Edilizia scolastica, concorsi di architettura, PNRR: parla studio Settanta7
Reduce dal recente successo al concorso per il Bosco della Musica di Milano, studio Settanta7 è una delle realtà più attive in Italia nella progettazione di scuole. Abbiamo parlato con gli architetti Daniele Rangone ed Elena Rionda
Sul tema cruciale per l’Italia dell’edilizia scolastica facciamo il punto con gli architetti torinesi Daniele Rangone ed Elena Rionda, alias Settanta7. Lo studio, che di recente si è aggiudicato il concorso per il Bosco della Musica di Rogoredo a Milano, ha infatti all’attivo la progettazione di numerose scuole.
Secondo l’Anagrafe Nazionale dell’Edilizia Scolastica, in Italia ci sono 40.160 edifici attivi e funzionanti, 3042 edifici inattivi e 34 edifici chiusi per calamità. “È di dominio comune che il patrimonio scolastico richieda ancora, nonostante gli sforzi compiuti dal 2015, migliaia di interventi su tutta la penisola”, afferma Daniele Rangone. L’architetto dal 2009 guida, con Elena Rionda, lo studio associato Settanta7, oggi con sedi a Torino, Milano, Lione e Tirana: specializzato nella progettazione e direzione lavori di edilizia scolastica, palestre, architettura pubblica, opera in Italia e in Francia. Ed è reduce dal recente successo al concorso per il Bosco della Musica, che porterà all’ampliamento del conservatorio Giuseppe Verdi nei nuovi spazi di Rogoredo a Milano.
I PROGETTI DI EDILIZIA SCOLASTICA DELLO STUDIO SETTANTA7
Sono due i progetti particolarmente significativi recentemente completati dallo studio in ambito di edilizia scolastica (in tempi abbastanza record anche per essere architetture pubbliche): la riqualificazione del plesso scolastico Collodi di Seveso (MB), tra efficienza energetica e spazi aperti alla cittadinanza, e il nuovo liceo scientifico intitolato ad Anna Maria Enriques Agnoletti, a Sesto Fiorentino. Pur molto diversi tra di loro, entrambi gli interventi accolgono diversi punti comuni: l’attenzione allo studente e alle sue esigenze, sia che abbia 4 o 16 anni; lo stretto rapporto di relazione con il paesaggio in cui i plessi scolastici si inseriscono; la creazione di spazi per la didattica, lo sport e le attività extra, pensati nel pieno rispetto di criteri ambientali, illuminotecnici ed energetici. I volumi sono stati progettati secondo i principi dell’architettura bioclimatica, permettendo una riduzione dei costi di gestione e manutenzione. Gli stessi materiali utilizzati per le costruzioni sono riciclabili, locali e con bassi contenuti di inquinanti indoor. Entrambi i progetti hanno inoltre in comune la volontà di creare architetture attraenti e accoglienti, che danno valore agli spazi collettivi, in cui gli interni sono improntati a creatività, imprenditorialità e cooperazione tra studenti e insegnanti e gli spazi distributivi flessibili incoraggiano le relazioni informali e un approccio educativo innovativo. Spazialità dedicate a funzioni specifiche ma al contempo aperte alla cittadinanza, capaci di instaurare un rapporto simbiotico tra gli spazi dell’apprendimento e il contesto urbanizzato. Perché “una scuola contemporanea deve essere il luogo privilegiato della trasmissione del sapere, centro civico e punto di riferimento per la comunità”, affermano da Settanta7.
IL PNRR E I MAXI CONCORSI PER LE SCUOLE INNOVATIVE IN ITALIA
“Come macro classificazione”, continuano a spiegarci, “gli edifici che dal Settecento vanno fino al 1950 circa necessitano un approccio rigoroso e conservativo. Per il periodo successivo e fino al 1990 nella stragrande maggioranza dei casi è preferibile procedere con una demolizione e ricostruzione per garantire economie di scala, performance energetica e adesione agli standard sismici”. Gli interventi da fare sarebbero moltissimi in effetti, sul fronte architettonico, energetico e tecnologico. Qualcosa pare ora muoversi grazie ai fondi del PNRR, che, proprio per il segmento specifico relativo all’edilizia scolastica ha stanziato un totale di 12,1 miliardi per costruire 212 scuole innovative (213 per l’esattezza, ma una, quella della provincia autonoma di Bolzano, se la pagano da soli). Il concorso, indetto pochi mesi fa dal Ministero dell’Istruzione attraverso la piattaforma del CNA, Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, è – per la sua ambiziosa portata, inclusa la fine dei lavori, richiesta da bando per il 30 giugno 2026 – un progetto collettivo di grande valore sociale. Certo, se tutto andrà come dovrebbe andare.
“Le prospettive per il futuro a mio avviso fanno ben sperare”, commenta ancora Daniele Rangone. “Il nuovo concorso nazionale per le 212 nuove scuole in demolizione e ricostruzione è molto più a fuoco di quello del 2015, sia dal punto di vista organizzativo sia dalla compiuta valutazione economica del costo a metro quadro degli interventi. Penso che possa diventare un volano prezioso per gli interventi successivi”, auspica.
PROSPETTIVE FUTURE DEL FARE ARCHITETTURA IN ITALIA
Le speranze dunque, ci sono tutte. Del resto non è la prima volta che l’architettura e l’azione concorsuale sono utilizzate come strumento per rimettere in moto il comparto, generando valore per i territori. Restano però da sanare – anzi, da aggiornare – gli obsoleti nodi normativi incapaci di rispondere adeguatamente alle sfide contemporanee. Conclude Rangone: “Se dal punto di vista procedurale, tecnologico e costruttivo sono ottimista, ritengo comunque che sia indispensabile e urgente superare il D.lgs del 1975 che è assolutamente obsoleto in quasi tutte le sue parti e per nulla flessibile. Ho l’impressione che la pulsione positiva di Indire – Istituto nazionale documentazione innovazione ricerca educativa ‒ iniziata nel 2013 stia attraversando un periodo di poco slancio e poca sponda mediatica. Senza un nuovo decreto, illuminato, smart, aperto alle tendenze più efficaci sperimentate in Europa e nel mondo ed efficacemente aderente alle scelte tecnologiche contemporanee, sarà difficile ‘chiudere il cerchio’”.
Giulia Mura
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