Boeri a Roma per progettare la riqualificazione della città. Ma partono le polemiche
A destare perplessità non sono i contenuti del piano Roma50, presentato dall’archistar milanese, quanto la modalità di affido dell’incarico, che bypassa bandi o gare aperte. Ad esporsi per primi sono i componenti dello studio Labics, seguiti dall’Ordine degli Architetti di Roma, con una lettera indirizzata al sindaco Gualtieri
Tra gli obiettivi dell’amministrazione di Roberto Gualtieri, nominato sindaco di Roma da ottobre 2021, anche la riqualificazione delle periferie e dei quartieri più disagiati della città, un ripensamento radicale che punti a eliminare i profondi disservizi che affliggono nel quotidiano la vita dei cittadini. Così si delinea anche il piano Laboratorio Roma50 – il futuro di una metropoli mondo, presentato all’amministrazione dall’architetto Stefano Boeri, Presidente della Triennale di Milano. Un ampio progetto che include il ripensamento delle “borgate” attraverso l’implementazione dei servizi di trasporto pubblico, della mobilità eco-sostenibile, dei corridoi verdi e di una città di prossimità “a 15 minuti”: un concetto molto simile a quello della “smart city” elaborato da Milano in risposta all’emergenza pandemica, nonostante la storia e la conformazione della Capitale differiscano notevolmente da quelle del capoluogo lombardo. La collaborazione tra la giunta Gualtieri e l’architetto milanese dovrebbe quindi concretizzarsi tramite un contratto di consulenza con cui mandare avanti l’ambizioso piano (l’approvazione sarà ufficializzata venerdì 29 luglio), che in questo modo salterebbe a piè pari ogni procedura di bando, gara, concorso che un tale incarico pubblico richiede.
LA LETTERA DI LABICS AL SINDACO GUALTIERI
Una chiamata diretta che apre una questione spinosa, e che ha immediatamente sollevato le reazioni del panorama capitolino dell’architettura. Tra i primi a muoversi sono stati i membri di Labics, studio di formato da Maria Claudia Clemente e Francesco Isidori, con una lettera indirizzata al sindaco. “L’idea di istituire un laboratorio di visioni e nuovi progetti per il futuro della città è senza dubbio una iniziativa lodevole e ricca di interesse. Roma ha bisogno, oggi più che mai, di immaginare nuovamente il proprio futuro, dopo anni di immobilismo e mancanza di grandi progetti pubblici”, premettono, denunciando poi un’irregolarità nell’assegnazione dell’incarico. “Non possiamo però esimerci dal riscontrare, limitatamente a quanto abbiamo potuto apprendere dai giornali, un problema di metodo oltre che di merito; nel metodo, riguardo alla modalità con cui l’incarico è stato assegnato: su un tema così delicato quale il futuro della città, non si dà un incarico diretto ad un solo architetto, per quanto di comprovata esperienza”. E aggiungono, “nel merito, un incarico conferito in assenza di un concorso e dunque di un processo virtuoso di selezione, esclude a priori la pluralità che un consesso più allargato può portare; privandosi dunque dei preziosi contribuiti di chi, nella città, ha prodotto negli anni studi, approfondimenti, progetti. Peraltro, una call aperta ad architetti, urbanisti ed esperti del settore, nazionali ma anche internazionali, sarebbe in grado di portare alla città prestigio e visibilità anche in termini di comunicazione cosa che un incarico diretto non può fare. Alla luce di questo, caro Sindaco, Le chiediamo di poter considerare un cambio di strategia, abbandonando la strada più facile che è quella dei nomi facilmente spendibili agli occhi della stampa, per assumere un atteggiamento più coraggioso, aperto, pluralista”. “Non si tratta di un attacco ad personam a Boeri e ci teniamo a dirlo, ma non può funzionare così”, aggiunge Maria Claudia Clemente, raggiunta da Artribune. “In passato ci siamo spesi in altre cause pertinenti che riguardavano la battaglia per la trasparenza, i concorsi, la Legge per l’Architettura e anche ora siamo coerenti con quello che abbiamo sempre pensato”. E conclude, “l’architettura si fonda su una pluralità di visioni, soprattutto per i progetti importanti, che Roma non può permettersi di perdere. Questa metodologia non ci sembra all’altezza della città”.
L’ORDINE DEGLI ARCHITETTI DI ROMA SI ESPRIME CONTRO LA SCELTA DI GUALTIERI
A esprimere il proprio disappunto anche l’Ordine degli Architetti di Roma, tramite una nota pubblicata sul proprio sito, contro le scelte strategiche e le modalità adottate da parte del Campidoglio: in particolare, l’esposto dell’OAR fa perno su tre punti, a partire dalla “ipotizzata necessità di dover ricorrere a risorse esterne, come se la città ‘non sia più in grado di ripensare sé stessa’”, proseguendo con “la rinuncia da parte della Amministrazione ad avviare un confronto dialettico quale elemento generatore del necessario laboratorio/dibattito sul Futuro della Città, coinvolgendo le Istituzioni attive sul fronte dello sviluppo urbano, tra cui la Casa dell’Architettura. L’ordine richiama l’attenzione, infine, sulla ‘necessità di individuare, così come avvenuto in altre Capitali internazionali, procedure trasparenti e competitive per affidare gli incarichi di sviluppo di idee e progetti per la Città’, evitando – tra l’altro – incarichi diretti e progetti calati dall’alto”. E si dichiara poi disponibile “a un confronto leale, aperto e costruttivo per continuare il cammino fino a qui condiviso con l’amministrazione capitolina e propone un confronto pubblico – dibattito/laboratorio – sulla Roma 2030-2050, da tenersi presso la Casa dell’Architettura coinvolgendo tutti i soggetti interessati”. Ancora una volta, nel mirino rientra la criticità di metodo nell’assegnazione di tale incarico, che risulta anomala e in contrasto con il lavoro portato avanti nel tempo da associazioni, studi e progettisti radicati sul territorio. Una modalità che può comportare danni a lungo raggio – ben oltre i confini della Capitale – con derive di sbilanciamento di potere e appiattimento del confronto e del dibattito. Il rischio, e non solo per il settore dell’architettura, è quello di ritrovarsi con un impoverimento del panorama culturale costituito da pochi nomi e di risonanza, a scapito della pluralità necessaria alla vivacità di idee e visioni del Paese. Allo stesso modo è anche vero che i sindaci sono eletti per decidere, prendersi responsabilità e metterci la faccia senza demandare a commissioni e giurie. Non c’è una strada giusta per forza. Nella situazione disperata e incattivita in cui si trova Roma oggi forse nessuna strada sarebbe stata scevra di polemiche. Auguriamoci che, almeno nel 2050, la capitale possa ambire a dirsi uscita dalla crisi in cui versa.
-Giulia Ronchi
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