Cyberpunk e comunitario. Alessandro Melis racconta il Padiglione Italia

Nuove anticipazioni sulla imminente Biennale di Architettura di Venezia. Stavolta cediamo la parola ad Alessandro Melis, curatore del Padiglione Italia.

Concepito come un’opera collettiva, Comunità Resilienti affronta il cambiamento climatico ponendosi all’ascolto del “rumore di fondo” e delle esperienze marginali, oltre i vincoli dell’architettura canonica. E ricorda che “mantenere lo status quo non è un’opzione”.

Comunità Resilienti è una piattaforma-mostra-laboratorio: riunisce una pluralità di voci e 14 macro-progetti. Nello sviluppo del concept, la affianca il filosofo ed evoluzionista Telmo Pievani. Perché?
È fra i massimi esperti di Stephen Jay Gould, il biologo statunitense che ha contribuito alla rivoluzione tassonomica della biologia dell’evoluzione, avvenuta fra gli Anni Sessanta e gli Anni Zero. Pievani si occupa proprio di quella disciplina, lavora nella transdisciplinarietà – fra i temi cruciali del progetto – ed è un ottimo divulgatore. È interessato a quel lavoro di comunicazione che portiamo avanti con il Padiglione, al cui interno presentiamo le novità della ricerca scientifica, puntando a renderli accessibili anche attraverso fumetti, gaming, arte.

Anche il graphic design sembra avere un ruolo centrale, a partire dal logo.
Partiamo da una premessa: nella cultura anglosassone l’impatto di una ricerca è considerato un valore ed è importante oltrepassare il livello di audience strettamente scientifico. Le arti hanno un potenziale comunicativo fortissimo: sono uno strumento di sintesi e comprensione, non implicano la semplificazione. Nei mass media generalisti, la semplicità diventa semplificazione; le arti, invece, mantengono il livello di complessità. Il nostro logo possiede più scale di lettura ed è un esempio di questa visione [la sua evoluzione è nell’immagine, N.d.R.]. Rimanda all’attivismo e ai diritti civili – in particolare al gesto di Smith e Carlos alle Olimpiadi del 1968. Riunisce, nella parte alta, un “modello di città” (sintetizzato nella planimetria dell’allestimento del padiglione curato da Milovan Farronato, che abbiamo recuperato e riutilizzato) e, sotto, un cefalopode. Indica che per noi, dunque, per uscire dalla crisi occorre siglare un nuovo patto tra mondo costruito e Natura, che non rappresentiamo con un albero o un fiore. In Comunità Resilienti non c’è nessun richiamo all’Arcadia: anzi, nei colori e nelle installazioni come Spandrel, un prototipo a metà tra un’architettura e un organismo vivente, rimandiamo a un’estetica dichiaratamente cyberpunk.

Rappresentazione grafica di “spandrel”. Illustrazione hero section del sito web Comunità Resilienti

Rappresentazione grafica di “spandrel”. Illustrazione hero section del sito web Comunità Resilienti

LE COMUNITÀ RESILIENTI DI ALESSANDRO MELIS

A proposito di ambiente costruito, una sezione si focalizza sulla città media e sulla rigenerazione; un’altra, Laboratorio Peccioli, individua nel centro pisano un modello di sviluppo virtuoso. Per Comunità Resilienti, la terza via tra megalopoli e borghi è da rintracciare nella provincia italiana?
Come ricorda anche Jay Gould, la Natura funziona per complessità, non per idee binarie. La polarizzazione – città vs borghi – è sbagliata in partenza: esclude una complessità che è tipica della realtà. Proprio per questo, anziché sulle città resilienti, poniamo l’accento sulle comunità resilienti, ovvero le unità di relazioni con un proprio riflesso fisico. Gli studi più recenti che stiamo conducendo con il Cluster of Sustainable Cities riguardano Algeri e Città del Messico: ci confermano che a essere davvero rilevante è come le comunità sono organizzate nelle strutture urbane, non queste ultime di per sé.

Hai concepito il padiglione stesso come una comunità resiliente, formata da 14 “sotto comunità”, intese come laboratori operativi. A livello di metodo, come hai operato?
Il collettivo che ha lavorato al progetto non vuole richiamare l’hippismo Anni Sessanta. Il Padiglione Italia funziona come una rivista scientifica anglosassone: sezioni e persone sono parte di un sistema di condivisione etica e di controllo incrociato fra pari, proprio come avviene nella peer review.

Valentina Silvestrini

www.comunitaresilienti.com

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #59-60

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Valentina Silvestrini

Valentina Silvestrini

Dal 2016 coordina la sezione architettura di Artribune, piattaforma per la quale scrive da giugno 2012, occupandosi anche della scena culturale fiorentina. È cocuratrice della newsletter "Render". Ha studiato architettura all’Università La Sapienza di Roma, città in cui ha conseguito…

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