Sgarbi contro l’ampliamento di Palazzo dei Diamanti a Ferrara. Qualcuno fermi questo ennesimo NO
Nel novembre 2017 il raggruppamento formato da 3TI PROGETTI, Labics, arch. Elisabetta Fabbri e Vitruvio si è aggiudicato il concorso internazionale per l’ampliamento degli spazi espositivi del gioiello architettonico ferrarese. Ma la Fondazione Cavallini Sgarbi si oppone alla sua realizzazione e lancia un appello sottoscritto anche da alcuni architetti…
Ostilità? Diffidenza? Generica indignazione? Permanente incapacità di misurarsi con lo choc del nuovo? Preventiva, ma inflessibile contrarietà? Scegliete voi la definizione più efficace o appropriata per identificare le ricorrenti “difficoltà” incontrate dall’architettura contemporanea nelle città italiane. Un processo che nel suo ripetersi in maniera pressoché costante, con particolare riguardo per i centri storici, limita – e, talvolta, impedisce – i tentativi di “traduzione” della stessa nello spazio fisico oppure ne svilisce le potenzialità espressive e funzionali. L’ennesimo episodio legato al “turbolento rapporto” tra l’esistente e il possibile, tra le eredità del passato e gli eventuali lasciati della generazione attuale a quelle successive arriva dall’Emilia Romagna. “A Ferrara, città del Rinascimento, patrimonio mondiale dell’UNESCO, Palazzo dei Diamanti, il più importante edificio della Addizione Erculea, sta per essere aggredito, nella sua perfezione, da un progetto di «ampliamento» del costo di 3,5 milioni di euro, su cui si è già espressa negativamente «Italia Nostra».” Inizia così la petizione lanciata nei giorni scorsi dalla Fondazione Cavallini Sgarbi su Change.org – quasi superato le 1600 firme – il cui obiettivo è “impedire lo scempio”, ovvero l’effettiva realizzazione dell’intervento con cui il raggruppamento formato da 3TI PROGETTI, Labics, arch. Elisabetta Fabbri e Vitruvio s.r.l. si è aggiudicato il concorso internazionale indetto dal Comune di Ferrara, avendo la meglio su 70 studi partecipanti.
SALVIAMO PALAZZO DEI DIAMANTI!
Per la Fondazione Cavallini Sgarbi, che attraverso la sua azione chiama in causa direttamente il Ministro dei beni culturali, invitandolo a sottoscrivere l’appello, si tratta infatti di un intervento che “soffoca il rapporto dell’edificio con lo spazio aperto della città. E assume lo stesso assurdo significato che avrebbe aggiungere un canto alla Divina Commedia o all’ Orlando Furioso. La seguente raccolta di firme non è contro nessuno, ma per difendere l’integrità, minacciata da una visione utilitaristica, di un monumento che appartiene alla umanità. Ciò che vale per Dante e per Ariosto vale per Biagio Rossetti.” La petizione non scende nel dettaglio delle soluzioni architettoniche proposte dal gruppo vincitore; non si focalizza in maniera esplicita su uno specifico aspetto, riconoscendolo come “l’anello debole” artefice del cosiddetto “scempio” ai danni della storica architettura, opera di Biagio Rossetti. È, piuttosto, la difesa dell’integrità dell’edificio ad acquisire piena centralità nella petizione, tra i cui firmatari compaiono giornalisti, saggisti, critici, archeologi, storici dell’arte, attori, cantanti, imprenditori, sindaci – tra gli altri, Brugnano e incredibilmente Orlando e Nardella –, l’ex Ministro dei beni e delle attività culturali Massimo Bray e – davvero sorprendentemente! – anche gli architetti Paolo Portoghesi, Pier Luigi Cerri, Pierluigi Cervellati, Mario Botta e Mario Bellini oltre che fior di storici, curatori e critici d’arte alcuni dei quali, interpellati da Artribune, sono caduti totalmente dalle nuvole.
