L’architettura di Mario Botta tra Sacro e Profano al MAXXI di Roma
Il ciclo di monografiche “Nature” del MAXXI prosegue con l’architetto svizzero: invitato a progettare un’installazione site specific che sintetizzi la propria ricerca progettuale, Botta indaga le dimensioni del sacro e del profano, puntando su una selezione dei suoi lavori
Esiste un dialogo tra Spazio, Materia e Mistero. Su questo si fonda la mostra Sacro e Profano del grande architetto Mario Botta, esposta al MAXXI di Roma dall’8 aprile al 4 settembre 2022. “L’architettura di per sé è sacra perché trasforma una condizione di natura in una condizione di cultura”, ha spiegato. “Da duemila anni si erigono luoghi di culto o di cura per il corpo, come le terme, ma cosa è cambiato? La scommessa più grande e perturbante per un architetto oggi è capire, ad esempio, come si costruisce una chiesa dopo le avanguardie artistiche del XX secolo. Ogni volta bisogna mettersi in discussione”. Micro e macro mondo convergono alla Galleria Gian Ferrari del MAXXI, uno spazio “conclusus” a detta di Giovanna Melandri, ma affollato di testimonianze dei lavori di Botta. Prototipi di vasi in legno di pero, un arazzo; schizzi originali, fotografie e modelli di musei, cattedrali, sinagoghe, padiglioni.
L’ARCHITETTURA DI MARIO BOTTA IN MOSTRA A ROMA
“Troviamo il profano nel sacro e del sacro nel profano, le due dimensioni s’intrecciano”, ha spiegato Botta ricordando il suo incontro con Dürrenmatt, l’agnostico che disegnava angeli e apocalissi. L’architetto traccia linee di separazione, ma nella luce, generatrice dello spazio sensibile, tutto si mescola. “Sono amico di Mario da tanti anni, un giorno mi ha portato in elicottero a vedere le sue chiese. Tanti architetti le costruiscono come scatole da scarpe; in lui, invece, ho sempre trovato il senso del sacro, perfino negli edifici civili. Mario ha conservato il sentimento del luogo. È un grande architetto e, nel sacro, unico” ha raccontato Vittorio Sgarbi ad Artribune, dopo che Botta ha condiviso una vicenda straordinaria. A Leopoli c’è il cantiere di una sua chiesa greco-ortodossa, progettata per la compagnia di don Orione, della quale ha parlato in una recente intervista: “Pensavo che si fossero fermati, invece mi hanno mandato i video del cantiere in attività, con i bombardamenti in sottofondo. Non l’ho portata in mostra perché non è finita. I fedeli hanno donato quello che avevano, collane, denti d’oro. Il tesoretto, portato in Italia, è stato fuso e ora è pronto per dorare il lanternino sulla cupola. Una storia incredibile di resistenza e di speranza. Noi abbiamo perso l’umiltà di credere in un’operazione, questa gente invece è andata fino in fondo e di fronte a questo io mi inchino”.
-Francesca de Paolis
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