L’Arlecchino a Milano. Il cinema che punta sull’arte e l’architettura

La figlia dell'architetto e artista Veronica Menghi porta nel cinema salvato dal fallimento e casa della Cineteca Milano un prezioso documentario e un corpus di opere ispirate agli anni d'oro del dopoguerra

Dopo la paura della chiusura e la speranza della rinascita, riprende da dove si era interrotta la lunga storia d’amore per l’arte del Cinema Arlecchino di Milano. In un grande omaggio al legame tra cinema e architettura, il 15 settembre alle 18 la Cineteca Milano – che ora gestisce il prezioso cinema, in accordo con la famiglia proprietaria Quilleri, e vi ha posto la propria base – organizza una serata aperta al pubblico dedicata all’architetto Roberto Menghi, anima del cinema insieme a Mario Righini, tramite la proiezione di un documentario speciale della figlia e artista Veronica Menghi. Dopo un dialogo tra l’artista e il direttore di Cineteca Milano Matteo Pavesi, sarà infatti trasmesso il film Roberto Menghi Architetto. 1920-2006, un ritratto di grande valore storico e umano che documenta la straordinaria stagione culturale milanese del dopoguerra. In una piena commistione arte-cinema, l’evento è anche un vernissage, dato che Veronica Menghi porta in mostra nel foyer dell’Arlecchino una serie di opere ispirate al lavoro del padre con il nome de Il sottile filo rosso della memoria, che include la gigantografia del dipinto Arlecchino cerca posto che rimarrà in esposizione permanente al cinema.

L’APPUNTAMENTO AL CINEMA ARLECCHINO RINNOVA IL LEGAME TRA CINEMA E ARCHITETTURA

L’omaggio a Roberto Menghi è un omaggio stesso al monosala di via San Pietro all’Orto, che alla sua inaugurazione nel 1948 rappresentò un modello unico d’arte moderna nel panorama della città. Nato su idea e progetto di Menghi e del collega e architetto Righini, infatti, l’Arlecchino è uno scrigno di bellezza non solo cinematografica ma anche artistica, grazie alla presenza delle opere firmate da Menghi, così come da Lucio Fontana e Piero Fornasetti, e impreziosita in passato anche dagli arredi di Luigi Filippo. L’atmosfera che ha reso possibile la creazione di questo luogo emerge con forza nel film, grazie alle testimonianze della moglie Cristiana Menghi e delle tante personalità che hanno contribuito a definire la linea culturale della Milano degli anni Cinquanta: tra queste Lisa Ponti, che conobbe Menghi all’inizio della sua carriera e che nella pellicola ricorda il clima di fermento che portò la rivista Domus, fondata e diretta dal padre, a dedicare una copertina nel 1948 proprio al cinema Arlecchino; poi Franca Santi, che si sofferma sulla sensibilità dell’architetto nell’aver posto le proprie opere a contatto con la natura e lo spazio circostante; e infine lo stesso Menghi, che ricorda nel film come “Milano dovrebbe essere una capitale culturale. Essere una capitale culturale non significa produrre servizio sociale o profitto, ma realizzare uomini di straordinaria qualità”.

Cinema Arlecchino di Milano

Cinema Arlecchino di Milano

L’ARCHITETTO ROBERTO MENGHI E L’ARLECCHINO

Il documentario nasce da un grande lavoro di archiviazione. Mi sono occupata dell’archivio di mio padre, ora depositato all’Università di Parma, e durante questo lavoro sono stata ispirata dal ritrovamento di vecchi filmini muti in super 8 girati da mio padre negli anni Cinquanta e Sessanta, non di architettura, ma di viaggi e vacanze. Allora ho iniziato a intervistare colleghi ed ex colleghi del periodo ed è venuto fuori un grande collage di memoria storica”, spiega ad Artribune Veronica Menghi, ripercorrendo la genesi del documentario realizzato nel 2011. “Poi, essendo pittrice, ho voluto creare una serie di opere che si ricollegavano a quegli anni, come le rivisitazioni di fotografie di opere di mio padre”. Inizialmente presentati alla Fondazione Boschi di Stefano con il Centro Culturale Ceco e alla Fondazione dell’Ordine degli Architetti, il documentario e la mostra sembrano realizzati apposta per lo spazio di via San Pietro all’Orto: “L’Arlecchino era un cinema all’avanguardia, un piccolo gioiello. Io ne ho un ricordo lontano, mi colpirono le poltroncine colorate: mi è venuto naturale fare un grande Arlecchino surreale che vola sulle poltroncine e cerca un posto per sedersi. Come altre opere sono dedicate a lavori di mio padre, questa è dedicata non solo al lavoro dei due architetti, Righini e Menghi, ma anche proprio al cinema, motivo per cui ho usato anche garze che creano come dei sipari, tra presente e passato”. Un passato a cui si era già interessata, per esempio nel ciclo di opere ispirate al poema di Giulio Stocchi In tempo di guerra: “Con quest’opera, però, si concludono i miei lavori sulla memoria. È certamente importante e fa riflettere, ma ora più che mai è il momento di vivere il presente”.

