La scuola napoletana di architettura si racconta in una mostra

A Napoli, il cinquecentesco Palazzo Gravina ospita il primo capitolo di un progetto in tre atti dedicato all’odierno Dipartimento di Architettura partenopeo. Con uno sguardo retrospettivo, la prima mostra del ciclo analizza l’intervallo temporale tra il 1927 e il 1945, dalla fondazione della scuola napoletana di architettura al primissimo dopoguerra

La mostra – promossa dal DiARC_Dipartimento di Architettura diretto da Michelangelo Russo e dalla Commissione Cultura presieduta da Renata Picone – curata da Renato Capozzi, Enrico Formato, Giovanni Menna e Andrea Pane rappresenta il primo capitolo di una serie di eventi espositivi dedicati alle radici della scuola napoletana di architettura. L’esposizione, ospitata al primo piano di Palazzo Gravina, è strutturata in due sezioni, dedicate rispettivamente ai “maestri” e alle “opere”, e si focalizza sugli anni dalla fondazione (1927) al dopoguerra (1945). Il progetto di allestimento è stato curato da Gennaro Di Costanzo (coordinamento), Federica Deo, Claudia Sansò, Maria Simioli, Giovanni Spizuoco. La grafica, concepita come una rielaborazione di un impianto di Max Bill, è stata seguita da Giulio Barazzetta, Emilio Mossa, Mauro Sullam, Florencia Andreola, Claudia Sansò; i testi sono stati elaborati dai docenti, dottorandi e assegnisti del DIARC.

Radici #1. Exhibition view at Palazzo Gravina, Napoli 2022. Photo Gennaro Di Costanzo

Radici #1. Exhibition view at Palazzo Gravina, Napoli 2022. Photo Gennaro Di Costanzo

LA MOSTRA RADICI #1 (1927-1945)

Il viaggio inizia nell’ambulacro del rinascimentale Palazzo Gravina, dove ci imbattiamo nei profili di personalità di primo piano, coinvolti sia nella nascita che nell’evoluzione della Scuola, istituita nel 1927 sotto l’influenza di quella romana fondata nel 1919. Ci riferiamo, in primis, ad Alberto Calza Bini, il quale nel 1930 è nominato direttore della Scuola Superiore di Architettura, in sostituzione di Raimondo D’Aronco, rappresentando l’ideale collegamento con i vertici della scuola romana (Giovannoni e Piacentini). Calza Bini curerà nel 1936 la trasformazione in facoltà di architettura, ottenendo la prestigiosa sede di Palazzo Gravina. Nella disamina dei maestri incontriamo poi Marcello Canino, Roberto Pane, Luigi Piccinato, Ferdinando Chiaromonte, Luigi Cosenza. Quest’ultimo, pur non avendo insegnato nella facoltà di architettura di Napoli e per questo rappresentato in mostra con una “pagina nera”, è colui che ha introdotto a Napoli i temi del Moderno, collocandosi tra i progettisti più significativi del XX secolo, sia per la città che per il Mezzogiorno. Accanto ai maestri troviamo menzionati anche i primi allievi della facoltà partenopea: Carlo Cocchia, Stefania Filo Speziale, Arrigo Marsiglia, Michele Capobianco, i quali riusciranno già a farsi strada, poco dopo la laurea, nel grande cantiere della Mostra d’Oltremare.

Maquette della Chiesa trecentesca di Donnaregina (restauro di Gino Chierici). Modello Gianluca Palmiero. Photo Mario Ferrara

Maquette della Chiesa trecentesca di Donnaregina (restauro di Gino Chierici). Modello Gianluca Palmiero. Photo Mario Ferrara

