Da qualche giorno a Roma il dibattito pubblico si è focalizzato su di… una pista ciclabile. Non su una nuova pista ciclabile eh, su una storica pista ciclabile esistente da anni, che semplicemente è stata riasfaltata avendone effettivamente bisogno. Nonostante in questi giorni ci fosse da discutere del fatto che Roma ha ricevuto poche o nulle risorse dal Recovery Plan, nonostante ci fosse da confrontarsi sulla campagna elettorale più deludente di sempre, nonostante ci fosse da parlare dei continui e dannosi strafalcioni della Giunta Raggi e dei tre (tre!) incidenti mortali occorsi nelle strade della città solo nelle ultime 48 ore, l’opinione pubblica si è accanita su questa ciclabile al grido di “sfregio”, “danno ambientale”, “oltraggio artistico”, “deturpamento dell’ecosistema”, “intervento devastante sull’integrità paesaggista”. Tutto testuale!
Ciclabile Tevere un tratto ancora col vecchio asfalto
LA PISTA CICLABILE DEL TEVERE. SEMPLICE MANUTENZIONE
Cosa è successo? Su insistente – e sacrosanta – richiesta delle associazioni di ciclisti capitoline, il Comune si è finalmente deciso qualche tempo fa a riqualificare la derelitta ciclabile che corre lungo le banchine del fiume Tevere. Una ciclabile derelitta perché funestata dalle piene del fiume che rende per lunghi mesi le banchine inservibili e per altri mesi le copre di limo rimosso con grandi ritardi. Il percorso per le bici, assai utile a livello trasportistico, è così non solo inservibile per molte settimane all’anno, ma nelle restanti è penalizzato da uno stato manutentivo scadente, dovuto anche ai fenomeni di cui sopra. Per fortuna il cantiere in questi giorni è partito e la riqualificazione è in essere.
Dunque come mai tanto caos per una semplice manutenzione di una pista ciclabile in asfalto che viene riasfaltata? Forse perché in alcuni punti l’asfalto non c’era (con sommo disagio di chi la usava in bici) e ora è stato messo? O forse perché alcune foto scattate durante il cantiere hanno mostrato una lingua di bitume effettivamente piuttosto grossolana? Sta di fatto che l’opinione pubblica è letteralmente andata su di giri. Non c’è rappresentante politico locale (e nazionale!) che non abbia detto la sua, non c’è comitato di quartiere o gruppo di attivisti che non si sia stracciato le vesti, non c’è organizzazione ambientalista che non abbia gridato allo scempio dopo aver taciuto sui mille scempi – quelli incontrovertibili – di questa imbarazzante amministrazione. C’è chi ha proposto il ricorso TAR, chi ha fatto appello alla Soprintendenza, chi ha invitato tutti a imbracciare un piccone per andare a smantellar tutto. Graffiti sui muri da fare impressione, degrado, vegetazione infestante, sporcizia nel fiume, fitti villaggi abusivi popolati da figuri loschi e violenti sotto ogni singolo ponte. Su questioni così tutti muti, ma la ciclabile, oh la ciclabile signora mia…
Nuova ciclabile e graffiti vandalici. Quale il vero problema?
NESSUNO SFREGIO STORICO: LE BANCHINE SONO MODERNE
Ovviamente nessuno sfregio artistico è in corso. E non solo perché parliamo solo di una mera manutenzione ordinaria, ma perché In primo luogo non c’è nulla di artistico da sfregiare: le banchine del Tevere sono una realizzazione moderna di fine ottocento e gli indignati di professione contro una ciclabile che ben presto verrà colorata in una tinta congrua sono gli stessi che fino a qualche decennio fa urlavano contro “i piemontesi” che avevano osato costruire gli impattanti argini del Tevere violentando la città. Ci sono altri integerrimi difensori della città poi convinti che le rive del fiume non si debbano toccare perché risalenti all’epoca imperiale. Sul serio eh! In realtà le banchine sono proprio una infrastruttura contemporanea pensata anche per fini trasportistici, la presenza dunque di una ciclabile è più che congrua.
“
Ma potevano almeno avvisarci, avremmo progettato insieme la pista, avremmo chiamato architetti e paesaggisti” sostengono le critiche più costruttive. Ma davvero per quella che è una manutenzione ordinaria si debbano scomodare progettisti e professionisti? Per carità, più architetti lavorano sulla città meglio è, beninteso, ma se sul serio si pensa che per riasfaltare una vecchia ciclabile si debba chiamare Jean Nouvel in persona allora perché due anni fa siamo stati noi gli unici – unici! – a protestare per scandali a cielo aperto come i
nuovi edifici espositivi costruiti al Circo Massimo che sembrano spogliatoi di uno stabilimento di Torvajanica? Ed è solo uno dei mille esempi.
SCANDALI INVENTATI E SILENZIO DI TOMBA SUGLI SCEMPI VERI
Viene da chiedersi come mai le stesse associazioni così attente alla tutela della città non muovano un dito quando gli stessi uffici che hanno eseguito questa manutenzione “riqualificano” strade, vicoli e piazze del centro storico (quelle sì meritevoli di tutela assoluta, non qualche chilometro di banchine ottocentesche) consegnandole alla inaudita funzione di parcheggio più o meno abusivo. Basta abbandonare le rive del fiume, salire le scale e riemergere in città per trovare un centro storico interamente regalato alla violenza delle lamiere posteggiate e della sosta selvaggia che deturpa ogni angolo, ogni facciata, ogni area archeologica, ogni monumento. Tanto per dirne una l’intero Lungotevere (assai più monumentale e paesaggisticamente suggestivo delle banchine lungo il corso d’acqua) è da tempo un imbarazzante parking lineare a cielo aperto. Però nel silenzio più totale della sempre più surreale opinione pubblica della Capitale che si sceglie gli “scempi” in base alle sue superstizioni e alle sue ignoranze.
– Massimiliano Tonelli
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