Roberto Menghi

Roberto Menghi

CELEBRARE E FAR RIVIVERE L’IDENTITÀ DEL CINEMA ARLECCHINO DI MILANO

La data del 15 settembre sembra confermare quindi una scommessa azzeccata dalla Cineteca Milano. “Avevamo deciso di trasferirci proprio per tenere in vita uno dei luoghi più belli del circuito cinematografico della città, in un periodo in cui il cinema in sala fa fatica: tutelare una sala storica ci sembrava doveroso”, racconta ad Artribune il direttore Matteo Pavesi. “Nonostante la partenza in sordina, cominciamo fortunatamente ad avere segnali positivi, sia per quanto riguarda le retrospettive sia per le prime visioni. In linea di massima noi cerchiamo di offrire prime visioni di qualità, magari che non hanno visibilità in tante sale, e le alterniamo a retrospettive e classici, ma abbiamo in programma anche ‘Piccolo Grande Cinema’ – un festival per le scuole e i giovani –, un progetto sul cinema europeo insieme ai siti culturali di Milano e una lunga rassegna di cinema surrealista storico che si collegherà alla mostra di Max Ernst a Palazzo Reale”. Una programmazione varia e alta, anche perché l’Arlecchino, spiega Pavesi, “non nasce come cinema d’essai, ma come salotto bene milanese del cinema di qualità un po’ per la posizione centralissima – praticamente è in Duomo – ma anche per gli artisti chiamati a costruire e arredare il luogo. Si vede bene in quella copertina di Domus, ma anche nel nome stesso “Arlecchino”, ispirato all’Arlecchino di Strehler come simbolo di libertà e della ricostruzione. Ci sono tantissimi valori in questa sala”. Proprio in un’ottica di questa valorizzazione si colloca questa “operazione Menghi, nata da uno splendido incontro con Veronica. Ora cerchiamo di restituire all’Arlecchino la sua identità originaria scoloritasi nel tempo, sia per la rimozione della scultura dell’Arlecchino, che ora è nel caveau per ovvi motivi, sia per l’invecchiamento dei pannelli di Fornasetti, che stiamo restaurando. Ci interessa portare attenzione ai luoghi e alle storie delle persone che li hanno creati: spesso il pubblico di oggi non ha più contatto con queste figure, che vanno riprese, rilette e valorizzate. Il prossimo passo sarà Fornasetti, poi un giorno proietteremo anche i film della programmazione originale… vogliamo dare profondità alla sala cinematografica per creare la consapevolezza che il cinema non sia un luogo sostituibile con gli abbonamenti streaming”. Un po’ quello che sta facendo anche il Ministero della Cultura, con il recupero del Fiamma? “Noi li abbiamo anticipati però (ride). Riteniamo sia la strada giusta per riportare il cinema al centro della cultura”.

– Giulia Giaume

Cineteca Milano Arlecchino
Via San Pietro all’Orto, 8
Tel. 02 87242114
Ingresso libero fino a esaurimento posti

www.cinetecamilano.it

www.veronicamenghi.com

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Giulia Giaume

Giulia Giaume

Amante della cultura in ogni sua forma, è divoratrice di libri, spettacoli, mostre e balletti. Laureata in Lettere Moderne, con una tesi sul Furioso, e in Scienze Storiche, indirizzo di Storia Contemporanea, ha frequentato l'VIII edizione del master di giornalismo…

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