Ma ammesso e non concesso che tutte le firme siano reali ed autentiche, è abbastanza evidente che nessuno si è documentato davvero, nessuno ha approfondito il progetto (un padiglione leggero, in vetro, ben impostato, utilissimo) nessuno ha considerato che l’opera ha vinto un regolare concorso è stata regolarmente raccontata alla cittadinanza ormai da mesi, nessuno ha considerato che gli architetti vincitori fanno parte di uno studio di tutto rispetto e che si interverrà non sul Palazzo dei Diamanti ma in un’area subito adiacente fino ad oggi caratterizzata da degrado (contro il degrado le petizioni non partono, quando si tratta di affrontare i problemi invece si svegliano tutti).
IL PIANO PER UNA “CITTÀ CULTURALE NUOVA”
“Oggi manifestiamo e ribadiamo la volontà dell’Amministrazione comunale di rendere due contenitori culturali fondamentali per la nostra città più belli e fruibili”, aveva affermato il sindaco di Ferrara,Tiziano Tagliani, in occasione della conferenza stampa, nel corso della quale aveva presentato i progetti vincitori dei bandi relativi al restauro e ampliamento di Palazzo dei Diamanti e Palazzo Massari. Si trattava infatti di due distinte competizioni, promosse nell’ottica di fornire alla città un polo museale in linea con le esigenze della fruizione moderna. Il complesso formato da Palazzo Massaro e dalla Palazzina Cavalieri di Malta, già in attesa di restauro, era stato reso inagibile dal sisma del 2012; alla selezione per la sua riqualificazione architettonica – in procedura negoziata ristretta europea in due fasi – avevano partecipato 39 studi di profilo internazionale: a vincere era stato il team guidato da ADBR Architetti Associati. “Occorre una certa dose di coraggio per portare avanti una sfida che ci vede impegnati in un confronto aperto sui temi dell’utilizzo degli spazi dove poter sviluppare nuove idee culturali a beneficio dei cittadini ferraresi e non solo. Su questi contenitori ci giochiamo la capacità di crescere e queste sfide riguarderanno anche altri spazi cittadini che ad oggi non sono pienamente fruibili o sono vuoti, come il Castello Estense o Palazzo Prosperi Sacrati”, proseguiva all’epoca il sindaco, riconoscendo come “dopo il terremoto abbiamo trovato nuovo slancio e nuove risorse per andare avanti nella nostra progettazione di una città culturale nuova”. L’investimento annunciato per Palazzo dei Diamanti, in particolare, è pari a 3.5 milioni di euro, finanziati con i Fondi del Ducato statali; per giugno 2019 era originariamente previsto l’avvio dei lavori, della durata di due anni circa.
