Intervista ad Andrea Maffei, partner italiano dell’architetto Arata Isozaki
Partner italiano dal 2004 di Arata Isozaki, vincitore del Pritzker Architecture Prize 2019, Andrea Maffei racconta in questa intervista i progetti sviluppati insieme all’architetto giapponese nel nostro Paese, tra cui la Loggia degli Uffizi. E, con l’occasione, dice la sua sul Padiglione Italia per Expo Dubai 2020.
Classe 1968, Andrea Maffei nasce a Maranello, in provincia di Modena, e si forma presso la Facoltà di Architettura di Firenze. Nel 1997, dopo gli studi, si trasferisce a Tokyo per lavorare nello studio di Arata Isozaki, ottavo architetto giapponese a ricevere il Pritzker Architecture Prize. Diventa partner e responsabile di tutti i progetti italiani dell’architetto, grande appassionato di Andrea Palladio e Leon Battista Alberti; insieme portano avanti importanti progetti, tra i quali la nuova uscita della Galleria degli Uffizi di Firenze ‒ di cui Mafferi era capo progetto nel concorso vinto nel 1998 ‒, il PalaIsozaki di Torino, la Biblioteca di Maranello, la stazione T.A.V. di Bologna e la Endless Tower di City Life, a Milano.
Nel 2005 fonda il proprio studio a Milano ‒ Andrea Maffei Architects (AMA) ‒, attualmente impegnato in un nuovo padiglione del mercato Sogemi Spa di Milano e in un progetto di social housing a Melegnano. In occasione dell’iniziativa L’architettura rinnova le città nel tempo, promossa a livello nazionale dall’Ordine degli Architetti di Ferrara, in seguito alla vicenda del concorso per l’ampliamento del Palazzo dei Diamanti, Andrea Maffei sarà ospite della Palazzina Reale di piazza Stazione a Firenze, sede dell’Ordine e della Fondazione Architetti Firenze, venerdì 22 marzo, alle ore 21. A venti anni dal concorso internazionale per la realizzazione della nuova uscita degli Uffizi, l’architetto illustrerà il progetto e farà il punto sul suo “stato dell’arte”. L’obiettivo dell’evento nazionale è “promuovere e rafforzare la professionalitaà dell’architetto e il ruolo dell’architettura contemporanea in rapporto al paesaggio costruito della cittaà storica e storicizzata, attraverso il coinvolgimento diretto della cittadinanza nella riflessione sulla necessitaà del nuovo nel contesto urbano”.
L’INTERVISTA
In qualità di responsabile dei progetti italiani di Isozaki, qual è stato il primo progetto realizzato insieme?
Oltre la Loggia degli Uffizi ‒ caso ancora aperto ‒, il primo è stato il Palahockey di Torino, realizzato per le Olimpiadi Invernali del 2006. È una vera e propria “macchina degli avvenimenti”, perché siamo partiti dall’uso post-olimpico, non ci siamo fermati all’evento sportivo, ma abbiamo progettato uno spazio per ospitare ogni sorta di evento o manifestazione. È un box sostenuto da otto colonne in acciaio, molto flessibile, con solo una parte fissa di tribune in cemento armato, una di tribune in acciaio “impacchettabili” e, quindi, trasformabili per ogni evento: possono essere sollevate e spostate. Metà dell’edificio è interrato per stabilire un rapporto tra il vecchio stadio esistente di epoca fascista e il nuovo intervento (infatti sono alti uguali, quindici metri).
E poi c’è la ormai celebre torre Isozaki di CityLife, detta Endless Tower dal maestro…
Sì, la Torre Allianz ha uno sviluppo di cinquanta piani ed è stata realizzata nel 2015. Anche qui il tema centrale è la flessibilità: il modo di lavorare cambia continuamente, molte aziende non hanno più le postazioni fisse. La pianta libera si adatta alle esigenze future: con il nostro sistema di divisione degli spazi, le grandi società risparmiano fino al 30% di metri quadri a ufficio. Isozaki voleva realizzare una Endless Tower, ovvero una torre con un sistema di rivestimento leggermente bombato diviso in moduli che si possono ripetere all’infinito, senza più un inizio o una fine, ispirato alla Endless Column di Constantin Brâncuși.
Nel 2008 avete vinto il concorso per la nuova stazione di Bologna, mai realizzato.
Il gruppo Ferrovie dello Stato voleva realizzare un grande centro commerciale sopra i binari, 90mila metri quadrati totali. Noi abbiamo fatto una proposta orizzontale che ci ha avvantaggiato; il favorito di quella gara era Jean Nouvel, che però propose un grattacielo di 250 metri e venne squalificato. Il nostro progetto era diviso in quattro parti, aderenti ai lotti del contesto bolognese: una grande scatola flessibile con dei buchi come lucernari che portavano la luce dentro. La cosa non è andata avanti, non so perché.
È molto interessante l’innesto della Biblioteca di Maranello, tua città natale.
Sì, la biblioteca comunale. Il sito di concorso è ubicato all’interno di un tessuto residenziale consolidato. Abbiamo mantenuto i muri perimetrali dell’edificio esistente e poi costruito una biblioteca entro i limiti di altezza del vecchio edificio, tutto sul piano terra con una parte ipogena, come sala conferenze, destinata anche a mostre e presentazioni di libri. È molto frequentata, è un luogo vivo e un punto di attrazione.
Per quanto riguarda la Loggia degli Uffizi, sembra proprio che si farà entro il 2024. Peccato che il concorso risalga al 1998…
Noi abbiamo vinto la gara, firmato il contratto in fasi successive. Ero il capo progetto del concorso, sono stato io a portare il plastico da Tokyo a Firenze. Abbiamo fatto tutte le fasi di progetto ‒ preliminare, definitivo, esecutivo ‒, consegnato e approvato dal Ministero dei Beni Culturali nel 2009, il Ministero non lo ha mai bocciato: anzi, lo ha sempre approvato. Ora è in stand-by nel cantiere del museo per essere realizzato, forse deve essere ancora pianificato con i relativi fondi? Bisogna decidere quando metterlo nella scaletta dei lavori? Credo di sì, ma non posso saperlo con certezza. Questa piazza comunque è in pieno centro storico, è uno spazio comunale residuale dove al tempo c’erano i bidoni della spazzatura: andava valorizzato. La loggia è alta 23 metri, coincide con il secondo piano del Museo degli Uffizi ‒ il primo piano era utilizzato all’inizio come archivio – e ha la stessa altezza della Loggia dei Lanzi. È un cubo di Brunelleschi deformato dalla prospettiva centrale di Leon Battista Alberti; ha una certa monumentalità, alimentata dall’idea di inserire quattro sculture come nella Loggia dei Lanzi e a Palazzo Vecchio.
Parliamo del Padiglione Italia per Expo Dubai 2020: anche tu hai partecipato al concorso. Quale era la tua proposta? Che ne pensi del progetto vincitore?
Abbiamo partecipato puntando sul tema proposto dal bando, ovvero quello del giardino all’italiana. Noi abbiamo preso un pezzo del giardino della Reggia di Venaria e lo abbiamo usato come ispirazione: un padiglione pieno di alberi, con sei strutture ad albero realizzate in corten che diventano la struttura portante. Anche qui, massima flessibilità degli spazi, una terrazza panoramica e un sistema a cascata d’acqua per rinfrescare il padiglione date le elevate temperature di Dubai. Il problema del progetto vincitore è che non vedo connessione con il tema del bando: cosa c’entrano le barche? In più una cosa così trasparente come fa a “tenere” le temperature del sito?
È conto alla rovescia per il Salone del Mobile 2019. Quali progetti presenterete?
Stiamo lavorando con Ceramica Fioranese per realizzare un’installazione all’Università Statale di Milano, uno degli spot più importanti della Design Week. Personalizzeremo il portale dell’Aula Magna, dove si svolgerà il convegno internazionale dell’Ordine degli Architetti. Riprendiamo il cemento armato con i fori che ricordano i casseri stuccati per realizzare, in qualsiasi interior, tale effetto e dare la consistenza tettonica della pesantezza del muro in cemento armato.
Ultima domanda. Che ne pensi di questa Milano in continua trasformazione?
Milano è la città più interessante d’Italia, in continua trasformazione e soggetta a nuovi interventi ma soprattutto inarrestabile: vuole continuare a cambiare a dispetto delle altre città d’Italia, purtroppo molto statiche. Altri nuovi grattacieli sorgeranno (due nuovi a City Life, per dirne una) e questo rende la città sempre più affascinante e competitiva con il resto delle capitali europee. E la cosa più bella è vedere come il tabù italiano del nuovo non ci sia più, i residenti sono contenti di questa nuova Italia e di questa Milano
‒ Bianca Felicori
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