Architettura italiana durante e dopo la pandemia: 6 testimonianze
Gli architetti Alfonso Femia, Davide Fabio Colaci, Carlo Ratti, lo studio Margine e Marco Piva raccontano come sta cambiando la loro attività professionale e riflettono sulle priorità della disciplina al termine della crisi in corso.
Continua a delineare traiettorie di ricerca, introducendo nuovi argomenti di approfondimento, l’iniziativa con cui Artribune sta documentando l’impatto dell’emergenza sanitaria globale in ambito architettonico. Dopo i contributi di Luca Molinari, Andrea Boschetti, Selina Bertola, Roberto Forte, ECÒL e Stefano Boeri, a prendere la parola sono ora Alfonso Femia, Davide Fabio Colaci, Carlo Ratti, lo studio Margine, Marco Piva e Michele De Lucchi – AMDL CIRCLE. Nei loro video contributi, gli architetti descrivono cosa sta avvenendo nei rispettivi studi di progettazione, manifestando piena consapevolezza rispetto ai limiti dello smart working nell’esercizio di questa professione. Le loro valutazioni aprono in campo anche alla dimensione temporale del “post-pandemia” e al contributo che la disciplina potrà offrire nella costruzione di scenari alternativi per vivere insieme nel pianeta. Con alcune proposte concrete destinate al territorio italiano.
-Valentina Silvestrini
ARCHITETTI E PANDEMIA: ALFONSO FEMIA – ATELIER(S) STUDIO FEMIA
Non è immaginabile che il lavoro dell’architetto si svolga completamente in modalità smart working. Ne è convinto Alfonso Femia, che in questo video racconta l’organizzazione del suo studio in questa fase. Sottolineando l’urgenza di tutelare la salute di tutte le maestranze che operano nei cantieri, al momento sospesi, l’architetto propone “un grande impegno per ripartire, un lavoro nel tempo e con il tempo, equidistribuito, per far crescere l’intera comunità”.
ARCHITETTI E PANDEMIA: DAVIDE FABIO COLACI
Di “straordinaria energia” delle nostre case parla Davide Fabio Colaci, architetto e professore al Politecnico di Milano e presso NABA. Nel suo intervento sottolinea come in queste settimane finestre e balconi siano divenuti estensioni del nostro privato domestico. Analizza, inoltre, i riflessi culturali e antropologici della crisi in atto e avanza l’idea di un prossimo investimento nella “cultura del progetto, con tanti piccoli interventi di altissima qualità in tutti quei territori che hanno bisogno di cura. Forse partendo, in modo anche simbolico, da Vo’ Euganeo e Codogno”.
ARCHITETTI E PANDEMIA: CARLO RATTI – CARLO RATTI ASSOCIATI
“Mai sprecare una crisi”. Nella sua dichiarazione Carlo Ratti cita Rahm Emanuel, ex sindaco di Chicago, ed evidenzia come il momento attuale costituisca un’occasione “per reinventarci, per capire su quali progetti puntare“. Nello stesso tempo, questo può anche essere il momento in cui domandarsi “come usare le competenze per fare qualcosa di utile per la società”. Individuando tra le sfide del futuro il ripensamento tra lo spazio pubblico e lo spazio virtuale, Ratti racconta la recente esperienza della “maratona di progettazione, con un gruppo no profit e open source” che ha portato allo sviluppo del progetto CURA.
ARCHITETTI E PANDEMIA: GIULIO CICCARESE – MARGINE
Da Lecce prende la parola l’architetto Giulio Ciccarese, che con la collega Valentina Pontieri ha fondato Margine, studio operativo tra la città pugliese e Roma. Limiti e potenzialità del lavoro in smart working emergono dalla sua testimonianza, accompagnandosi a una valutazione sulle possibili ricadute economiche della crisi in atto, sul “rinnovato spirito civico” e sui riverberi della stessa nella sfera ambientale.
ARCHITETTI E PANDEMIA: MARCO PIVA – STUDIO MARCO PIVA
Non manca un segno di positività e di speranza nella dichiarazione di Marco Piva, che ricostruendo lo scenario attuale del suo studio riferisce della riapertura della sede di Shanghai. “Non possiamo perdere l’occasione, appena tornati al nostro lavoro, di riorganizzare e ripensare le nostre città“, auspica l’architetto che con i suoi collaboratori in queste settimane di “tempo sospeso” ha sperimentando il format di meeting virtuali, a fine giornata, dal titolo “Convivium”.
ARCHITETTI E PANDEMIA: AMDL CIRCLE SMART WORKING LANDSCAPE
“Si è come formato un unico grande foglio bianco, nel quale mettere insieme tutti i miei mestieri di architetto, designer, scrittore, pittore, disegnatore, scultore. E tutto questo si combina meravigliosamente insieme, in un unico quadro che non mi sarei mai aspettato di realizzare“. L’architetto Michele De Lucchi e il suo team raccontano, ciascuno dal proprio “ufficio domestico” e passandosi la parola, la nuova routine dello studio e come l’esperienza dello smart-working possa costituire una risorsa anche per il futuro di AMDL CIRCLE.
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