Essere architetti nel XXI secolo. L’esperienza di Itinerant Office

Di recente pubblicazione, “ATLAS of emerging practices: being an architect in the 21st century” è curato da Itinerant Office. In questa intervista il fondatore dello studio, l’architetto e curatore Gianpiero Venturini, commenta gli esiti della ricerca condotta su 95 studi europei emergenti, confluiti nel libro, e annuncia le novità di New Generations Festival, al MACRO di Roma dal 5 all’8 settembre.

Dalle video-interviste della serie Past, Present, Future al nuovo libro ATLAS of emerging practices: being an architect in the 21st century, Itinerant Office è costantemente in attività. Perché avete optato per il “ritorno alla carta” per restituire i dati della ricerca condotta sugli oltre 90 studi di architettura europei emergenti?
Nel 2012 ho intrapreso un percorso che ha dato vita a Itinerant Office, attraverso il quale oggi mi dedico alla ricerca e alla produzione in ambito architettonico e alla realizzazione di progetti che prendono vita attraverso molteplici formati. Tra questi, New Generations è forse il più articolato: nato in modo quasi spontaneo, attraverso la realizzazione di una serie di video-interviste a una selezione di studi di architettura emergenti, si è trasformato in breve tempo in occasione per indagare la professione dell’architetto su scala europea. Attraverso New Generations ho avuto modo di curare una serie di oltre cento video-interviste, workshop, dibattiti e presentazioni pubbliche, mostre e un formato di festival che in questi anni si è consolidato internazionalmente attraverso sei edizioni in diverse città europee. L’intensa attività che ha segnato la prima fase di New Generations ha posto le basi per la costruzione di un network di circa 300 architetti emergenti di oltre 20 Paesi dell’Unione europea. Il “ritorno alla carta”, quindi, è rappresentativo di una chiara necessità di volersi prendere un periodo per tirare le somme, riflettere su quanto fatto in questi anni di intensa produzione. E raccogliere i frutti della vastissima ricerca intrapresa.

Data la varietà di formati sperimentata in questi anni, prevedete di veicolare il robusto corpus di contenuti del libro anche online, magari sui social?
Il lavoro di Itinerant Office è caratterizzato da una profonda ricerca in termini di formato. I contenuti prendono forma attraverso video, pubblicazioni, allestimenti, installazioni, eventi e dinamiche di confronto sperimentali, che costruiscono la narrativa su cui si fonda il progetto. In termini di narrazione, quindi, ATLAS necessita di strumenti di diverso tipo. Parte dei contenuti inseriti all’interno della pubblicazione verranno diffusi attraverso i nostri canali di comunicazione “classici”; in particolare Instagram. Vista l’importanza del progetto e la ricchezza di materiale prodotto in questi due anni di lavoro, abbiamo aperto un nuovo profilo dedicato (@atlasofemergingpractices), che stiamo utilizzando per raccontare i passi che hanno segnato la nascita del libro, il lavoro di ricerca, le fasi di produzione, e ‒ attraverso la sezione “Stories” ‒ le segnalazioni che ci arrivano da coloro che stanno acquistando la pubblicazione. Proprio per la sua complessità, ATLAS ha a sua volta generato tanti nuovi spunti. In tal senso, stiamo definendo un nuovo progetto editoriale online che avrà la vocazione di raccontare il processo di ricerca dei primi sei anni di attività di New Generations, implementando quanto emerso da ATLAS.

New Generations Festival, Milano 2013. La Cattedrale, Fabbrica del Vapore. Reading room con selezione di libri e riviste di architettura esposte durante i giorni del Festival. Photo credit © ItinerantOffice

New Generations Festival, Milano 2013. La Cattedrale, Fabbrica del Vapore. Reading room con selezione di libri e riviste di architettura esposte durante i giorni del Festival. Photo credit © ItinerantOffice

Il libro si propone come strumento utile per studenti e studi emergenti. A precederne la stesura, un sondaggio online su quattro macro-temi: Organisation; Business; Media; Projects. Parliamo del metodo di ricerca e dei dati raccolti.
I quattro temi sono stati suddivisi in altrettanti capitoli, che costruiscono la parte centrale di ATLAS e rappresentano i risultati raccolti da un sondaggio al quale hanno partecipato 95 gruppi emergenti di 22 Paesi dell’Unione. Il questionario presentava una serie di domande suddivise nelle quattro sezioni citate; in ATLAS, ognuna di queste è stata trattata in modo indipendente. Nonostante questa narrazione, divisa in compartimenti, ritengo che la struttura organizzativa, il modo in cui ogni pratica definisce e gestisce le proprie gerarchie interne o pianifichi il proprio calendario di lavoro, hanno a che vedere con gli aspetti economici della pratica professionale. Lo stesso dato emerge quando analizziamo le questioni del capitolo Media: il modo in cui usiamo gli strumenti digitali influisce fortemente sull’organizzazione della pratica professionale e sugli aspetti narrativi che contribuiscono a intercettare un tipo di cliente o un altro.

