Gigina – e divenuta bene FAI nel 2001, è metaforicamente possibile accedere anche ad altri interni privati milanesi. Per raccontare l’ascesa verso la modernità di Milano, il punto di vista impiegato dai curatori esamina la dimensione intima e riservata per eccellenza: quella domestica, appunto, attraverso una lettura su più livelli.
LE TESTIMONIANZE
Allo scopo di ricostruire cinque decenni di architettura residenziale del capoluogo lombardo, la mostra affianca documenti e testimonianze di natura tecnica a contribuiti legati al contesto culturale, letterario, artistico e cinematografico dell’epoca, scelti da Alberto Saibene. Allo stile di progettisti come Giovanni Muzio, Luigi Caccia Dominioni, Vico Magistretti, Aldo Andreani, Gio Ponti, Ignazio Gardella, Figini e Pollini e del già citato Portaluppi è riservata un’intera sezione. Una grande mappa, esperibile sul pavimento del vestibolo nel sottotetto di Villa Necchi Campiglio, traccia la “geografia” delle case nel contesto urbano.
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Oltre alla scenografica installazione curata da Alessandro Isastia, destinata alla galleria degli armadi, il percorso espositivo ricorre a una specifica tipologia di disegni tecnici per stabilire una connessione diretta tra gli edifici selezionati e il tessuto urbano locale. Sono infatti i prospetti di tutte le abitazioni, riprodotti in successione su una lunga parete, alla stessa scala di rappresentazione, a fornire l’immagine tangibile dell’evoluzione della città nel periodo preso in esame. Frontalmente il registro cambia, con un’immersione negli spazi privati restituita attraverso la descrizione fotografica delle case, delle loro piante e dei materiali costitutivi: un’analisi, dunque, che integra e lega interni ed esterni.
Rientrano nel progetto gli itinerari guidati in città, accompagnati dai curatori, e un ciclo di incontri di approfondimento sul tema, che prevede anche le testimonianze degli eredi delle famiglie committenti di questi immobili.
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Valentina Silvestrini
Dal 2016 coordina la sezione architettura di Artribune, piattaforma per la quale scrive da giugno 2012, occupandosi anche della scena culturale fiorentina. È cocuratrice della newsletter "Render". Ha studiato architettura all’Università La Sapienza di Roma, città in cui ha conseguito…