Un nuovo Campus per l’Università RUFA a Roma. L’intervista ad Alessandro Mongelli
In costruzione il Campus RUFA di via Libetta, la strada della movida in zona Ostiense, tra Goa e Circolo degli Illuminati. L'enorme hub di 6000 mq prende il posto dell'Ex Falegnameria Triestina. L'intervista al CEO Alessandro Mongelli
Un nuovo grande campus di formazione prende il posto dell’Ex Falegnameria Triestina in via Libetta a Roma: 6000 mq saranno destinati ai futuri artisti e ai giovani studenti dell’accademia RUFA nata nel 1998. Dove? A Ostiense, che nelle parole del Direttore della RUFA, l’architetto Fabio Mongelli è un “quartiere popolare, fautore di un design comune e partecipato” e che si sta trasformando in una fucina delle arti, partendo da un passato di importante area industriale. Basti pensare alla presenza del Gasometro o all’incredibile Centrale Montemartini, primo impianto pubblico di Roma per la produzione dell’energia elettrica e oggi museo. In questi mesi il Presidente di Municipio Amedeo Ciaccheri sta promuovendo iniziative per spingere Ostiense a diventare un distretto legato alla creatività: prima il MakerFaire, poi il Festival dell’Architettura di Roma (per la prima volta fuori dalla Casa dell’Architettura), poi ancora Videocittà, ora la nuova sede RUFA. L’architetto è Alessandro Ridolfi. I lavori di edificazione del Campus sono già avviati, a settembre è programmata la consegna del primo blocco mentre per Marzo 2023 si prevede l’ultimazione. Eppure, l’espansione della RUFA ha nei piani di coinvolgere anche la città di Milano. Abbiamo intervistato il direttore Alessandro Mongelli.
Come si è sviluppata RUFA?
Tutto è partito dal sogno di Alfio Mongelli di racchiudere l’insegnamento delle arti in un unico luogo in cui formarsi, pensare ed agire. Voleva creare un’Accademia che guardasse al futuro, all’innovazione ed ai linguaggi dell’arte contemporanea.
RUFA si espande. Come? Milano?
Attualmente sono 7 le sedi presenti nella capitale, con particolare attenzione ai quartieri che esprimono fermenti culturali vivi e dinamici, come San Lorenzo. L’apprendimento delle arti, del resto, è profondamente influenzato dalle città e dai luoghi frequentati dagli studenti. Ed è in tale divenire che i nuovi spazi RUFA sono di per sè motivo d’ispirazione in quelli che possono essere considerati come i normali processi formativi di un’Accademia di Belle Arti. Il quartiere Ostiense è stato indicato come una delle aree più cool d’Europa, logico dunque supporre che tale ambientazione accrescerà la capacità di crescita dei giovani talenti in formazione. Per Milano non possiamo dire ancora nulla, ma abbiamo in mente l’apertura di nuove sedi.
Come saranno organizzate le aule e i laboratori artistici?
L’organizzazione delle aule, sulla base di quanto già attuato dalle Università, seguirà una logica dipartimentale, così da declinare all’unisono teoria e pratica. Il concetto che si intende portare avanti dal punto di vista architettonico è la flessibilità.
Con quale obiettivo?
Di generare spazi modulari che possano adeguarsi alle esigenze di una didattica innovativa e contemporanea. Non mancheranno spazi per la socialità e per mostrare gli output di una produzione artistica mai banale, come accade ad esempio con il RUFA Space, all’interno dell’Hub Culturale del Pastificio Cerere. In RUFA docenti e studenti lavorano fianco a fianco a progetti reali che necessitano di confronto costante. Da qui l’idea di creare spazi condivisi in cui studio, professione e divertimento possano interagire in ugual misura.
State pensando alla nuova sede per quanto riguarda le dimensioni di green e sostenibilità? RUFA, già da alcuni anni, ha modificato il proprio approccio didattico, sviluppando corsi e metodologie che si rifanno agli obiettivi dell’Agenda 2030. Il mondo delle professioni in ambito creativo è chiamato a rispondere ai canoni della sostenibilità ambientale e sociale. Molte aziende hanno investito in prodotti e tecnologie per ridurre l’impatto ambientale, risparmiare energia, contenere le emissioni di CO2. Nel Campus di via Libetta questo approccio sarà visibile: lo spazio dedicato al verde, le soluzioni innovative per il risparmio energetico e la mobilità alternativa consentiranno di declinare al meglio tali concetti.
Come si svolgerà la didattica e cosa andrà ad aggiungere il nuovo polo?
Negli ultimi anni l’approccio al mondo del lavoro è radicalmente mutato. L’industria creativa ha dovuto interrogarsi sul futuro. L’artista, in questo contesto così imprevedibile, è chiamato ad inseguire una propria vocazione personale del domani. Le agorà culturali, tra reale e virtuale, sono equipollenti nella consapevolezza che gli stravolgimenti che andranno ad incidere sulle abitudini non possono dirsi conclusi. In tale divenire il Campus di via Libetta è una sintesi perfetta tra ciò che è tangibile e ciò che è immaginabile.
Cosa farete dunque?
La tecnologia renderà quest’agora fruibile nelle modalità più diverse, confacendosi alla realtà del momento e alle esigenze degli studenti. Si attua così un’azione di rigenerazione urbana affidata all’ingegno ed alle nuove generazioni che qui si formano per districarsi a livello globale. In questo orizzonte senza confini, l’identità territoriale di una città come Roma e di un quartiere come Ostiense assume la funzione di luogo dell’anima, di ricovero, di porto sicuro in cui determinarsi prima di uscire in mare aperto.
Siamo accanto al nuovo Rettorato di Roma Tre e non lontano dalla NABA. Perché Ostiense?
Il quartiere Ostiense è una ex zona industriale. Un tempo vi era una centrale elettrica, un porto fluviale e un gasometro. Testimonianze ancora evidenti. Era un quartiere del fare. E le Accademie di Belle Arti sono soprattutto scuole del fare. In questo quadrante della città, così vivo e dinamico, c’è una popolazione studentesca in costante crescita. E tra loro tanti giovani che provengono dall’estero, desiderosi di entrare in contatto con la cultura e con il made in Italy.
Una zona a vocazione industriale….
Sì, l’intervento rigenerativo del Campus di via Libetta tiene conto del carattere industriale risalente alla prima destinazione d’uso dei capannoni, mira a valorizzare gli edifici storici e a conservare i caratteri identitari del complesso dell’ex Triestina: da luogo di commercio e trasformazione del legname a luogo di produzione culturale. Il grande vuoto esterno utilizzato per lo stoccaggio dei legnami si trasforma in piazza, moderna agora per gli studenti, spazio informale che contribuisce a riconnettere i capannoni con il tessuto urbano e a stabilire nuove relazioni, non solo tra gli immobili ma anche con la città.
– Giorgia Basili
https://www.centralemontemartini.org
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