Spostandoci sul fronte Business, quali concrete possibilità di crescita e profitto hanno gli studi emergenti?
Per la sezione Business è stata fatta un’analisi relativa ai budget di circa mille progetti, con riferimento al biennio 2016/2017. Sono emerse alcune categorie che vengono dettagliate nella pubblicazione: per esempio, i dati raccolti sottolineano la crescente necessità di realizzare progetti senza una vera e propria committenza. Si sono moltiplicati i progetti di piccola scala che partono da minimi investimenti personali e che, in alcuni casi, generano commissioni più solide: progetti di ricerca editoriale, esposizioni, installazioni effimere diventano biglietto da visita per convincere un cliente della reale fattibilità di un progetto più complesso. Molte commissioni riguardano invece progetti svolti in ambito pubblico: tra 5 e 50mila euro di budget sono stati indicati progetti legati alla realizzazione di installazioni nello spazio pubblico, allestimenti, interventi di auto-costruzione realizzati attraverso workshop o processi di partecipazione che portano alla riattivazione di spazi in disuso. Quest’ultimo settore è certamente uno di quelli in cui l’architetto riesce a ritagliarsi uno spazio importante, mediante percorsi indirizzati verso interventi di natura temporanea. Non mancano le commissioni private per la realizzazione di piccoli edifici, generalmente offerte da un cliente vicino, come un parente o un amico. È infatti pratica molto diffusa quella di sperimentare i primi progetti attraverso la possibilità di realizzare interventi, per così dire, “classici”: l’estensione di una casa di proprietà di famiglia, un ufficio, una ristrutturazione. Progetti che generalmente vengono utilizzati per “testare” le proprie idee e che, in alcuni casi, portano a nuove commissioni.

E per quanto riguarda i concorsi?
Il concorso di architettura continua a essere uno degli strumenti di lavoro più importanti. Pur essendo estremamente diffuso tra quasi tutti i partecipanti, e indubbiamente utile per la costruzione di un discorso teorico che definisce un approccio progettuale preciso, ha un impatto quasi nullo in termini di sostenibilità economica. In percentuale, sono pochi gli studi che riescono a emergere attraverso la procedura del concorso di architettura. La competizione è elevatissima, i tempi di realizzazione sono spesso lunghi e portano risultati nel medio-lungo termine; nella maggior parte dei casi, anche ottenendo un primo premio, sono scarse le possibilità di veder realizzata la propria opera.

New Generations Festival, Roma 2017. Installazione Press Box, realizzata da SET Architects presso la Casa dell’Architettura Acquario Romano. Photo credit © Giordano Solimando

New Generations Festival, Roma 2017. Installazione Press Box, realizzata da SET Architects presso la Casa dell’Architettura Acquario Romano. Photo credit © Giordano Solimando

Quali sono le differenze più rilevanti tra gli studi di base in Italia e i colleghi europei?
Più che nelle modalità di lavoro, emerge una forte differenza dal punto di vista organizzativo. Si tratta di un aspetto che dipende da molti fattori. In primo luogo, l’Italia è il Paese europeo con il maggior numero di architetti: approssimativamente il 25% circa del totale in Europa. L’elevato numero di architetti riduce le opportunità di lavoro, favorendo una forte frammentazione dei gruppi. È significativo indicare come, dalle risposte al questionario online, emerga che in Italia ci sia un numero elevato di gruppi composti da 1 o 2 persone, mentre in Paesi come l’Olanda, la Germania, il Belgio o l’Inghilterra sia più facile trovare gruppi maggiormente consolidati. L’altissimo numero di architetti che operano nel nostro territorio si traduce in una competizione agguerrita in rapporto al basso numero di commissioni. Questo fattore genera una frammentazione anche per quanto riguarda la tipologia delle commesse: in Italia si evidenzia infatti una vasta diversità in termini di commissioni, con progetti che spaziano dall’ambito teorico a quello artistico, dalla partecipazione alla realizzazione di installazioni, progetti di auto-costruzione e via dicendo.

