A Milano l’edificio Pirelli 39 sarà riqualificato da Diller Scofidio + Renfro e Boeri
I due studi di architettura si sono aggiudicati il concorso bandito da Coima per la rigenerazione del complesso immobiliare noto come “Pirellino” e la riqualificazione delle aree limitrofe. Tre interventi: una torre nuova tipo Bosco Verticale, una torre riqualificata e un ponte-verde simil High-Line newyorkese
Potrebbe sorgere a Milano il primo progetto italiano del celebre studio d’architettura americano Diller Scofidio + Renfro, famoso tra le altre cose per aver realizzato la High Line nella Grande Mela. Lo studio newyorkese e Stefano Boeri Architetti si sono infatti aggiudicati il concorso indetto nel 2019 da Coima Sgr S.p.A., per conto del Fondo COF II, finalizzato all’elaborazione di nuove strategie per la riqualificazione del complesso P39, noto anche come il “Pirellino“, e di alcune aree limitrofe. Si tratta di ex uffici comunali che il Comune di Milano ha abbandonato da anni e poi venduto alla considerevole cifra di 175 milioni: siamo infatti in una zona ambita, nel bel mezzo dello sviluppo di Porta Nuova, tra la Biblioteca degli Alberi, le Torri Unicredit, la nuova sede della Regione Lombardia e l’appena ultimata torre Gioia 22. Il gruppo di progettazione italo-statunitense ha presentato il programma di intervento con cui ha superato i finalisti scelti per la seconda fase della selezione, ovvero gli studi 3xn (Danimarca), David Chipperfield Architects (Inghilterra/Italia), Heatherwick (Inghilterra), Vittorio Grassi (Italia) e Wilmotte (Francia). Sulla strategicità dell’immobile si è soffermato, descrivendo gli esiti del concorso al quale hanno partecipato 70 gruppi (359 gli studi coinvolti) da 15 Paesi, il CEO di COIMA, Manfredi Catella. Prima di lasciare la parola agli architetti Liz Diller e Stefano Boeri, nella sua introduzione ha definito la torre e la sua area di pertinenza “un punto di confine della città” e “un luogo che può produrre un impatto di rigenerazione urbana oltre propri i confini specifici”.
IL CONCORSO PER LA RIGENERAZIONE DI PIRELLI 39
Costruito negli anni Sessanta, con una superficie complessiva di oltre 60.000 mq su 26 piani per 90 metri di altezza (cui si somma il corpo basso, a forma di ponte, su via Melchiorre Gioia e tre piani interrati), Pirelli 39 è un edificio attualmente vuoto, circondato da alcuni “spazi pedonali o pubblici che non sono stati ancora riqualificati come accaduto nel resto dell’area di Porta Nuova”, ha precisato Catella. In qualità di committente, Coima ha inteso il progetto come “un’opportunità di grande innovazione per Milano, oggi più che mai”, assegnandogli una “valenza culturale e simbolica di uscita da un periodo così difficile. In questo progetto abbiamo concentrato tutte le nostre idee affinché diventi un paradigma per la rigenerazione urbana del futuro e interpreti l’agenda del post-COVID e le linee guide di matrice europea sul social, sul verde e sulla modernizzazione”. Dai progetti candidati la committenza attendeva soluzioni innovative per affrontare, in particolare, tre temi: la ricomposizione e la riconnessione degli spazi pubblici dell’area in esame; il riuso dell’edificio esistente; la centralità degli aspetti ambientali. Nel marzo 2019 Coima si è aggiudicata per 175 milioni di euro il complesso immobiliare di via Giovanni Battista Pirelli 39; a metterlo in vendita è stato il Comune di Milano tramite un’asta pubblica alla quale hanno partecipato cinque fra i maggiori operatori italiani e internazionali del mondo immobiliare e finanziario. Con questa operazione, prosegue l’investimento di Coima nel quadrante nord est di Porta Nuova, dopo gli interventi degli ultimi anni.
IL PROGETTO DI DILLER SCOFIO+ RENFRO E STEFANO BOERI ARCHITETTI
“Si trattava di immaginare un’operazione di rigenerazione urbana in un punto molto importante di Milano, senza consumare un metro quadro in più di suolo e facendo tre cose: rinnovare un edificio nobile della storia dell’architettura moderna italiana e milanese; pensare a un edificio che ‘mettesse i piedi nel parco’ e che potesse rilanciare la ricerca sul rapporto tra architettura e botanica, che costituisce una delle sfide che tutte le città del mondo stanno cercando di esplorare; pensare che il ponte, invece che essere abbattuto, potesse diventare qualcosa che oggi non esiste in Europa, cioè un grande spazio pubblico verde aperto alla città, a ponte tra due porzioni di Milano”, ha affermato Stefano Boeri, introducendo il progetto vincitore. Da New York, Elizabeth Diller si è dunque espressa in termini di “triade”, specificando che il piano elaborato dai due studi prevede un modello di utilizzo misto di spazi pubblici-residenziale-terziario e si sostanzia nel recupero della torre esistente, nella riconversione dell’edificio a ponte su Melchiorre Gioia e nella costruzione di una nuova torre; inclusi anche interventi nell’area circostante, a partire dalla riduzione da 6 a 4 corsie di via Gioia fino allo sviluppo di un percorso ciclabile su entrambi i lati e di nuovi tratti pedonali. “L’obiettivo è aggiungere più verde pubblico nella zona d’intervento. Il concetto è quello di realizzare un vero e proprio modello di utilizzo misto che sia sostenibile per la crescita urbana. La triade prevede un edificio per uffici, uno residenziale e uno culturale. Il progetto è stato concepito come un ecosistema verde: sarà un luogo in cui la natura si unirà all’arte, alla scienza, alla cucina. Avremo anche la serra, la galleria per mostre d’arte e scientifiche, un caffè, un’area mercato, un anfiteatro pubblico, ovvero tutta una serie di aree aperte al pubblico”, ha aggiunto la co-progettista della High-Line newyorkese.