ALLE ORIGINI DELLA SCUOLA DI ARCHITETTURA DI NAPOLI

La seconda sezione dell’esposizione è dedicata, invece, a una serie di opere paradigmatiche, simbolicamente introdotte dalla tavola originale del piano regolatore di Luigi Piccinato (1934-1939) e accompagnata da modelli lignei a grande scala, sezionati longitudinalmente o trasversalmente, realizzati da Gianluca Palmiero. Troviamo in mostra il restauro della Chiesa di Donnaregina di Gino Chierici (1934), il Caffè Panoramico a Posillipo di Roberto Pane (1934 e demolito negli Anni Cinquanta), il Mercato Ittico (1929-35) di Luigi Cosenza, il Palazzo delle Finanze di Marcello Canino, (1933-37), l’Arena Flegrea di Giulio De Luca (1938-40), le Serre Botaniche di Carlo Cocchia (1939-40, poi ristrutturate nel 1950-52 e demolite nel 1981). Questa sezione comprende anche una serie di documenti bibliografici originali, ospitati in tre teche che delineano il percorso espositivo. Tra questi, il testo Capri (1930) di Giovan Battista Ceas, in cui ritroviamo uno studio di Edwin Cerio, Architettura rurale campana (1936) di Roberto Pane. E ancora il volume Lezioni di caratteri distributivi degli edifici: musei. Appunti raccolti durante le lezioni dell’anno scolastico 1940-41 (1941) di Stefania Filo Speziale, L’architettura degli interni. Analisi, Critica, Metodo e Programma didattico (1943) di Mario De Renzi. Aperta al pubblico fino al 15 marzo 2022, l’esposizione coincide con il completamento delle operazioni di restauro delle facciate interne della corte di Palazzo Gravina e con l’avvio di una serie di operazioni di ammodernamento e di rilancio della sede storica, attraverso le quali si intravede il tentativo del DIARC di aprirsi alla collettività.

Maquette delle Serre Botaniche di Carlo Cocchia. Modello Gianluca Palmiero. Photo Mario Ferrara

Maquette delle Serre Botaniche di Carlo Cocchia. Modello Gianluca Palmiero. Photo Mario Ferrara

IL CONVEGNO INAUGURALE DELLA MOSTRA RADICI #1

Ad accompagnare l’apertura è stato un convegno articolato in tre momenti tra loro interdipendenti. In prima battuta sono intervenuti Michelangelo Russo (direttore del Dipartimento di Architettura – DIARC) e Fabio Mangone (Coordinatore del Dottorato in Architettura); entrambi si sono soffermati sul contesto storico in cui è avvenuta la fondazione della scuola napoletana di architettura. Successivamente Renata Picone (Coordinatrice del Gruppo della Cultura del DIARC) ha delineato l’articolazione complessiva del programma in cui è inserita l’esposizione, strutturato in tre passaggi graduali: Radici #1 (1927-1945), Radici #2 (1946-1980), Radici #3 (1981-2001). Ha concluso poi la prima fase del convegno Renato Capozzi (Delegato alla programmazione e alla gestione delle attività espositive del DIARC), che in merito all’esposizione si è espresso in termini di “mostra-progetto”.

Radici #1. Exhibition view at Palazzo Gravina, Napoli 2022. Photo Gennaro Di Costanzo

Radici #1. Exhibition view at Palazzo Gravina, Napoli 2022. Photo Gennaro Di Costanzo

L’INTERVENTO DI MARCO BIRAGHI

La parte centrale dei lavori è stata invece dedicata alle riflessioni critiche di Franco Purini (professore emerito di composizione architettonica presso la Sapienza di Roma), Marco Biraghi (professore di storia dell’architettura al Politecnico di Milano), Patrizia Gabellini (professoressa ordinaria di urbanistica al Politecnico di Milano), Claudio Varagnoli (professore di restauro presso l’università Gabriele d’Annunzio di Chieti-Pescara).
Le radici infatti vivono se connesse al presente” è una frase che sintetizza l’intenso passaggio di Biraghi sul significato stesso della parola “radici”, la cui ricerca non significa avere uno sguardo nostalgico verso il passato, ma riappropriarsi della propria identità. “La radice è il nucleo essenziale della parola”, ha commentato il docente. Ed è proprio in quest’ottica che vanno intese le diverse anime della scuola napoletana di architettura, come tutte afferenti a un elemento comune.

Carlo De Cristofaro

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Carlo De Cristofaro

Carlo De Cristofaro

Carlo De Cristofaro, architetto-designer, si forma presso le università di Napoli Federico II e di Roma La Sapienza. Dal 2014 al 2020 ha collaborato presso il Dipartimento di Architettura di Napoli (DIARC), come Cultore della materia in Storia dell’Architettura. Dal…

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