Insomma stiamo parlando di due importanti concorsi internazionali che hanno coinvolto decine di studi in Italia e all’estero per dare funzioni nuove e moderne a due antichi musei. Con l’obbiettivo di rilanciare culturalmente una città d’arte come Ferrara. Con finanziamenti trovati con fatica. Con capacità organizzativa fuori dal comune per una città di medie dimensioni. Ora la pretesa è bloccare tutto (con danni erariali forsennati) perché uno dei due nuovi ingressi non piace a Vittorio Sgarbi e a sua sorella Elisabetta. Va bene che siamo in Italia, ma forse stiamo esagerando con la cialtronaggine…
IL PROGETTO
Per il team di progettazione vincitore del concorso per l’ampliamento della Galleria d’Arte Moderna di Palazzo dei Diamanti, l’intervento “trova la sua principale ragion d’essere, oltre che in una attenta analisi delle esigenze funzionali espresse dal concorso, nel rapporto dialettico instaurato con il Palazzo dei Diamanti e il suo contesto”, come indicano le note di progetto. Articolato in quattro aree funzionali – ingresso indipendente; spazio espositivo, concepito come un open space dotato di pareti mobili; servizi igienici; deposito – e con un’estensione di 660 mq, il nuovo edificio “è tipologicamente assimilabile ad un padiglione, nel senso inglese di pavillion, ovverosia un manufatto leggero nato per essere collocato in parco. Dal punto di vista formale l’edificio si struttura come un doppio ordine di sostegni verticali puntiformi che sorreggono una copertura piana orizzontale. Le tamponature verticali sono perlopiù affidate a grandi pareti vetrate (all’occorrenza oscurabili con un sistema di tendaggi), che consentono la totale permeabilità visiva del manufatto dall’interno verso l’esterno e viceversa”. Progettata per poter essere potenzialmente impiegato anche forma autonoma – ad esempio ospitando iniziative promosse negli orari di chiusura del Palazzo – “la nuova fabbrica si distanzia dal muro che conclude il cortile cinquecentesco realizzando un ulteriore cortile che arricchisce la già preziosa sequenza spaziale. In questo modo il percorso ideale che dall’ingresso del Palazzo, attraverso il corpo di fabbrica e il portico, arriva nel cortile fino al muro di confine verso il giardino, prosegue in una nuova sequenza che alterna ancora pieni e vuoti”. Insomma, non si mette in discussione lo straordinario edificio storico, non si interviene sulla facciata, nelle sale, nel chiostro. Nulla di tutto questo. Stiamo parlando – ecco il mostro che sta spaventando intellettuali, studiosi e politici – di un padiglione di poche centinaia di mq, peraltro reversibile, realizzato nel giardino del palazzo. In una zona tra le altre cose profondamente degradata, dove già esiste una passerella, ma fatiscente. Tra botta e risposta a mezzo stampa tra amministrazione e Sgarbi, il dibattito sulla vicenda, intanto, scuote e anima la comunità architettonica nazionale.
IL RUOLO DI BONISOLI E LA CONTROPETIZIONE
In questa Italia che gioca a farsi del male diventa perfino necessario sottolineare come le aggiunte contemporanee (nuovi ingressi, nuove biglietterie) a grandi musei sono la cosa più normale del mondo, abitudine di necessità o di scelta di tantissimi musei internazionali dalla celebre Piramide del Louvre giù giù a scendere. Da noi quello che è normalissimo altrove appare come oggetto di assurdo scontro e guerra (in)civile. Quando poi qualche nuova biglietteria viene realizzata all’insegna della progettualità scadente e della sciatteria (come il caso scandaloso del Circo Massimo, che solo Artribune ha denunciato qualche giorno fa) allora nessuna petizione viene promossa.
Si tratta solo di patetica necessità di visibilità da parte dei soliti alfieri del “no a tutto”, potrebbe obbiettare qualcuno. Vero, se non fosse che in presenza di un governo debole e privo di visione come questo, patetiche istanze possono trasformarsi in atti concreti. Pare infatti che il Ministro Alberto Bonisoli non sia intenzionato ad ignorare le firme raccolte da Sgarbi e voglia intervenire per mano del direttore generale Famiglietti. Sarebbe davvero un grave precedente se uno Sgarbi qualunque, convincendo qualche amico, avesse ad un certo punto il potere di decidere di annullare l’esito di regolari concorsi internazionali (quei pochi peraltro che si fanno in Italia). Per questo i progettisti hanno lanciato la loro contropetizione che in poche ore ha sbancato raggiungendo migliaia di firmatari e superando di gran lunga la petizione contraria: “È in atto un’insensata campagna diffamatoria, priva di fondamenti, nata solo per screditare un progetto, un concorso, una pubblica amministrazione” si spiega nella petizione “Dobbiamo fermare questo ennesimo NO in nome di rispetto, educazione e cultura”. In nome di questi tre punti, vi chiediamo di firmare e far firmare la contropetizione. Subito.
– Valentina Silvestrini e Massimiliano Tonelli
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