COME CAMBIERÀ LA TORRE DEL PIRELLINO
Diller si è quindi soffermata sul progetto del Pirellino, precisando che al momento la torre non soddisfa gli standard previsti per gli spazi per uffici, oltre a ricordare la mancata conformità ai requisiti sismici e la presenza di amianto. “È dunque necessario un intervento profondo. Prevediamo una estensione della facciata nord, attualmente rivestita in alluminio e priva di una grande impronta architettonica, assicurando il mantenimento del profilo e della forma dell’edificio originale.” Sulla facciata nord, fra il 7° al 26° piano sarà dunque realizzata “una struttura astratta e molto snella”; resterà invariata l’altezza dell’edificio che però verrà dotato di una sorta di cappello.
LA TORRE RESIDENZIALE BOTANICA
Per la torre residenziale, che si chiamerà Botanica, “abbiamo lavorato con un concetto analogo a quello del Bosco Verticale”, ha affermato Boeri “ma legandoci di più alla tradizione del giardino all’italiana”. Con questa costruzione ex novo si intende portare avanti “quel processo di forestazione urbana avviato in numerose città europee”. L’edificio sarà alto 110 metri, distribuiti su 25 piani; i primi tre saranno pubblici e aperti alla città. In particolare fra le novità che differenzieranno questa torre rispetto al Bosco Verticale sono state annunciate: la presenza di 1.700 mq di vegetazione, che in questo caso saranno piantumati in modo tale che le fioriture, attraverso i rispettivi cromatismi, seguano le variazioni stagionali; l’adozione di elementi strutturali in legno, una scelta di “assoluta innovazione nel contesto italiano”; sui parapetti di tutti i balconi saranno collocati pannelli fotovoltaici, attraverso i quali si stima che l’edificio possa autoprodurre il 65% del proprio fabbisogno energetico. Insomma non più alberi come nel Bosco Verticale, bensì fiori e piante officinali: dopo il Bosco Verticale, l’Orto Verticale. Che, aggiunge Boeri, “cambierà colore durante il giorno e soprattutto durante le stagioni” proprio in virtù delle essenze e delle erbe selezionate per i terrazzi.
IL PONTE SERRA, UN’INFRASTRUTTURA PUBBLICA ED ECOLOGICA
Terza e ultima componente della triade è il ponte-serra, inteso come elemento di collegamento fra le due torri, la città e le due porzioni di Biblioteca degli Alberi, oltre che come parte pubblica dell’intervento; nuovi corpi scala lo metteranno in relazione diretta col parco circostante. “Sarà una serra unica, non solo perché si troverà su un ponte ma perché è stata concepita come un incubatore di vita”, ha sottolineato Diller. “Manterremo gli stessi volumi esistenti, dando però una leggerezza incredibile. Avremo quattro spazi: dalla serra vera e propria, che includerà anche alberi e altre specie selezionate dai botanici, alla galleria, dalla caffetteria fino allo spazio didattico e formativo”. L’obiettivo, quindi, è riconvertire il volume esistente rendendolo un nuovo spazio per la città, destinato a eventi, mostre ed esposizioni, dotato di aree per incontri e per il tempo libero, che assolva nello stesso tempo il ruolo di elemento di connessione nel quartiere. Ma la parte più affascinante del progetto è quella più in bilico.
PRIME REAZIONI DAL COMUNE
“Credo che Boeri e Diller abbiano fatto un ottimo lavoro. Ovviamente il progetto deve essere rispettoso delle norme, esattamente come ogni intervento in città”, ha commentato a margine della presentazione Pierfrancesco Maran, Assessore a Urbanistica, Verde e Agricoltura del Comune di Milano, raggiunto da Artribune. “C’è un potenziale notevole nell’immaginare il ponte come una stecca al servizio della città e come modo di connettere le due grandi stazioni di Milano, Garibaldi e Centrale, passando attraverso la Biblioteca degli alberi”. La partita è apertissima: per la realizzazione di tutto il progetto – su questo Manfredi Catella è stato fin troppo chiaro – occorre la premialità sulla cubatura del 25% garantita da una nuovissima legge regionale. Legge che il Comune ha combattuto ed è intenzionato ad applicare nella maniera minore possibile. Questo edificio rientrerà tra quelli che ne potranno beneficiare o il progetto dovrà essere rivisto? “Nel secondo caso” ha chiosato Catella “a farne le spese sarà il ponte pubblico con i suoi spazi verdi, le sue aree pedonali e gli spazi espositivi e culturali”.
– Valentina Silvestrini
www.coima.com
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