Morto a Napoli Riccardo Dalisi, architetto, artista, designer
Aveva vinto il Compasso d'Oro nel 1981 e nel 2014. Tra le sue creazioni più famose la reinterpretazione della caffettiera napoletana per Alessi. Dalisi è stato inoltre uno dei fondatori del movimento dei Global Tools
Molti ricorderanno i personaggi in lamiera, ferro, rame, ottone, filo spinato che incorniciano l’ingresso allo studio in Rua Catalana di Riccardo Dalisi a Napoli: volti, soli, uccelli, città, appena accennate con un segno tridimensionale eppure lievissimo. Nato a Potenza nel 1931, Dalisi è stato una figura carismatica dell’arte, dell’architettura, del design. È morto a Napoli il 9 aprile del 2022 all’età di 91 anni. Ha esposto in tutto il mondo: alla Biennale di Venezia, al Centre Pompidou, al Madre di Napoli, alla Galleria Lucio Amelio, alla Triennale di Milano, alla Fondation Cartier a Parigi, per citare solo qualche occasione. Docente di progettazione architettonica presso la facoltà di architettura della Federico II di Napoli, per la quale è stato anche direttore della Scuola di Specializzazione di disegno industriale, l’opera di Dalisi si inscrive nell’afflato creativo degli anni ’70 al quale appartenevano protagonisti del calibro di Mendini o Sottsass, o ancora Ugo La Pietra. È quest’ultimo a invitarlo a raccontare l’esperienza del movimento dei Global Tools (1973-1975) di cui Dalisi è uno dei fondatori, e le istanze dell’architettura e del design radicali, nel numero 10&11 della rivista SpazioArte.
I GLOBAL TOOLS
All’esperienza dei Global Tools, una sorta di contro scuola di architettura e design con premesse etiche e innovative, tali da incoraggiare l’uso di materie, tecniche naturali e pratiche sostenibili, incoraggiando in maniera sperimentale e interdisciplinare esperienze di progettazione con le istanze dell’Arte Povera, spaziando da Firenze, Milano a Napoli, fu dedicata nel 2014 una importante mostra a cura di Silvia Franceschini e Valerio Borgonuovo al SALT di Beyoglu, a Istanbul. La poetica di Dalisi si mescola spesso a quella dell’Arte Povera, ma la sua pratica si fonde anche con istanze legate al sociale. Spesso lo vediamo infatti impegnato in attività con i bambini del Rione Traiano e i ragazzi del Rione Sanità, con i ragazzi del carcere minorile o con i giovani di Scampia, mescolando arte e didattica. Il suo immaginario fiabesco che affonda le radici nel mistico, nella bellezza degli ex voto napoletani, dell’epica e nelle antiche tradizioni mescolano il saper fare degli artigiani con la ricerca dei designer.
DUE COMPASSI D’ORO
L’uso di questi materiali, delle cose semplici e quotidiane, sono alla base della sua ricerca sulla caffettiera napoletana, cominciata nel 1979 su incarico di Alessi, che gli vale il Compasso d’Oro nel 1981 (ne vince un secondo nel 2014 per il suo impegno sociale). Dalisi fa di questo oggetto popolare la ricerca di una vita, che ritorna spesso anche nella sua scultura, e che prende vita anche grazie al confronto con i lattonai e i ramaioli napoletani. Di lui il critico Angelo Trimarco scrive nel 1997: Riccardo Dalisi, come un prestigiatore fa per le sue magie, raduna filo spinato e rete per costruire pollai, ferro e rame, ottone. Da queste materie, opportunamente lavorate, vengono alla vita dell’arte i Suonatori e i Re, i Centauri e la Sfinge, le figure della Devozione, Cristo e la Madonna, i Guerrieri. Questi materiali umili vengono “trattati” dall’artista con tecniche antiche e memoria sapienziale a sottolineare lo scarto tra la loro povertà e la persistenza e vitalità di un patrimonio irrinunciabile. Recentemente, in collaborazione con la NABA e la Triennale di Milano dà vita al Premio Compasso di Latta, dedicato alla relazione tra pratica progettistica, ecologia e sociale. Nel 2014 dice di lui Gabriele Santoro: “la poetica del design ultra poverissimo, ultima frontiera della tecnica povera che ha caratterizzato la produzione di Dalisi, accolta nei più prestigiosi spazi espositivi mondiali (dal MoMa alla Triennale di Milano; oggi sue mostre sono in corso in Cina, a Seul e alla collettiva Il design italiano oltre la crisi, autarchia e autoproduzione alla Triennale), manifesta una miniera di personaggi fantastici”.
RUA CATALANA
Nel 2018 Dalisi torna in Rua Catalana, stabilendo il suo studio e archivio nell’antica via del ferro della città di Napoli, che il maestro aveva contribuito a ripristinare nel 1997. Per il quartiere laboratorio tornato alla vita con il ritorno degli artigiani lattonai, Dalisi ha ideato l’illuminazione, con luci sostenute dalle sculture realizzati da questi ultimi. Tra questi il famoso lume Napolino che rappresenta l’attività nelle botteghe. Un’opera che reinterpreta lo spirito della città, un lascito del design e dell’architettura utili allo spazio pubblico, che si inserisce con eleganza ecologica senza manipolazioni e speculazioni, con l’intento di migliorare la vita delle persone. Il lascito di Dalisi è ancora oggi radicale, una grande utopia sociale.
–Santa Nastro
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