Il grande architetto giapponese Tadao Ando debutta in Australia
Riconosciuto maestro dell’architettura contemporanea, Ando realizzerà quest’anno la sua prima opera in Australia. Sarà lui a disegnare il decimo MPavilion, l’annuale padiglione installato per cinque mesi nei Queen Victoria Gardens di Melbourne e poi donato alla comunità locale
“Ogni volta che affronto un nuovo progetto, ritorno sempre alla stessa domanda di fondo: ‘A che scopo realizzare quest’architettura?’”, raccontava Tadao Ando (Minato-ku, 1941) nel volume che qualche anno fa Skira ha dedicato ai suoi musei nel mondo. Anche in occasione del suo esordio in terra australiana, con ogni probabilità l’architetto giapponese si sarà probabilmente posto quella stessa domanda. Il 2023 sarà l’anno del “suo” MPavilion: per il decennale dell’iniziativa promossa dalla Naomi Milgrom Foundation – con il sostegno dalla città di Melbourne e del governo dello stato del Victoria –, Ando è stato infatti scelto come autore del padiglione che anima l’estate di Melbourne con un ricco palinsesto di iniziative gratuite. Classe 1941, vincitore del Pritzker Prize 1995, il progettista autodidatta originario di Osaka è conosciuto alle nostre latitudini soprattutto per gli interventi in ambito museale ed espositivo. Dalla parigina Bourse de Commerce-Pinault Collection fino agli spazi veneziani di Punta della Dogana e di Palazzo Grassi, Ando si distingue per la matrice geometrica delle sue opere, per l’uso del cemento a vista, e per l’impiego, anche con finalità espressive, delle superfici in vetro.
TADAO ANDO PROGETTA L’MPAVILION DI MELBOURNE
Solo a maggio conosceremo l’impianto da lui messo a punto per l’MPavilion, un’esperienza progettuale che fin dall’esordio, nel 2004, ha provato a differenziarsi dal londinese Serpentine Pavilion facendo leva su alcuni aspetti. Innanzitutto il coinvolgimento di progettisti internazionali in fasi eterogenee delle rispettive carriere: dai nomi affermati – tra cui OMA, Studio Mumbai o lo stesso Ando –, alle realtà emergenti come i veneziani di MAP Studio; significativa è stata da sempre la partecipazione delle architette, con Rachaporn Choochuey, Carme Pinós e Amanda Levete. Peculiare, inoltre, la relazione dell’MPavilion con il “fattore tempo”. Anziché essere smantellato a conclusione del programma culturale ospitato al suo interno, il padiglione australiano viene donato alla comunità locale e quindi trasferito, come eredità permanente e condivisa, in una nuova sede. È successo nel 2017, quando l’esemplare disegnato da Rem Koolhaas e David Gianotten di OMA è stato ricollocato nel campus Clayton della Monash University; rientra oggi fra le dotazioni dell’Hellenic Museum di Melbourne il padiglione concepito dall’australiano Sean Godsell per l’edizione inaugurale del progetto, per citare alcuni dei possibili esempi di ricollocazione.
IL PRIMO PROGETTO DI TADAO ANDO IN AUSTRALIA
“Ho ammirato a lungo il modo in cui Tadao Ando risponde e incorpora la particolarità di un luogo nel suo design e la sua convinzione che l’architettura possa plasmare la società”, racconta l’imprenditrice e filantropa australiana Naomi Milgrom AC, alla quale si deve la fondazione omonima e l’iniziativa MPavilion nel suo complesso. “Non vediamo l’ora di condividere il lavoro di Ando per la prima volta in Australia”, aggiunge. Dal canto suo l’architetto giapponese alimenta le aspettative chiamando in causa la dimensione dell’eternità. Annuncia, infatti, un padiglione “eterno, non nel materiale o nella struttura, ma nella memoria di un paesaggio che continuerà a vivere nel cuore delle persone”. Di sicuro sappiamo che la sua struttura sarà accessibile dal 16 novembre 2023 e che Ando, almeno simbolicamente, ha raccolto il testimone da un’altra progettista asiatica. Il nono MPavilion, aperto fino al 6 aprile prossimo, è stato infatti disegnato dallo studio di architettura e design thailandese all(zone). Con sede a Bangkok e guidato dall’architettura Rachaporn Choochuey, si è fatto notare sulla scena internazionale per l’uso coraggioso di materiali riciclati o innovativi. Un’attitudine confermata a Melbourne da un maxi-baldacchino cangiante, realizzato sovrapponendo tre strati di tessuti e membrane, ma dimostrata anni prima nel MAIIAM Contemporary Art Museum di Chiang Mai, nel nord della Thailandia. In questo caso all(zone) era intervenuto in un esistente edificio industriale, rinnovandolo anche attraverso un’eccentrica facciata riflettente, composta da migliaia di piastrelle a specchio.
LE ANTICIPAZIONI SUL SERPENTINE PAVILION 2023
Ben prima dell’esordio in Australia di Ando, a giugno 2023 sarà la volta del Serpentine Pavilion di Lina Ghotmeh. Con il suo À table, l’architetta libanese di base a Parigi proseguirà, sul suolo londinese, il percorso di ricerca che l’ha consacrata come una delle migliori progettiste della sua generazione. Denominato Archaeology of the future, tale metodo si basa su un approccio che pone al centro le nozioni di memoria, spazio e paesaggio; di conseguenza, essenziale nel lavoro di Ghotmeh è la ricerca sulla storia del luogo, su materiali, risorse e abitudini. “Come donna mediterranea, nata e cresciuta a Beirut e residente a Parigi, sento una profonda appartenenza alla nostra terra, a ciò che contiene e a ciò che abbraccia (…). Nella mia pratica di architetta, scavo per progettare (e imparare) dalle tracce del passato e ascolto le voci dei miei antenati così come quelle del nostro mondo vivente”, confessa Ghotmeh. Cuore del suo padiglione – “una struttura modesta e bassa, in un’atmosfera che ricorda le capanne Toguna del popolo Dogon in Mali, nell’Africa occidentale, pensata per riunire in discussione tutti i membri di una comunità”, anticipa – sarà un tavolo. Arredo domestico basico ed essenziale, dovrà essere inteso come un invito a “entrare in dialogo, a riunirsi e a pensare a come potremmo ripristinare e ristabilire il nostro rapporto con la natura e la Terra”.
Valentina Silvestrini
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati