Carlo Ratti progetta il più grande parco solare al mondo per Roma
Chi tra le quattro città candidate otterrà l’organizzazione di Expo 2030 si saprà alla fine del 2023. Intanto Roma presenta un piano dettagliato della solar farm che ripenserà l’area di Tor Vergata. Ma anche Odessa si fa avanti, con il progetto dello studio Zaha Hadid
L’annuncio, all’inizio di marzo scorso, sul palcoscenico internazionale di Expo Dubai 2020, l’avevano pronunciato in maniera congiunta il sindaco della Capitale Roberto Gualtieri e l’architetto Carlo Ratti: nel pacchetto della candidatura di Roma Expo 2023, la città ha scelto di puntare sull’esperienza dell’archistar torinese. Se la candidatura andrà a buon fine – la decisione sarà resa nota a novembre 2023 dai Paesi del Bureau International des Expositions – dunque, sarà Ratti a seguire la trasformazione del sito di Tor Vergata, alla prima periferia di Roma, “per sviluppare le potenzialità del luogo, a partire dall’energia intellettuale dell’università, e immaginare una nuova mobilità”.
VERSO EXPO 2030. CARLO RATTI PER ROMA
La sfida tra le contendenti – oltre a Roma, Odessa (Ucraina), Riyadh (Arabia Saudita) e Busan (Corea del Sud), con le prime due favorite dai pronostici e la Russia assente volontaria, dopo il ritiro della candidatura di Mosca – infatti si gioca anche sul piano dell’architettura, con la discesa in campo di blasonati studi internazionali, che già fanno trapelare le prime intenzioni, con un occhio di riguardo alle scadenze della concomitante Agenda 2023, centrata sui temi dell’efficienza energetica, dell’ottimizzazione delle risorse, della sostenibilità economica e sociale. L’idea dello studio CRA, in collaborazione con l’architetto Italo Rota e l’urbanista Richard Burdett, è quella di regalare alla città un Expo Solar Park, grande parco solare fondato sulle energie rinnovabili. Del progetto beneficerebbe in modo permanente un’area bisognosa di rigenerazione, che al termine dell’Expo potrebbe riscoprirsi nuovo distretto periurbano votato all’innovazione. Negli interventi di riqualificazione sarebbero coinvolte anche le Vele di Santiago Calatrava, progettate nei primi Anni Duemila per conto dell’Università, ma abbandonate al proprio destino. In questo spazio, secondo il dossier di candidatura recentemente presentato a Parigi, dovrebbe prendere forma il Padiglione All together/Alt together, nell’ambito di un sistema di strutture tematiche diffuse che contempla anche il Padiglione Teaser ai Fori Imperiali, ideale ponte di collegamento tra centro e periferia, il Padiglione Ecosistema 0.0 (il più alto del parco, chiamato a rinfrescare il sito tramite evaporazione), il Padiglione Pale Blue Dot, il Padiglione Roomscape.
COME SARÀ IL PARCO SOLARE EXPO ROMA 2030
Il Parco Solare Expo potrà contare su una superficie fotovoltaica di circa 150mila metri quadrati e una capacità produttiva di picco di circa 36 MWp, ambendo a diventare la più estesa solar farm urbana del mondo, con centinaia di “alberi energetici”. Ci si prefigge dunque di fare scuola nell’ambito della progettazione di eventi su larga scala, perché possano impattare positivamente sulla città, lasciando un’eredità tangibile per quel che concerne la semplificazione dei processi urbani, la diffusione capillare di buone pratiche e la pianificazione di nuove strategie energetiche: “Un’utopia realizzabile”, la definisce Italo Rota. L’area di Expo Roma 2030 sarà articolata in tre spazi tematici – Città, Boulevard e Parco – che guidano gradualmente a una transizione, anche simbolica, dalla dimensione urbana a quella naturale. Inoltre, un lungo corridoio verde collegherà il sito di Expo 2030 con l’area archeologica dell’Appia Antica.
I PROGETTI DELLE ALTRE CANDIDATE: ODESSA EXPO 2023
Intanto, anche Odessa, candidata in quanto emblema di convivenza multiculturale sin dall’antichità, rivela i dettagli del progetto affidato allo studio Zaha Hadid Architects, in una congiuntura decisamente particolare e delicata per l’Ucraina, coinvolta in una guerra di devastazione che sembra non avere fine. In questo frangente, l’Expo potrebbe rappresentare un’opportunità di ricostruzione, oltre a favorire il passaggio a fonti di energia rinnovabili e tecnologie a basse emissioni di carbonio. In questa direzione ha lavorato lo studio di Zaha Hadid per sviluppare il progetto che dovrebbe trasformare un terreno agricolo abbandonato – impoverito da decenni di coltivazioni intensive – sull’estuario di Khadzhibey, non distante dal centro di Odessa, dove troverà spazio anche un nuovo eco-parco costiero. Innovativa la messa in opera del sito, con la possibilità, per i Paesi partecipanti, di usufruire di elementi modulari forniti dall’organizzazione per sviluppare il progetto dei rispettivi padiglioni nazionali e realizzarli rapidamente (una volta smantellati, i padiglioni potranno essere ricostruiti come edifici civili in tutto il Paese). L’intenzione è inoltre quella di riutilizzare macerie e materiali danneggiati recuperati nel Sud dell’Ucraina.
Si attendono ancora progetti dettagliati da parte di Corea del Sud e Arabia Saudita: a Busan, l’Expo prenderebbe forma nella storica area portuale del North Port, in fase di riqualificazione; a Riyadh, l’area individuata vorrebbe coniugare la storia e il futuro della città.
Livia Montagnoli
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