Architetti d’Italia. Luigi Cosenza, il posato

Stavolta a finire nel “mirino” di Luigi Prestinenza Puglisi è l’architetto Luigi Cosenza, autore di progetti del calibro di Villa Oro a Napoli e dello stabilimento Olivetti a Pozzuoli.

Nel 1988 a Roma si inaugura l’Ala Cosenza, così chiamata perché progettata da uno dei più dotati architetti italiani: Luigi Cosenza. L’Ala serve ad ampliare la GNAM, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Valle Giulia, un mediocre edificio realizzato da Cesare Bazzani in occasione dell’Esposizione internazionale del 1911. I lavori dell’Ala, se consideriamo anche l’ideazione, sono durati ventidue anni: il progetto, infatti, era iniziato nel 1965 ed era stato finanziato nel 1973.
Finalmente un inserto autenticamente moderno, eppure rispettoso della monumentale e retorica preesistenza e del non facile contesto architettonico e ambientale dell’area. L’Ala ha però un difetto e non trascurabile: per la ridotta altezza degli inter-piani appare inadeguata alle grandi opere d’arte contemporanea. Pazienza: può essere utilizzata per i formati più piccoli, mentre grandi sale non mancano certo nell’edificio limitrofo di Bazzani.
L’Ala Cosenza non entra però mai pienamente in funzione, forse anche per l’eccessiva purezza e semplicità delle sue forme. Ricordo che una volta sono rimasto disgustato dalla scelta dell’allora direttrice del museo di dipingerne le pareti con colori da galleria dell’Ottocento, tra questi il rosso pompeiano: segno che l’Ala non è capita e non piace a chi la deve gestire. Poi cade il silenzio. Sino a quando non si decide di bandire un concorso per stravolgerla in vista di un piano più ambizioso. È il 2000. A essere scelto è un progetto orribile firmato dalla coppia svizzera Diener & Diener. Giudicato dalla giuria, con i soliti ossimori che servono per nascondere il nulla concettuale, “radicale e sobrio”. In realtà un monumentino retorico che fa rimpiangere la sobria pulizia del progetto Cosenza. Per una volta, la migliore cultura architettonica italiana insorge unanime… quasi unanime… per evitare la demolizione. Paolo Portoghesi, che poi inspiegabilmente (?) fa un passo indietro, Giorgio Muratore, Renato Nicolini, l’InArch e alcuni giovani critici tra i quali il sottoscritto. La battaglia a un certo punto sembra vinta. Come succede spesso in Italia, però, tutto si ferma. Penalizzando in egual misura chi vuole sostituire e chi vuole riqualificare. E, a distanza di quasi venti anni, oggi il rudere rimane tale e quale, anzi si degrada giorno dopo giorno. Ho letto però che è in corso un adeguamento strutturale e impiantistico dell’Ala (con gara al 16 ottobre 2019), ma chi conosce le vicende italiane sa quanto poco si possa fare affidamento su queste procedure per riavere l’edificio funzionante in tempi decenti.
Cancellare una delle opere principali di Cosenza sarebbe stato, comunque, uno scempio imperdonabile. Con l’aggravante che parliamo dell’opera romana dell’autore di due capolavori che hanno segnato il corso dell’architettura italiana: Villa Oro a Napoli, disegnata insieme a Bernard Rudofsky tra il 1934 e il 1937, e lo stabilimento Olivetti di Pozzuoli, realizzato tra il 1953 e il 1955.

Luigi Cosenza, Ampliamento della Galleria Nazionale d'Arte Moderna, Roma, 1965. Archivio Luigi Cosenza Archivio di Stato, Pizzofalcone, Napoli

Luigi Cosenza, Ampliamento della Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma, 1965. Archivio Luigi Cosenza Archivio di Stato, Pizzofalcone, Napoli

