Che fine farà la Nakagin Capsule Tower di Tokyo?
Una delle mete architettoniche più popolari e iconiche della capitale giapponese rischia di essere smantellata. Ecco storia e progetti per salvare il gioiello metabolista di Kisho Kurokawa.
Un gigantesco albero di metallo, i cui tozzi rami terminano con occhi spalancati sulla città: la Nakagin Capsule Tower di Ginza è difficile da non notare, anche in un centro iper-urbanizzato e sovraffollato come quello di Tokyo. La torre di 13 piani è diventata un landmark molto riconoscibile e amato della capitale giapponese, con le sue 140 capsule prefabbricate pensate come mini-appartamenti feriali per i manager con la casa in periferia. Ora il suo futuro è incerto: il suo creatore, il celebre architetto Kisho Kurokawa (Kanie 1934 – Tokyo 2007), aveva previsto una vita di circa 25 anni per capsula, dopo i quali sabbero dovute essere sostituite. Eppure, quasi cinquant’anni dopo, le capsule sono ancora le stesse: ormai ricoperte di ruggine, lasciano cadere schegge di cemento sui passanti. L’idea della autorità giapponesi, ora, è quella di demolirla entro la primavera 2022. Non tutti sono d’accordo.
LA STORIA DELLA NAKAGIN CAPSULE TOWER
Costruita nel 1972, la torre è considerata l’esempio più famoso e meglio realizzato del movimento architettonico metabolista degli anni Sessanta, che fondeva la pianificazione di mega-strutture con il concetto di crescita organica e di comunità paritaria (ispirata dal marxismo). Le dimensioni gargantuesche delle strutture metaboliste, che hanno trovato facile fortuna nel Giappone del secondo dopoguerra in pieno risveglio economico-culturale, non sono necessariamente un vezzo per il Paese del Sol Levante: la crescita demografica e urbana non permetteva che soluzioni rapide e ad alta concentrazione di popolazione. Oggi apprezzata soprattutto dai turisti, la Nakagin Capsule Tower è comparsa in diversi film, serie e videogiochi, come The Wolverine e la miniserie Heroes Reborn.
I RESIDENTI ATTUALI E IL FUTURO DELLA TORRE
Dopo un primo trasferimento di circa 40 residenti nel corso di quest’anno, non restano che venti abitanti nei piccoli pied-à-terre da circa 10 metri quadri l’uno, ognuno con il suo bagno, una tv Sony, una radio, un telefono e un grande oblò sul centro della capitale. A parte la flebile speranza che la torre fosse acquisita dall’estero – progetto sfumato con il blocco aereo indotto dalla pandemia – il destino della struttura sembra ormai segnato. La torre, infatti, è fragile, non soddisfa le normative nipponiche antisismiche, e prevederebbe dei costi elevati di ristrutturazione (anche vista la quantità di amianto intrappolato nell’edificio): per questo è davvero probabile che il progetto dello smantellamento sia portato a termine. “Preservare la torre nella forma attuale è impossibile, ma vorremmo che le capsule sopravvivessero anche in forma diversa per mantenere viva l’idea del metabolismo. Questo luogo ispira le persone a essere creative”, ha detto al Guardian Tatsyuki Maeda, rappresentante del progetto di preservazione e rigenerazione del palazzo, il Nakagin Capsule Tower Building Preservation and Regeneration Project. Il progetto di salvataggio prevederebbe di smontarle, rimuovere l’amianto e donarle a musei, gallerie d’arte e altre istituzioni in Giappone e all’estero, anche in virtù delle richieste arrivate da musei negli Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania, Francia e Polonia. Il tempo, però, stringe.
– Giulia Giaume
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati