A Demas Nwoko il Leone d’Oro alla carriera della Biennale Architettura 2023

Artista, designer, scrittore, scenografo e architetto nigeriano, classe 1935, Nwoko è una figura poliedrica. Il suo lavoro esposto nel Padiglione Stirling ai Giardini dell’Arsenale di Venezia

Non c’erano sostanzialmente dubbi sull’attribuzione del Leone d’Oro alla carriera della 18. Mostra Internazionale di Architettura a un progettista africano. Per sciogliere l’ultimo e fondamentale quesito, ovvero quello sulla sua identità, è stato necessario attendere la giornata di oggi e l’annuncio del nigeriano Demas Nwoko, classe 1935, come vincitore del prestigioso riconoscimento. Figura poliedrica e alle nostre latitudini in larga parte ancora da conoscere – ci penserà “la piccola ma preziosa e articolata esposizione del suo lavoro allestita nel Padiglione Stirling ai Giardini”, ha anticipato la curatrice Lesley Lokko – l’architetto, scultore, designer, scrittore, scenografo, critico e storico “è stato uno dei primi creativi nigeriani dello spazio e della forma a criticare la dipendenza della Nigeria dall’Occidente per i materiali e i beni importati, oltre che per le idee, ed è sempre rimasto impegnato nell’utilizzo delle risorse locali”. Parole della stessa Lokko – a sua volta architetta, docente, autrice – che con questa scelta (approvata dal Cda della Biennale presieduto da Roberto Cicutto) compie un ulteriore passo nel processo di “riscrittura” della storia dell’architettura. Una storia “non sbagliata, ma incompleta”, come lei l’ha definita nella recente presentazione dell’attesa mostra, sottolineando che il ruolo dei progetti espositivi è essere “un’occasione unica in cui arricchire, cambiare o rinarrare una storia, il cui uditorio e il cui impatto sono percepiti ben oltre le pareti e gli spazi fisici che la contengono”. Anche portando alla ribalta autori come Demas Nwoko.

New Culture Studios, Oremeji, 1967

New Culture Studios, Oremeji, 1967

CHI È DEMAS NWOKO LEONE D’ORO ALLA CARRIERA DELLA BIENNALE ARCHITETTURA

A tracciare il profilo del principe Demas Nwoko, che verrà premiato a Venezia il prossimo 20 maggio, è stata proprio la curatrice Lokko. “Figlio di un tradizionale Obi (sovrano), è nato nel 1935 a Idumuje-Ugboko, nel sud della Nigeria. Le sue prime incursioni nella pittura, nel disegno e nell’intaglio presso la scuola secondaria di Benin City lo hanno spinto poi a studiare architettura al Nigerian College of Arts, Science and Technology di Zaria. La scoperta che il corso si concentrava più sulle capacità di disegno tecnico che sulla immaginazione creativa, gli ha fatto cambiare rotta per applicarsi allo studio delle belle arti. È stato uno dei membri fondatori della Zaria Art Society – con Yusuf Grillo, Bruce Onobrakpeya, Uche Okeke e Simon Okeke, gruppo noto anche come “Zaria Rebels” – interessati a una miscela di modernità ed estetica africana come linguaggio autentico che rifletteva il crescente spirito di indipendenza politica negli anni Quaranta e Cinquanta”. Come molti dei protagonisti che vedremo nelle sei sezioni della mostra The Laboratory of the Future, Demas Nwoko ha studiato in Europa grazie a una borsa di studio. Al Centre Français du Théâtre di Parigi si è formato in architettura teatrale e scenografia, facendo poi ritorno in patria per insegnare alla Scuola di Recitazione dell’Università di Ibadan. In Nigeria ha ripreso l’attività avviata con la Zaria Art Society, fondando spazi come il Mbari Writers and Artists Club, e promuovendo una forma d’arte capace di coniugare istanze africane e occidentali.

STORIA E OPERE DELL’ARTISTA-DESIGNER DEMAS NWOKO

Risale al 1970 il primo incarico in ambito architettonico, ovvero la costruzione dell’Istituto Domenicano di Ibadan. Un edificio in merito al quale il critico di architettura Noel Moffett ha scritto: “Qui, sotto un sole tropicale, architettura e scultura si combinano in un modo che forse solo Gaudí, tra gli architetti, è stato in grado di fare in modo convincente”. Nella città di Ibadan ha fondato il centro di formazione per le arti dello spettacolo e del design New Culture Studios. “Sebbene siano relativamente pochi, gli edifici di Nwoko in Nigeria svolgono due ruoli fondamentali. Sono i precursori delle forme di espressione sostenibili, attente alle risorse e culturalmente autentiche, che stanno attraversando il continente africano – e il mondo – e puntano verso il futuro, un risultato non da poco per chi è ancora in gran parte sconosciuto, anche a casa”, ha spiegato ancora Lesley Lokko. La sua scelta appare coerente con l’impostazione complessiva della mostra, che come noto proverà a porre al centro del dibattito globale questioni come la decolonizzazione e decarbonizzazione. Per farlo, Lokko scommette soprattutto sulle generazioni emergenti, detentrici della concreta possibilità di agire sull’avvenire. Nello stesso tempo avverte l’urgenza di assegnare il Leone d’Oro alla carriera a un autore che in sette decenni di produzione ha inciso (probabilmente con più forza) sul fronte immateriale, a livello di visione e apporto teorico, che su quello dell’eredità architettonica propriamente detta. Un prossimo “punto di riferimento” per una storia dell’architettura in corso di ridefinizione.

Valentina Silvestrini

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Valentina Silvestrini

Valentina Silvestrini

Dal 2016 coordina la sezione architettura di Artribune, piattaforma per la quale scrive da giugno 2012, occupandosi anche della scena culturale fiorentina. È cocuratrice della newsletter "Render". Ha studiato architettura all’Università La Sapienza di Roma, città in cui ha conseguito…

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