SOLIDITÀ E STRANEZZE DI LUIGI COSENZA

Cosenza era un personaggio solido e posato ma, come molti napoletani benestanti che amavano la vita lenta ed elegante della capitale del meridione ‒ era nato nel 1905 in una agiata famiglia di ingegneri ‒, non privo di stranezze. Non ultima quella di aver allevato a carne e pizze un leone, di nome Zimbettino, diminutivo forse di Simba, che poi a malincuore, una volta fattosi troppo grande, fu ceduto allo zoo cittadino. Uomo burbero e di principi, amico di Amedeo Bordiga, l’irriducibile marxista antistalinista e antitogliattiano, Cosenza si era iscritto al Partito Comunista già nel 1943. Autore di diversi piani urbanistici boicottati, lottò con grande energia contro il sacco di Napoli promosso dalla destra di Lauro e testimoniato dal film di Francesco Rosi Le mani sulla città. Ma poi si scontrò contro le incongruenze tattiche dei suoi compagni di partito e dei suoi colleghi di università tanto da essere isolato e finire a insegnare, invece che nella facoltà di Architettura, in quella di Ingegneria, dove infine ottiene la cattedra di Composizione Architettonica e Progetti Edili. L’esperienza universitaria dura dal 1948, quando inizia come assistente volontario, sino al 1958, quando si dimette per incompatibilità con il mondo accademico.
L’adesione di Cosenza al movimento razionalista avviene da giovane, sin dal periodo immediatamente dopo la laurea in Ponti e Strade, conseguita nel 1928. Negli anni successivi collabora con Domus e Casabella, entrando in contatto con Giuseppe Pagano, che lo sostiene e lo incoraggia. Con Pagano Cosenza condivide l’idea che l’architettura debba essere solida, utile, autentica, parsimoniosa, estranea ai sofisticati giochi linguistici che ne compromettono i valori. Idea questa che negli Anni Trenta è rafforzata dall’incontro con Bernard Rudofsky, un architetto e ingegnere nato in Moravia, nell’ex territorio dell’impero austro-ungarico, che gira il mondo per imparare la lezione dell’edilizia spontanea, realizzata da mastri che non hanno studiato architettura e nasce da profonde considerazioni funzionali. Inoltre a, differenza delle architetture troppo estetizzate disegnate da tanti protagonisti del Movimento Moderno, esprime un profondo legame con la vita delle persone che la abitano. Un progetto simile, del resto, a quello di Pagano, anch’egli particolarmente sensibile all’edilizia spontanea, ma da Rudofsky condotto con maggior perseveranza e determinazione.

VILLA ORO A POSILLIPO

L’incontro tra Rudofsky e Cosenza avviene probabilmente intorno al 1932 e porta alla realizzazione di uno dei testi più importanti della nuova architettura: Villa Oro sulla collina di Posillipo. Una costruzione che ruba alla migliore edilizia spontanea i suoi segreti e, nello stesso tempo, appare come uno straordinario testo del Movimento Moderno. Ricorda Le Corbusier con tutta la sua forza purista e ansia mediterranea, ma senza la sezione aurea, i tracciati regolatori e gli orpelli geometrici che continuamente corrono il rischio di soffocare le sue architetture. Esattamente l’opposto di quanto stanno tentando di fare negli stessi anni i protagonisti del Gruppo 7 e del MIAR, con grande disappunto dello stesso Pagano (e di Edoardo Persico che lo affianca nella direzione di Casabella sino alla tragica morte avvenuta nel 1936).

Luigi Cosenza, Centro di formazione per lavoratori edili, Napoli, 1953 54. Archivio Luigi Cosenza Archivio di Stato, Pizzofalcone, Napoli

Luigi Cosenza, Centro di formazione per lavoratori edili, Napoli, 1953 54. Archivio Luigi Cosenza Archivio di Stato, Pizzofalcone, Napoli

LO STABILIMENTO OLIVETTI A POZZUOLI

Il secondo capolavoro di Cosenza è lo stabilimento Olivetti di Pozzuoli. Credo che pochi personaggi abbiano saputo interpretare il credo di Adriano Olivetti meglio di Cosenza. La fabbrica è, infatti, concepita come un microcosmo immerso nel verde e nella luce, organizzato secondo linee semplici, essenziali, pulite, precise. Una geometria in cui le diverse funzioni (uffici, officina, spazi ricreativi e per la cultura, mensa, locali tecnici) si integrano ma senza velleità estetizzanti. A partire dallo schema a croce che risulta il migliore per garantire a ogni finestra l’apertura sul paesaggio e per concatenare i diversi spazi. Schema che viene però adattato tutte le volte che risulta necessario per meglio assicurarne la funzionalità, giocando, per esempio, abilmente con le curve di livello. “Di fronte al golfo più singolare del mondo” ‒affermerà Olivetti nel 1955 durante il discorso di inaugurazione ‒ “questa fabbrica si è elevata, nell’idea dell’architetto, in rispetto alla bellezza dei luoghi e affinché la bellezza fosse di conforto nel lavoro di ogni giorno”. A rendere ancora più bella la natura contribuisce il progetto paesaggistico di Piero Porcinai, che lavorò al fianco di Cosenza per trasformare questa officina insistente su un terreno di circa 15 ettari in una delle prime fabbriche verdi al mondo.