Avete rilevato dei punti di forza del lavorare in Italia?
Questa diversità non è necessariamente un fattore negativo, perché è in grado di generare un discorso di una certa profondità che non sempre è possibile trovare in altri Paesi, dove è più facile costruire. Tradizionalmente l’Italia è un Paese che ha investito nella produzione teorica. Ciò si traduce in progetti editoriali e di ricerca di primissimo livello, che trovano spesso spazio all’interno di contesti internazionali di rilievo. Detto questo, la forte componente teorica spesso prevale, a scapito di una visione imprenditoriale tipica degli studi nord-europei, certamente più pragmatici degli italiani quando si tratta di trasformare le proprie idee in progetti concreti.

L’edizione 2019 di New Generations Festival segna il ritorno a Roma della manifestazione. Oltre alla presentazione di ATLAS (sabato 7 settembre, ore 17.00), sarà disponibile una Reading-Room, riservata alle produzioni editoriali indipendenti curate dagli studi di architettura. Come le avete selezionate? E come se la cavano gli architetti “prestati” all’editoria?
Dall’analisi realizzata attraverso ATLAS si coglie con chiarezza come la pratica editoriale sia particolarmente diffusa per accompagnare la fase di ricerca. Una buona parte di studi che hanno partecipato alle attività di New Generations si sono cimentati almeno in un’occasione nella realizzazione di una pubblicazione; tanti, parallelamente all’attività di produzione architettonica, hanno sviluppato progetti editoriali indipendenti, come riviste, monografie, ricerche tematiche, articoli inseriti all’interno di pubblicazioni collettive. Abbiamo lanciato una call, interna alla rete di New Generations, chiedendo ai gruppi che hanno partecipato alle nostre attività di donare un paio di copie delle proprie pubblicazioni: verranno esposte negli spazi del laboratorio del MACRO, a Roma, dal 6 all’8 settembre. In poche settimane abbiamo raccolto oltre sessanta pubblicazioni: ci raccontano di una produzione editoriale ricca di contenuti, formati sperimentali e che sottolinea la grande diversità di studi che fanno parte della piattaforma New Generations.

New Generations Festival, Roma 2017. Gianpiero Venturini, curatore del Festival New Generations, introduce la quinta edizione, intitolata Architects VS Rest of the World. Photo credit © Giordano Solimando

New Generations Festival, Roma 2017. Gianpiero Venturini, curatore del Festival New Generations, introduce la quinta edizione, intitolata Architects VS Rest of the World. Photo credit © Giordano Solimando

Un bilancio del festival fin qui?
Il festival New Generations è riuscito a ritagliarsi uno spazio importante all’interno del panorama architettonico europeo. Dopo sei edizioni, continueremo a esplorare nuove forme di collaborazione per sviluppare il formato in altri contesti. Le attività che sviluppiamo parallelamente attraverso la piattaforma sono fondamentali perché alimentano la ricerca e la produzione che portiamo avanti attraverso Itinerant Office. Dai festival emergono spunti interessanti per analizzare nuove tematiche, che spesso affrontiamo con progetti puntuali.

Cosa puoi anticiparci del futuro di Itinerant Office e di New Generations Festival?
Abbiamo appena chiuso un intervento di riattivazione urbana a Piacenza, vincitore della prima edizione del bando “Creative Living Lab”. Stiamo lavorando a una nuova piattaforma editoriale, che dovremmo lanciare entro l’inizio del prossimo anno. Abbiamo recentemente ultimato il secondo episodio del progetto Past, Present, Future: about being an architect yesterday, today, and beyond, attraverso il quale ho avuto il piacere di intervistare alcuni grandi nomi dell’architettura, tra cui Aires Mateus, Nieto Sobejano, Stefano Boeri, MVRDV e tanti altri. Questo progetto proseguirà il prossimo anno, con video-interviste a una nuova selezione di architetti. ATLAS ha aperto nuove strade: mi piacerebbe molto poter trasformare questa ricerca in un’esposizione, in grado di raccontare tutta la complessità del progetto.

Valentina Silvestrini

www.itinerantoffice.com

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Valentina Silvestrini

Valentina Silvestrini

Dal 2016 coordina la sezione architettura di Artribune, piattaforma per la quale scrive da giugno 2012, occupandosi anche della scena culturale fiorentina. È cocuratrice della newsletter "Render". Ha studiato architettura all’Università La Sapienza di Roma, città in cui ha conseguito…

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