L’EPILOGO

Oltre a essere stato un poeta, Luigi Cosenza ha avuto particolarmente a cuore il tema dell’edilizia abitativa, istituendo, durante gli anni dell’insegnamento universitario, un Centro Studi per l’Edilizia, il CESUN. Progetta diversi quartieri sperimentali, tra i quali quello di Posillipo, per mettere a punto le tecniche di prefabbricazione. Un approccio etico che gli viene riconosciuto dalla critica a lui contemporanea ‒ Zevi, per esempio, ha per Cosenza grandissima stima ‒ ma che non basta a dargli quella visibilità che avrebbe meritato. Anche perché si scontra con la linea storicista che, invece, risulta vincente in Italia. Entra in polemica con Ernesto Nathan Rogers sul tema della ambigua continuità dell’architettura italiana che gli appariva come l’abdicare ai principi di rinnovamento dell’architettura contemporanea in nome di un superficiale ossequio al passato. Deluso per il fallimento degli ideali per i quali tanto si era speso, Cosenza si chiuderà, nell’ultima parte della propria vita, in un progressivo isolamento, fino alla morte avvenuta a Napoli il 3 aprile 1984.

Luigi Prestinenza Puglisi

LE PUNTATE PRECEDENTI

Architetti d’Italia #1 – Renzo Piano
Architetti d’Italia #2 – Massimiliano Fuksas
Architetti d’Italia #3 – Stefano Boeri
Architetti d’Italia #4 – Marco Casamonti
Architetti d’Italia #5 – Cino Zucchi
Architetti d’Italia#6 – Maria Giuseppina Grasso Cannizzo
Architetti d’Italia#7 – Adolfo Natalini
Architetti d’Italia#8 – Benedetta Tagliabue
Architetti d’Italia#9 – Michele De Lucchi
Architetti d’Italia#10 – Vittorio Gregotti
Architetti d’Italia#11 – Paolo Portoghesi
Architetti d’Italia#12 – Mario Cucinella
Architetti d’Italia #13 ‒ Mario Bellini
Architetti d’Italia #14 ‒ Franco Purini
Architetti d’Italia #15 ‒ Italo Rota
Architetti d’Italia #16 ‒ Franco Zagari
Architetti d’Italia #17 ‒ Guendalina Salimei
Architetti d’Italia #18 ‒ Guido Canali
Architetti d’Italia #19 ‒ Teresa Sapey
Architetti d’Italia #20 ‒ Gianluca Peluffo
Architetti d’Italia #21 ‒ Alessandro Mendini
Architetti d’Italia #22 ‒ Carlo Ratti
Architetti d’Italia #23 ‒ Umberto Riva
Architetti d’Italia #24 ‒ Massimo Pica Ciamarra
Architetti d’Italia #25 ‒ Francesco Venezia
Architetti d’Italia #26 ‒ Dante Benini
Architetti d’Italia #27 ‒ Sergio Bianchi
Architetti d’Italia #28 ‒ Bruno Zevi
Architetti d’Italia #29 ‒ Stefano Pujatti
Architetti d’Italia #30 ‒ Aldo Rossi
Architetti d’Italia #31 ‒ Renato Nicolini
Architetti d’Italia #32 ‒ Luigi Pellegrin
Architetti d’Italia #33 ‒ Studio Nemesi
Architetti d’Italia #34 ‒ Francesco Dal Co
Architetti d’Italia #35 ‒ Marcello Guido
Architetti d’Italia #36 ‒ Manfredo Tafuri
Architetti d’Italia #37 ‒ Aldo Loris Rossi
Architetti d’Italia #38 ‒ Giacomo Leone
Architetti d’Italia #39 ‒ Gae Aulenti
Architetti d’Italia #40 ‒ Andrea Bartoli
Architetti d’Italia#41 ‒ Giancarlo De Carlo
Architetti d’Italia #42 ‒ Leonardo Ricci
Architetti d’Italia #43 ‒ Sergio Musmeci
Architetti d’Italia #44 ‒ Carlo Scarpa
Architetti d’Italia #45 ‒ Alessandro Anselmi
Architetti d’Italia #46 ‒ Orazio La Monaca
Architetti d’Italia #47 ‒ Luigi Moretti
Architetti d’Italia #48 ‒ Ignazio Gardella
Architetti d’Italia #49 ‒ Maurizio Carta
Architetti d’Italia #50 ‒ Gio Ponti
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Luigi Prestinenza Puglisi

Luigi Prestinenza Puglisi

Luigi Prestinenza Puglisi (Catania 1956). Critico di architettura. Collabora abitualmente con Edilizia e territorio, The Plan, A10. E’ il direttore scientifico della rivista Compasses (www.compasses.ae) e della rivista on line presS/Tletter. E’ presidente dell’ Associazione Italiana di Architettura e Critica…

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